52. Ombre in sintonia

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CRIS

Mi sento toccare ovunque, eppure siamo immobili.

E sembriamo in mille pezzi, eppure siamo integri.

La notte passa così, tra fogli riempiti di disegni di omini stecco fatti da Luna e le mie mani che la toccano.

Sì, la tocco, sempre. Non ne posso fare a meno.

È qualcosa di troppo potente, un campo magnetico, un gorgo. Non resisto, non mi oppongo, tanto non ci riuscirei manco se ci provassi. Perché mai spendere energie inutili?

Le passo una penna e rimango a sfiorarle le dita. Mi mostra una posa di yoga, le cade uno spallino e lo risistemo, una volta, due volte. Glielo tiro giù e lo riporto su.

E lei non dice niente, non mi ferma, non mi interrompe.

E la voglio. Adesso, i minuti a venire, quelli ancora non programmati. E la voglio ovunque. Sul letto, in piedi contro la parete, nel futuro non ancora deciso, nei miei pensieri e addosso a ogni centimetro di pelle.

Sono un bambino con l'ormone a mille.

Quando lei sbuffa, accompagno il suono con una strofa. E quando lei sospira, do il via a un'altra melodia. Non ci posso fare nulla. Non so come smettere di sintonizzarmi a lei.

«Cris?» Mi guarda zoppicando dall'alto della posizione, mentre io sono sdraiato a terra sul suo tappetino, senza maglia.

Non fa altro che guardare ciò che ho scoperto, pelle e pelle. Vorrei farle vedere anche tutto il resto, se non fosse il momento sbagliato. Perché questa lezione che stiamo programmando, per lei è importantissima.

Si sta fidando di me e devo aiutarla.

«Sicuro di farcela?» Abbassa il capo, ma gli occhi li ha abbassati da quel dì, perché non fanno altro che spostarsi sul mio addome, sulle mie dita, sulle mie labbra.

Sto per andare al manicomio se continua. Contraggo i muscoli addominali per farle vedere quanti cazzo di tasselli di tartaruga ho. Che li veda bene bene, perché poi voglio che li tocchi. Uno a uno, con quello che le pare. Dita, lingua, se stessa o la sua anima. Mi accontento di tutto. Qualsiasi cosa.

Sto diventando scemo, non so come altro giuastificarmelo.

«Sei uno scricciolo, Luna, credi che non ce la faccia a tenerti?» Sollevo le gambe verso l'alto come mi ha mostrato e spingo le spalle per aderire a terra e creare una base stabile.

«Non è solo questione di forza.»

«Be, Lu, l'equilibrio me l'hai fatto perdere da un po', se è quello che intendi.»

Mi prende i piedi nudi e se li sistema verticalmente alla base dell'addome, uno da un lato e uno dall'altro. Ha un sorriso pazzesco, perché sa di peccati ed eccitazione. E ha delle mani assurde, perché mi fa venir voglia di farci l'amore con quelle cazzo di mani.

E che cazzo di cosa senza senso ho appena pensato?

È così difficile contenermi che mi ci vuole una calma bestiale, cazzo.

«Vedi di non perderlo nei prossimi minuti. » Sorride, spontanea.

È così accattivante questa sua spigliatezza, che mi eccita. E lo sa, ci scommetto che lo sa.

«Sì, capo.»

La notte passa, mentre lei si lascia andare, si fida di me e volteggia per aria, sorretta da me, da quello che le ho sempre voluto dare e non me l'ha mai permesso.

È la prima volta che pratico acroyoga, ma con lei credo che potrei imparare a praticare qualsiasi cosa. Ne sono sicuro, convinto al mille per mille. Altro che mano sul fuoco ci metterei, piuttosto mi ci butterei tutto intero in quel cavolo d'incendio che mi sta facendo provare.

