Rupture [h.s. - italian trans...

By Harryshvg69

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Rottura: [sostantivo] una separazione in parti o all'interno di una parte, uno scisma. In un mondo di distruz... More

Prologo
1. Lista di cose da fare di Miss Autumn
2. "La ragione per cui siamo in guerra sei tu."
3. "Lei è morta ormai, Liam."
4. "L'intruso è qui."
5. "Chiunque ha una debolezza."
6. "Chi è?"
7. "Sono Harry Styles."
8. "Ti odi per questo?"
9. "E cerca di non innamorarti della prigioniera."
10. Il peggior incubo di chiunque.
11. "So abbastanza."
12. "Cosa fai?"
13. "Non ti ho ucciso."
14. "Ci sono degli uomini giù."
15. "Stavate tornando indietro?"
16. "Ecco perchè eri il mio bersaglio."
17. "Ti stai rammollendo."
18. "Quindi morirà?"
19. "Cosa sto facendo, Autumn?"
20. "I sentimenti sono per i deboli."
21. "Non mi hai lasciato finire."
22. "Hai fatto la cosa giusta."
23. "Cazzate."
24. "Ho bisogno che tu sia onesta con me."
25. "Buongiorno."
26. "Ti fidi di me?"
27. "Saluta Autumn."
28. "Penso di doverti delle scuse."
29. "Amore."
30. "Stiamo per entrare in guerra."
31. "Ti amo."
32. "Ne ho abbastanza."
33. "Ma non hai mai avuto il cuore spezzato."
34. "Basta."
35. "Ti dirò una storia."
36. "Stavo soffrendo."
37. "Oh mio Dio, Harry."
38. "No, Autumn."
39. "Va tutto bene."
40. "Tuo padre."
41. "Autumn ha ucciso papà."
42. "Tu sapevi?"
43. "Cosa hai fatto?"
44. "Dobbiamo provarci."
45. "Salutalo."
46. "Tu non verrai."
47. "L'ho promesso a mamma."
48. "Prima Anne."
49. Non parlai.
50. "Te."
51. "Perchè?"
52. "Stringimi soltanto."
53. "Vieni qui."
54. "Non scappiamo più."
55. "Babysitter."
56. "Provaci per me."
57. "È questo il motivo?"
58. "Lui è morto."
59. Non mantenni la mia promessa.
60. "Dov'è lui?"
61. "Me ne andrò io."
62. "Tornerò a casa da te."
63. "Apri gli occhi."
64. "Io ho fottutamente bisogno di te."
65. "Non lo sapevo."
66. Non era ancora tornata.
67. Crollai.
UPDATE
68. Ero arrabbiata.
69. E quello era abbastanza.
70. Epilogo.
"Questa è la mia ragazza."
"Mi piacerebbe provarci di nuovo."
Non di nuovo.
"Marianne Styles."
"Quella è mia moglie."

"Posso dirti un segreto?"

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By Harryshvg69

Harry

Stavo uscendo dalla clinica, avendo finito di presenziare alla lezione di Rick riguardo l'approccio alle ferite da battaglia, quando uno dei soldati entrò correndo, chiedendo aiuto a Rick al campo di addestramento. Ero quasi fuori, quasi lontano, quando sentii quel soldato dire il nome di Autumn nel suo discorso frettoloso.

"È collassata durante la sua sessione. Respira e c'è battito, ma è lento. Non sapevamo cosa fare, quindi sono stato mandato a chiamarti."

Prima che lo sapessi, prima che potessi rimuginarci sopra o pensare a tutte le possibili cose che potevano esserle successe che potessero indebolirla al punto di collassare, mi trovai a correre tra l'ammasso di gente, i miei occhi alla sua ricerca.

Era per terra, stesa sul fianco destro, come faceva nel nostro letto così che potesse guardarmi e io potessi stringerla al petto. Diceva sempre che il suono del mio battito, il modo in cui pulsava, la faceva dormire meglio.

