46. I miei arcobaleni

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CRIS

Spalanco gli occhi, perché mi ha colto impreparato. Ma in fondo, impreparato, al suo cospetto, lo sono sempre stato. Mi spiazza, travolge e ricompone. Lo ha sempre fatto.

E infatti sorride, come se lo sapesse. «Io e Arlo non stiamo esattamente insieme, abbiamo una relazione aperta.»

«Una relazione aperta?» biascico, confuso, ricostruendo pezzi e informazioni.

«Sì, non abbiamo un partner solo, ma siamo aperti e liberi, non ci chiudiamo in un rapporto.»

«Che stronzata...» È rabbia, è troppo dirompente, non so da cosa sia scatentata, ma l'ho appena ferita perché non ho chiuso la bocca in tempo.

Provo a rimediare. «Non intendevo che-»

«Oh sì, che lo intendevi.» Forse le tremano le spalle, o forse è parte della brezza che sposta sabbia, capelli e vestiti. Lei è natura e la natura è tutto. La natura sta tremando perché anche lei lo sta facendo. «Tu intendi sempre quello che dici, Cris. Perché ti conosco. E sai qual è il problema? Che sono passati dieci anni eppure non ne sembra passato nemmeno uno!»

Ha gridato, non ricordo l'ultima volta che l'ho sentita usare un tono di voce del genere. Così sopra le righe, incontrollato. Così non da lei.

Mi fa paura. Ma mi da anche vigore.

«Ed è un male, Lu?»

«Sì che lo è, Cris! Tu credi che tutto questo sia un gioco? Sei così...»

«Perché tu credi di non star giocando?»

«Ma che dici?»

«Luna de Angelis, guardami negli occhi e dimmi che ti va bene stare in una relazione aperta con quel tipo maori, là.»

«Non sono affari che ti riguardano.» Mette su un'espressione di chiusura e intreccia le braccia al petto.

«Forse non lo sono, Lu, ma io so cosa stai facendo-»

«Perché tu sai cosa stavi per fare prima?» sbotta.

«Sì, cazzo, che lo so!» Avanzo, la sovrasto, mi svesto, mi spalanco l'anima e le espongo tutto me stesso. A brandelli. Sono pronto. Tanto, di integro, non mi è rimasto più un cazzo di nulla. «Stavo per dirti quanto tu mi fai stare bene, quanto voglio stare con te e pregarti di darmi modo di starti accanto. Come ragazzo, essere umano, amico o fidanzato. Non mi importa del titolo, sceglilo tu, come cavolo ti pare. Mi andava bene tutto, bastava che me lo permettessi, Lu! Perché parlare d'amore è da folli, che credi? Non so cosa significhi e mai l'ho capito. Non ho dieci anni e alle favole non ci credo. Siamo adulti fatti e finiti ma non me ne fotto un cazzo di nulla! So solo che con te sto bene, che le persone non si possono conoscere in un giorno solo e che ci vuole tempo. So tutto, lo so bene, ma con te non so più un cazzo, Luna. Lo capisci?»

Scuote la testa, mi sfugge.

L'ho già visto succedere tanti anni addietro: diventa vapore, inafferrabile. Ti passa tra le dita con cui l'afferri, ti svicola tra le parole con cui tenti di spiegare.

«Ti stai aggrappando alla cosa sbagliata, Cris.»

«Scusa?» Mi casca un macigno in testa, anzi... un macigno avrebbe fatto meno male.

Luna pianta i suoi occhi indefinibili nei miei. «Stai mentendo a te stesso, per scappare a quello che senti per Gioia.»

«Ma dai, ancora! Quello che è successo con Gioia non ha niente a che fare con questo e te l'ho già spiegato.»

«Hai ragione, scusami.» Sorride, accondiscendente. Ma è un qualcosa che fa malissimo, un dolore cane, mi trapana il petto.

La sua è rassegnazione, ma di quella ferrata, fitta come sbarre di una gabbia, dietro cui sta scegliendo di nascondersi.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now