LUNA

Non mi molla, neanche un microsecondo. Non mi lascia cadere, non gli devo spiegare le cose due volte, perché sembra in sintonia col mio movimento, con il mio equilibrio, con le mie intenzioni. Siamo ombre, ci conosciamo a vicenda, dove uno si sposta, l'altro lo segue.

Io non ho idea di come sia possibile, eppure è così.

Le vite non si possono stravolgere in una settimana, eppure è quello che sta succedendo.

Forse è una finzione, un'apparizione della mia testa, un effetto vacanza e appena torneremo in patria sarà tutto sparito. Torneremo a vederci agli eventi dove abbiamo amici in comune e ci lanceremo vuote frecciatine di fuoco. Punto, fine.

Sì, certo, come no. Non credo nemmeno a mezzo pensiero che ho elaborato. Non riuscirei a smettere di pensare a Cris nemmeno voltando pagina adesso. Nemmeno chiudendo il libro e aprendone uno nuovo.

E sono sincera con me stessa perché me lo devo.

Cristian mi fa da base nella lezione di acroyoga, in modo tale che volteggiando per aria, non devo mai appoggiare il peso sulla caviglia dolorante e posso comunque insegnare.

È stato tutto precipitoso, un cambio di piano a cui non sono abituata.

Ma è venuto meglio di quanto avessi sperato.

Questo tipo di pratica ha creato sintonia tra le persone, le ha portate a fidarsi degli altri, a diventare responsabili, a silenziare tutto per dedicarsi all'altro.

La sintonia è un'arte che si può imparare. Già gestire se stessi nel mondo è un bel macello, ma dover pensare anche a qualcun altro lo è ancora di più.

Ma si divertono, ridono, scherzano, si affidano gli uni agli altri.

E non riesco a smettere di sorridere mentre li vedo superare le proprie paure, affrontare i loro limiti e connettersi. Le connessioni, a livello umano, sarebbero molto più semplici se riuscissimo a ricordare di creare sintonia con tutti.

Cristian è forte e stabile, ora che sto per scendere mi accompagna con delicatezza verso terra, ma non mi permette di adagiare la caviglia sul pavimento in legno. Mi attira a sé, verso terra, per aiutarmi.

Non ho capito come ho fatto ad arrivare a tanto, ma mi lascio tirare in piedi da lui, che mi accompagna a prendere le stampelle di fortuna che abbiamo recuperato. Glielo lascio fare.

Gli permetto così tanto, che so, ormai, che sono persa.

Li guardo, in attesa, e concludo.

«Quando vi sentirete persi, quando tornerete a casa, silenziate il mondo e sintonizzatevi solo con voi stessi.»

L'applauso che scroscia, conclusivo della lezione e di queste due settimane di ritiro è così ampio, pieno, vero, che tante lacrime spuntano. Di gioia.

Piangere di gioia è così bello che penso che tutti dovrebbero provarlo almeno una volta nella vita.

Applaudo anche io, a tutti.

Cristian mi fissa, io guardo solo lui. Me lo concedo per qualche istante. E ci congratuliamo a vicenda. Sembriamo dirci tante cose, nello schiamazzo di quella mattina, negli occhi stracolmi, negli abbracci lunghissimi.

Ci diciamo tante cose. Senza nemmeno fiatare.

E so che quel punto di ripartenza sul foglio lo abbiamo messo alla grande a questo giro.

«Sei stata bravissima» mi sussurra Cris, prima di baciarmi la guancia. «Sono fiero di te.»

Non me ne frega di niente, di nessuno, del giusto e dello sbagliato. Vado incontro a quelle sue labbra che indugiano sulla mia guancia. Guancia premuta contro labbra o labbra premute contro guancia?

Ci respiriamo a vicenda, appoggiati e inebriati.

«Prendi il mio stesso volo di ritorno, vero?»

«Sì, Cris.»

«Bene, perché abbiamo tante cose di cui parlare, Lu.»

«Anche di cose che non abbiamo mai chiarito?»

«Soprattutto di cose che non abbiamo mai chiarito.»

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now