Le mie gambe tremanti cedettero, facendomi inginocchiare mentre me la portavo in grembo, passandole le dita tra i capelli, poggiandole la testa sul mio petto e desiderando che il mio battito cardiaco frenetico la svegliasse in qualche modo. Avesse effetto su di lei, come la sua inaspettata stanchezza aveva effetto su di me.

"Autumn, svegliati, tesoro. Apri gli occhi, piccola, forza." le diedi dei buffetti sulle guance, supplicandola di ascoltarmi. Di fare come le divevo, ancora una volta. Rick le strinse la mano, controllando le pulsazioni, prima di sospirare e allontanare la gente intorno a noi.

"Harry, dobbiamo portarla alla clinica per capire cos'è successo. Le sue pulsazioni sono deboli e dobbiamo iniziare a farle una flebo per farle tornare alla normalità."

"Harry, le fa male lo stomaco. È-è stata stanca tutta la giornata e i-io le avevo detto di non farlo, le avevo detto che poteva trovare una sostituzione, ma lei insisteva che stava bene. P-Prima che crollasse, mi stava parlando, ma si è stretta lo stomaco, ha annaspato un paio di volte, poi lei- lei è semplicemente caduta. Mi dispiace." disse Raine, il panico la sopraffece fino al midolo,, in un modo che non succedeva da veramente un sacco di tempo.

"Okay, okay. Va bene. Andiamo." mi misi seduto, posando le braccia sotto il corpo di Autumn, prima di alzarmi completamente in piedi. Ritornai correndo verso la clinica e non potei fare a meno di pensare a quella volta che l'avevo trasportata in braccio; quando era stata picchiata ed era incosciente, dopo aver salvato la vita di mia madre. Ero così arrabbiato allora, così amareggiato, indifeso e confuso. Ma ogni volta che abbassavo lo sguardo su di lei, sentivo un po' di quella rabbia dissolversi. Anche allora, provavo qualcosa per lei che non avevo mai provato prima. E probabilmente non avrei potuto provare di nuovo.

"Per favore, fa che stai bene. Per favore, svegliati. Per favore, Autumn." sussurrai col fiato grosso e i singhiozzi strozzati che stavo cercando disperatamente di trattenere.

Una volta arrivati finalmente alla clinica, la feci stendere sul letto più vicino, allontanandole le ciocche dal viso e permettendole di respirare meglio. O forse permettendo a me stesso di osservarla meglio, bisogno di assicurarmi che fosse tutta intera.

"Va bene, Harry, per favore aspetta fuori e lasciami lavorare."

"Non posso lasciarla così, Rick." il mio sguardo cadde sulle sue labbra che erano leggermente socchiuse, sbuffando fuori l'aria. Sembrava come se stesse dormendo, avrei voluto poter credere che lo stesse facendo.

"Harry, tesoro, ci sarò io qui con lei e lo aiuterò io. Dalle un po' di privacy e verrò da te appena sappiamo qualcosa." disse Wendy, la nuova moglie di Rick, usando il suo tono materno, che lanciava ondate di dolore in me poichè mi ricordava mia madre. Il suo tono. Come ci si sentiva ad essere guidati da lei, come Wendy ora stava facendo con me. Oh, quanto mi mancava; ogni volta che succedeva qualcosa che non potevo controllare, che non potevo davvero gestire. Lei avrebbe saputo sempre cosa fare.

"Okay. Wendy, per favore, prenditi cura di lei. Per favore."

"Certamente. Non preoccuparti per lei, Harry. È una tosta."

"Lo so. Lo so. Io però non sono così tanto forte senza di lei."

"Okay, tesoro. Ti farò sapere." mi diede una pacca sulla spalla, facendomi voltare e chiudendosi la porta dietro. Rimasi in piedi lì, con la fronte poggiato contro la porta, nel disperato tentativo di esserle più vicino possibile. Avevo bisogno solamente di stare vicino a lei. Avevo bisogno che stesse bene. Avevo davvero, davvero bisogno di lei.

