47. Spiraglio

16 3 0
                                    


CRIS

Vorrei mandarle un messaggio, ma non lo faccio. Non voglio essere invadente. Dopotutto l'ho lasciata davanti a casa sua quanto? Nemmeno quindici minuti fa.

Il telefono vibra. È lei che mi ha inviato un messaggio.

Non riesco a smettere di sorridere, di pensarla, in tutti i modi e tutte le forme. E me la sento ancora addosso, su ogni centimetro di pelle. Non riesco a smettere di rivivere questa notte. La nostra prima volta. La voglio ancora, la voglio all'infinito. Sono eccitato anche al solo pensarla, mi pulsa tutto.

Penso a tutto quello che potremmo fare insieme, nudi o con i vestiti, ovunque, nel mondo oppure chiusi tra quattro mura. Non mi basta, non mi basterà più niente dopo questo, cazzo.

C'è un'intimità adesso tra di noi che è troppo potente. Mi ha portato alla baita di sua mamma. Mi ha permesso di starle accanto, mi ha fatto vedere ogni angolo, ne ha rivissuto i ricordi con me accanto. Che cazzo di dono pazzesco è la fiducia?

Sono rimasto fermo sulla soglia, da quando sono rientrato, come un ebete, a fissare il vuoto. Ed è per quello che, appena scatta la serratura, rimango imbambolato, dietro la porta, al buio.

Agata entra, getta le chiavi nel portacose in ebano sul tavolino persiano.

Potrei farla cagare in mano dalla paura se dicessi anche solo una parola. Non è ancora l'alba, ed è tutto immerso nel buio.

No, via, non vorrei avere mia sorella sulla coscienza.

Attendo che si allontani e faccio per seguirla.

Ma poi noto che è tutta storta, camminata trascinando una gamba. Emette un breve verso che soffoca tra i denti, sembra sofferenza.

È ubriaca? Di nuovo?

Ma domani è lunedì e deve lavorare. Anzi, oggi. Se arriva in ufficio col post sbornia mio padre l'ammazza.

Vado a riempire un bicchiere d'acqua con un po' di limone e seguo l'unica fonte di luce dell'intera casa per andare a portarglielo. Agata è dietro la porta accostata del bagno che condividiamo.

La raggiungo. Appoggio la mano libera sulla maniglia, ma quando sto per abbassarla sento un singhiozzo, soffocato, ingurgitato. E mi monta il panico, mi crivella le tempie, mi fa temere di far cadere il bicchiere.

Adagio, socchiudo la porta, non so cosa sia successo, ma non voglio spaventarla.

È davanti allo specchio, le scarpe gettate contro la vasca, i capelli arruffati e i vestiti a terra. Faccio per ritirarmi, non voglio violare la sua privacy, sono suo fratello, non uno stronzo. Ma poi sento un verso strano e un suono sordo, di cose che sbattono.

E gli occhi corrono più veloci di tutto il resto.

Ed è la sua mano chiusa a pugno che batte contro il bordo in marmo del ripiano del lavandino. Una volta, due, tre, con forza, con rabbia, con disperazione. E dai suoi occhi sbavati di trucco crollano lacrime, le stravolgono il viso, le grondano giù, su quel corpo coperto solo dall'intimo.

È davanti allo specchio, a osservare il suo stesso riflesso. Colpisce ancora il ripiano.

Deve sentire dolore, perché stringe i denti all'impatto, ma qualcosa di feroce le distorce l'emozione e la nasconde dietro una maschera di odio. È viscerale, totalizzante. E mi spaventa da morire, perché non ho mai visto niente del genere nel viso di Agata.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now