59. Caffé sulla ceramica

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LUNA

Se qualcuno mi avesse detto che la felicità è una cosa che scappa, forse avrei riso. Perché mi piacciono questi modi di dire strani, che non puoi davvero comprendere fino a quando non ti capita di provarli in prima persona.

E io, adesso, lo sento. Che questa cosa che si agita in me è così fuggevole, prepotente, che non la posso definire, perché non la comprendo.

E la paura rimane lì, acciambellata e schiacciata lontano dall'ingombro della felicità.

«E le proteine da dove le prendi se sei vegetariana?» indaga Cris, togliendo la valigia dal nastro trasportatore.

Roteo gli occhi per aria. «Sempre la solita domanda. Lo sai che ho altri mille nutrienti da integrare oltre a quello?»

«E come fai a essere sicura di non avere tutti i valori nella norma?»

Un passante mi urta, lo spallaccio mi sfugge dalla spalla. Cris me lo prende al volo e le sue dita restano incastrate tra la mia pelle e la stoffa dello zaino. E lì, dove mi tocca, brucio.

«E tu come fai a essere sicuro d'avere i valori nella norma?»

Ci pensa, lo sguardo sollevato al soffitto dell'aeroporto. Ma la mano ancora appiccicata alla mia pelle.

«Onesto. Non ne ho idea.»

«Vedi, prima di giudicare.» Ma rido, spingendolo con una mano. Ma lui non si allontana e la mia era una scusante per toccarlo e basta.

«Oh, no, mi hai frainteso.» Cala lo guardo nel mio, lo sposta sulle dita con cui mi strofina la spalla. «Volevo solo capire cosa farti da mangiare quando saremo insieme.»

E boom, scoppia. Quella cosa gigante che non so spiegare. Quella felicità che mi travolge e mi rende ebete.

«Te lo faccio vedere quando arriviamo a casa.»

Afferra la bretella e si china su di me. Labbra contro labbra. «Mi insegni a cucinare, Lu?»

«Ti insegno a cucinare ma non nella cucina dei miei, che se cucini come dieci anni fa, dove passi tu salta tutto per aria.»

Ride, mi avvolge un braccio in vita e mi sembra che mi tiri verso l'alto, nella direzione opposta a dove zoppico.

«Sai che sono tornato a stare nella vecchia casa dei miei? Lì non ci abita nessuno.»

«Sei tutto solo?»

«Perché? Tu quando viaggi non sei tutta sola?»

«Ah, ma è diverso.»

«Strano che Edo non ti abbia invitato da lui.»

«L'ha fatto in effetti.» Mi osserva, oltre la spalla, curioso. «Gli avevo promesso di andare da lui al ritorno dal viaggio, ma magari gli dirò di no.»

«Perché?»

Ci mettiamo in coda per varcare le porte scorrevoli che conducono alla hall degli arrivi.

«Perché se ti va di venire da me, non sarò poi così solo.»

Mi fermo. Sorride e sorrido anche io di rimando.

«No, non sarai così solo.» Concordo.

*

Osservo le persone che escono dalle porte dell'aeroporto, ascolto i discorsi in mille lingue dei viaggiatori. Cris è andato a fare una telefonata di lavoro, allontanandosi, nell'attesa che arrivasse Edo a prenderci.

Ed eccolo, Edoardo, sottile e alto, che svetta sulla folla.

Quando si accorge di me, seduta al bar, a malapena si scompone, ma lo riconosco comunque quel suo illuminarsi senza sorridere. Non sono coinvolte le labbra, ma l'emozione arriva lo stesso.

Tutti i Colori del CieloWhere stories live. Discover now