Alla fine, inspirai, voltandomi e trovando tutta la gente con cui si stava allenando aspettare fuori. Insieme ad un estremamente preoccupato Liam, circondato da Louis, Niall e Raine. Mi avvicinai a loro, cercando di rimanere lucido, mentre poggiavo una mano in modo confortante sulla spalla di Niall, adagiandomi su di lui senza volerlo davvero. Ero semplicemente e assolutamente prosciugato.

"Hai qualche notizia, Harry? Siamo venuti qui appena l'abbiamo saputo." domandò Louis, stringendo Raine al suo fianco in modo quasi protettivo.

"Non so ancora nulla. Rick e Wendy sono lì dentro con lei. Dio. Cosa diamine è successo lì fuori?"

"Non si sentiva bene. Sono andato da lei l'altro giorno e ha vomitato, ma ha detto che era un virus, qualcosa del genere." disse Liam, irradiando tensione.

"Cosa? Perchè non lo sapevo?"

"Mi ha detto di non dire nulla. Disse che te lo avrebbe detto lei stessa se fosse successo di nuovo."

"Conosci davvero tua sorella, Liam? Ovvio che non me lo avrebbe detto. Ha cercato semplicemente di cavarsela da sola, come fa sempre. Cazzo." mi strofinai una mano sul viso, sentendomi tirato in un abbraccio a cui non potei resistere. Mi scappò un sospiro mentre lentamente aprivo gli occhi. Raine era proprio lì, la postura sicura di sè dal momento che stava rafforzando la sua forza, ma ogni suo singolo lineamento mi ricordava quella bambina che aveva subito troppe perdite per essere in grado di affrontarne un'altra.

Mi allontanai, cercando di fare un sorriso confortante, mentre poggiavo una mano sulla sua testa, scompigliandole i capelli giocosamente.

"Come stai, bimba?"

"Sto bene. Sono solo preoccupata per lei."

"Lo so che lo sei. Sei stata davvero brava lì fuori. Ho sentito che sei stata tu quella a tenere il sangue freddo. E le hai tenuto la testa alta e tutto."

"Non volevo che si facesse male alla testa. In realtà, mi ha insegnato lei a farlo in caso qualcuno perdesse conoscenza. Qualcosa riguardo la pressione del sangue o la glicemia, non so. Ho smesso di ascoltare quando le cose si sono fatte troppo tecniche." una risatina sorpresa mi scappò e il mio sorriso divenne improvvisamente un po' più vero, mentre mi chinavo, solamente un po', per poterla abbracciare.

"Grazie per esserti presa cura di lei, Raine. Te lo devo."

"No, non è vero. Basta che lei stia bene." mi strinse per un po', prima di allontanarsi completamente. Avevo la sensazione che un altro contatto l'avrebbe portata a un crollo che non poteva permettersi di avere al momento.

"Harry?" mi chiamò Wendy e voltai immediatamente la testa verso la porta della clinica, per poi correre da lei.

"Si sta svegliando. Rick ha stabilizzato la pressione sanguigna e la flebo l'ha aiutata ad aumentare la glicemia e le pulsazioni. Ora è stabile. Ma Harry..." i suoi lineamenti improvvisamente furono sopraffatti dall'angoscia.

"Cosa? Ma cosa, Wendy?" lei guardò alle mie spalle, la folla che mi circondava.

"Wendy, per favore." riuscivo a malapena a sentire oltre il battito frenetico del mio cuore, la testardaggine che martellava nelle orecchie. Dovevo sapere qual era il problema.

"Era incinta di due settimane. E l'ha perso. Ha avuto delle perdite, come quando si ha un ciclo intenso. Ma è stato un aborto spontaneo. Mi...mi dispiace tanto, Harry." fu come ricevere un calcio, dritto al cuore. Poi un pugno allo stomaco. Poi una serie di altri colpi ovunque. Iniziò a dolermi tutto il corpo, ma maggiormente il cuore. Dio. Era incinta. Stava crescendo il nostro bambino. E ora non più.

"M-ma lei sta bene, giusto? Starà bene?"

"Sì, lei è in salute." annuì Wendy.

"Grazie a Dio." dissi tra i denti, sentendo delle mani confortanti sulle spalle. Ma finchè Autumn stava bene, allora non mi importava. Non è vero. Sarebbe stato bello avere un figlio con lei. Sarebbe stato davvero bello.

"Okay. Va bene." annuii, voltandomi per affrontare la folla intristita.

"Louis, puoi riportare indietro il gruppo che stava allenando e fargli tu l'allenamento?" Louis annuì immediatamente. Sapevo che sarebbe stato pronto a fare qualsiasi cosa.

"Niall, puoi prendere il mio posto per le ronde e praticamente qualsiasi altra cosa? Almeno finchè non mi assicuro che lei sta bene."

"Certo, Harry. Qualsiasi cosa."

"Grazie. Liam, tu puoi rimanere qui se ti va. Penso avrà bisogno di te." lui annuì silenziosamente, lo sguardo ancora fisso per terra, incapace di incrociare il nostro.

"Raine, tu andrai con Louis, va bene? Aiutalo."

"Okay, sì. Dì ad Autumn che sono felice che sta bene, va bene? E che mi dispiace non aver potuto fare di più per aiutarla?"

"Hai fatto tutto quel che potevi, Raine. Grazie. E glielo dirò."

Impaziente, debole, mi voltai ed entrai nella clinica. Wendy mi guidò verso il letto dove Autumn era stesa; sul fianco, come l'avevo trovata prima, curvata su se stessa, con la mano all'infuori per la flebo, invece che sotto la testa. Sembrava così piccola, così ferita, avrei voluto portarle via tutto il suo dolore.

"Autumn?" sussurrai, non volendo disturbare la sua calma. Lei a malapena alzò lo sguardo, con gli occhi umidi e gonfi, prima di guardare altrove, come se si vergognasse. Ma i suoi lineamenti si deformarono per il dolore, le scappò un singhiozzo, prima di coprirsi il volto con le mani, per non mostrarsi debole.

"No, no, piccola, non piangere. Va tutto bene. Stai bene." mi chinai in avanti, lasciandole diversi baci sulla testa e stringendola a me, il più vicino possibile senza farle male ulteriormente.

"Non è vero. Non sto bene. Non lo sapevo, Harry. Se- se l'avessi saputo, me ne sarei presa cura. Sarei stata più attenta. Oh Dio. Mi dispiace tanto, Harry. Dio, mi dispiace." scoppiò completamente, a malapena capace di respirare tra i suoi forti singhiozzi e le scuse strozzate.

"Va tutto bene. Non importa. Tu stai bene. Hai idea di quanto fossi preoccupato? Spaventato?"

"Mi dispiace." sussurrò, la voce non sembrava per niente la sua.

"Puoi smetterla di scusarti per favore? Ti amo. E tutto questo non importa. Possiamo riprovarci se ti va. So quanto ti diverte provarci." cercai di scherzai e per mia sorpresa e solleivo, lei sorrise. Esitante, giusto un po', ma lo fece.

"Amo il tuo sorriso. Te l'ho mai detto? Hai un sorriso perfetto."

"Com'è un sorriso perfetto?"

"Sai, quel sorriso che assomiglia al sole quando albeggia, nelle prime ore del mattino. Come quando ci sono più stelle del dovute sparse intorno alla luna piena. Quel sorriso che fai quando inspiri quando entri per la prima volta nel posto che consideri la tua casa. Come il primo fiocco di neve in inverno o la prima brezza primaverile che percepisci, quando tutto sembra colorato, luminoso ed davvero giuro. Questo è il tuo sorriso. Il tuo sorriso mi rende felice. Tu, Autumn, mi rendi felice." non mi aveva mai guardato negli occhi da quando ero entrato e avevo difficoltà ad analizzare il suo stato mentale. Ma afferrò la mia mano e intrecciò le dita alle mie, portandosi il palmo alla bocca e lasciandoci un singolo, tenero bacio.

"Ti amo. E mi dispiace così tanto che sia successo questo. Mi dispiace tanto." smisi di muovere le dita tra i suoi capelli e rimasi sbalordito da questa donna. Non sapevo cosa dirle. Non sapevo come mettere a parole il mio rispetto senza limiti, l'amore e la riconoscenza.

Mi sedetti a terra accanto a lei, stringendole ancora la mano nella mia.

"Pensi di riuscire a scendere? Voglio davvero stringerti." lei non esitò mentre lentamente, attentamente, si mise a sedere, facendo una leggera smorfia e tenendosi lo stomaco per un paio di minuti, prima di buttare fuori l'aria. Poi scese finchè non fu sul mio grembo, attenta a non tirare la flebo, mentre la avvolgevo pienamente tra le mie braccia.

"Ti senti bene? Ti fa male qualcosa?" si prese del tempo per analizzare la domanda, la fronte aggrottata per la confusione.

"Non fa male niente, no, ma mi sento così... così vuota, Harry."

"Posso dirti un segreto?" chiesi, invece di rimuginare sulla sua risposta. Lei annuì.

"Quando Wendy mi ha detto la diagnosi, ho provato questo bisogno travolgente di correre via. Ero terrorizzato a morte e volevo solamente scappare. Ma non l'ho fatto. Perchè te l'ho promesso. E devo cercare di mantenere le mie promesse. Come fai tu." lei si strinse a me con un po' più di forza, la disperazione trapelava attraverso i suoi gesti.

"Grazie per non avermi lasciata, Harry."

"Mai, piccola. Non lo farei mai."

"Voglio dirti anch'io un segreto."

"Hmm."

"Avevo intenzione di andare da Rick oggi dopo l'addestramento. Mi sentivo molto stordita e non ero in grado di tenere molto dentro. E poi oggi, mentre addestravo Raine, ho provato tutto all'improvviso. Tipo che volevo che lei fosse una delle migliori lì fuori, ma volevo anche proteggerla da tutto questo. Ho avuto la sensazione che stesse succedendo qualcosa e avevo pianificato di fare un controllo. Avevo bisogno solo di un paio di ore in più, Harry. Una paio di ore in più e niente di tutto questo sarebbe successo. E- e il nostro bambino starebbe bene."

"Questa non è colpa tua, Autumn. Sì, mi sarebbe piaciuto se mi avessi detto di non sentirti bene, ma quel che è fatto è fatto. Abbiamo l'un l'altro, siamo in salute e innamorati. Stiamo bene. Possiamo riprovarci quando saremo pronti, ma fino ad allora questo è più che abbastanza. Non stiamo perdendo niente, Autumn. Stiamo bene." abbassai lo sguardo e vidi l'ultima lacrima scivolarle lungo le guance. Aveva gli occhi chiusi, il respiro tornò finalmente regolare. Si era addormentata.

"Dormi bene, piccola. Andrà meglio domani." le baciai la fronte, chiudendo anch'io gli occhi, mentre mi arrendenvo alla stanchezza travolgente.

Mi sveglia gradualmente, sentendo dei sussurri in lontananza di voci familiari. Le mie braccia erano ancora curvate come a stringerla, ma lei non era più lì. Questa fu la prima cosa che percepii. Poi aprii gli occhi, alla sua ricerca, e capii che era tornata sul suo letto, dandomi le spalle, mentre qualcuno le parlava a bassa voce.

"Era davvero preoccupato, sai. Lo eravamo tutti." riconobbi la voce come quella di Liam. Lei rimase in silenzio.

"Autumn, so che questo è orribile. So che probabilmente ti senti impotente e-"

"Mi sento un fallimento. Le donne dovrebbero rimanere incinte, sono fatte per quel principio maggiormente. Accudire i loro bambini. Farli nascere. E- e io, per qualche ragione, non sono stata capace di fare neanche quello. Non sono riuscita a proteggere il mio bambino. Non sono riuscita neppure a portarlo in grembo. M-mi sento tradita dal mio stesso corpo."

"Non lo sapevi, Autumn." sospirò lui, cambiando postura per esserle più vicino.

"Ha importanza per il bambino? Ha importanza per- per Harry? Hai visto com'è con Raine. È così splendido con lei. Lui- lui sarebbe stato un padre grandioso. Volevo farlo per lui, Liam. Volevo donargli questo."

"E puoi ancora. È la prima volta. E siete entrambi ancora giovani, avete così tanto davanti."

"E se... e se non fossi fatta per essere madre? E se questo è una specie di segno che- che non devo esserlo? Che lui fa meglio ad averlo con qualcun altro?" chiusi gli occhi con forza, sentendo il dolore sopraffarmi, come una ferita aperta che non smetteva di sanguinare. Dovetti trattenere il fiato e aspettare che lasciasse perdere la conversazione, così che non avrebbe notato che ero sveglio.

"Non puoi prendere questa decisione da sola. Non puoi portargli via il diritto di scegliere cosa vuole e con chi lo vuole. Autumn, ogni volta che uno di voi decide di fare uno stupido, ingiustificabile, sacrificio, finisce che ferite ancora di più l'altro. Quindi non farlo di nuovo. Parlagli. Lascialo entrare."

"Lo amo così tanto, Liam, così tanto, e io-" poi iniziò a piangere, perdendo se stessa.

"Shh, Autumn. Va tutto bene. Lui ti ama più di quanto io abbia mai visto fare. Non gli importa dei bambini, non quanto gli importa di te. Va tutto bene. Andrà tutto bene."

Non riuscii più a stare da ascoltare il suono del suo respiro affannoso, il suo pianto che sembrava non avere fine. Mi alzai, Liam fu il primo a vedermi, lo sguardo carico di tristezza per sua sorella. Gli feci cenno con la testa, rassicurandolo che poteva andare. Che sarei rimasto io. Che sarei rimasto per sempre. Lui si allontanò da lei e io immediatamente presi il suo posto, toccandola ovunque mi permettesse, sussurrando dolci promesse.

"Puoi smetterla di piangere? Mi stai spezzando il cuore."

"Scusa. Mi dispiace. Mi dispiace tanto." si asciugò le guance, tirando su col naso, cercando disperatamente di riprendersi.

"Va tutto bene. Va tutto bene, Autumn. Non c'è bisogno che ti scusi." lei annuì, non riuscendo ancora a parlare.

"Ti piacerebbe tornare a casa?" di nuovo, lei annuì. Gli occhi per la maggior parte del tempo chiusi. Il corpo che involontariamente si allontanava diffidente da me.

"Va bene, stringiti le coperte intorno e ti porto io. Va bene?" avevano dovuto tagliarle i pantaloni per fermare l'emorragia e determinare la sua causa. Erano insaguinati comunque, quindi non pensavo le sarebbe piaciuto indossarli.

"Mi piacerebbe camminare, per favore."

"Lo so che ti va, ma lasciami fare questo, okay? Voglio aiutarti." mi aspettai che ribadisse che non aveva bisogno del mio aiuto, che era piùche capace di affrontare tutto questo da sola, ma non successe. Qualcosa mi diceva che era troppo stanca per discutere. Si stese di schiena, stringendosi il lenzuolo così che coprisse pienamente il suo corpo, prima di aspettare che la sollevassi.

Attentamente, scollegai la flebo, prendendo mentalmente nota di chiedere a Rick se ne avesse bisogno di una a casa. Fui attento a non crearle altro disagio o dolore. Non volevo che si sentisse come una specie di fardello, perchè, conoscendo come funzionava la sua mente, era esattamente quel che pensava.

Appena si ritrovò tra le mie braccia, avvicinai la sua fronte alla bocca, lasciandole un bacio, mentre lei si mantenne con forza alla mia maglietta, scegliendo di tenere gli occhi chiusi.

"Stai bene?" lei mormorò confermando. Uscii lentamente dalla clinica, ascoltando gli ordini di Wendy riguardo a rimanere a casa e ringraziandola debolmente. Liam era fuori, ora raggiunto da Louis.

"Come sta? Meglio, spero?" domandò Louis, allontanandosi da Liam per permettermi di camminare.

"Sta bene. Starà bene. Devo solo portarla ca sa, così che possa riposarsi." abbassai lo sguarod sul suo corpo immobile, stava ancora stringendo la mia maglietta, ma i suoi lineamenti erano rilassati, i polmoni che assorbivano l'aria notturna.

"Hai bisogno di aiuto a portarla?" si offrì Liam e, prima che potessi declinare educatamente, la sua presa sulla mia maglia si strinse, e seppi che non si sentiva a suo agio intorno ad altri. Mi lasciai incantare per un momento dal fatto che volesse solo me, che mi stesse lasciando entrare.

"No, grazie, stiamo bene. Puoi andare a casa ora e se avremo bisogno di qualcosa, manderò qualcuno a chiamarti."

"Preferirei accompagnarti alla vostra camera, giusto per assicurarmi che sia tutto sistemato." disse Liam, lo sguardo posato sulla sorella apparentemente addormentata. Ma io sapevo che era sveglia e a conoscenza di ciò che la circondava. Lei, semplicemente, non voleva ancora affrontarlo.

"Liam," sospirai, indicandogli con la testa Autumn. E funzionò. Lui sapeva quanto riservata fosse sua sorella quando si sentiva a disagio. Non concedeva a nessuno di avvicinarsi a lei in quello stato. A malapena lasciava che qualcuno la vedesse; fragile e turbata. E se avessimo continuato a insistere, se l'avessimo fatto troppo, si sarebbe chiusa completamente e nessuno sarebbe stato capace di tirarla fuori. Lui lo capì. Annuì rispettosamente, posando una mano sulla sua spalla e fermando la mia camminata, per poi chinarsi in avanti e sussurrarle qualcosa all'orecchio, posando un bacio all'attaccatura dei capelli, prima di allontanarsi definitivamente. Momentaneamente seguito da Louis, che disse tutto quello che aveva bisogno di dire attraverso gli occhi.

"Va bene, piccola. Siamo quasi a casa." non sapevo se lo stessi dicendo a lei, o a me stesso. Non sapevo neppure se mi stesse ascoltando o meno. Sentivo semplicemente il bisogno di confortarla a voce che eravamo quasi a casa, come se tutto sarebbe andato bene lì dentro. Come se niente potesse raggiungerci.

"Grazie." sussurrò, così a bassa voce che quasi non la sentii.

Una volta arrivati a casa, si stese sul letto, senza parlare, senza muoversi, per giorni e giorni. Non lasciava il letto, a malapena muoveva un muscolo. Rick diceva non era un malessere fisico. Diceva che era perfettamente in salute. Ma la sua mente le stava giocando dei scherzetti e la stava trasformando in questi resti quasi inumani, amalapena viventi, di quello che era una volta. Mi spezzava il cuore. Mi distruggeva quasi completamente. Ma cercai di essere forte, per lei.

Non mi guardava negli occhi, a malapena mi chiamava per nome. Trasaliva se mi avvicinavo troppo. Non mi lasciava toccarla. A volte la sentivo sussurrare "ti amo", quando pensava non la potessi sentire. Al mio corpo addormentato, che era sempre agitato, sempre preoccupato. Alla mia schiena distante, ogni volta che dovevo uscire per andare a lavoro. Attraverso le porte del bagno, quando ci impiegavo più tempo del solito a fare la doccia, perchè era diventato tutto troppo. E ogni singola volta sembrava sempre peggio.

I suoi "ti amo" sembrava un "per favore non lasciarmi", un "ho paura e questo mi sta ancorando qui," o un "sii ancora innamorato di me". A volte sembravano più delle scuse, io facevo tutto il possibile per non dirle che doveva semplicemente smetterla. Smetterla di scusarsi. Smetterla di allontanarsi da me. Smetterla di soffrire la perdita del nostro amore quando io ero fottutamente lì. Ancora lì. Come avrei sempre fatto.

Fino ad un giorno in cui persi completamente il controllo. Ci stavamo preparando per andare a dormire, lei era stesa come faceva sempre, prima che iniziasse tutto questo. Questo suscitò un barlume di speranza in me. Pensavo che stesse provando a lasciarmi entrare, a farmi avvicinare. Quindi poggiai il braccio intorno alla sua vita, tirandola un po' più vicina. E lei sobbalzò via, scuotendo la testa, respingendo il mio tocco, ancora una volta.

Rovesciai la testa all'indietro, sentendo la rabbia soffocare l'amore, strangolare tutto ciò che di bello tenevo di lei dentro di me. Stavo iniziando a provare cose che non avrei mai dovuto, cose che mi terrificavano, perchè non avrei mai voluto perdere lei o quel che avevo con lei, ma come potevo vivere così? Come potevo continuare ad amarla nonostante questo?

"Giusto. Mi dispiace. Dimenticavo che non posso toccarti ora. O avvicinarmi. O parlarti. Non posso fare niente, davvero." mi voltai, dandole le spalle, il petto pesante mentre chiudevo gli occhi e mi forzavo a dormire.

"Mi dispiace." sussurrò, ma mantenne la distanza tra di noi.

"Non è verò. Smettila di dirlo. Smettila di scusarti senza nemmeno sapere per cosa devi scusarti. Smettila, Autumn."

"Io-"

"No. Questo non riguarda te che svieni, per essere rimasta incinta, o perchè hai perso il bambino. Non lo è mai stato. Non ho mai avuto bisogno di scuse per questo. Quello di cui ho bisognoè che tu mi lasci entrare. Che la smettessi di allontanarti ogni volta che mi avvicino, come se in qualche modo prima d'ora ti avessi fatto del male. Come se potessi farti del male ora. Che la smettessi di chiudermi fuori e di tenerti dentro tutta questa merda. Non vuoi essere aiutata. Non vuoi parlare con me, con tuo fratello o chiunque altro. Non vuoi tornare a lavoro, e magari cercare di distrarti. Vuoi solo stare qui e crogiolarti in questa autocommiserazione, senso di fallimento e perdita. E non so più cosa fare, Autumn. Cosa dovrei fare?" tutta la rabbia e il rancore che provavo, scomparve nel senso di inutilità, di impotenza, il cuore straziato al pensiero di vederla allontanarsi.

"Non so nemmeno io cosa sto facendo, Harry. Io- io sento come una delusione. È come se avessi dovuto avere qualcosa, essere riempita da qualcosa, che non ho più."

"Entrambi abbiamo perso quel bambino, Autumn. Non solo tu. In realtà, pensavo avrei perso anche te. Ho accidentalmente sentito un soldato dire a Rick che la mia- la mia ragazza era svenuta e non sapevano cosa le fosse successo. Non eri reattiva, c'era a malapena il battito. Hai idea di quanto è stato fottutamente traumatizzante? Sono sempre sull'orlo, la maggior parte del tempo, il panico è lì, alla bocca dello stomaco, che mi appesantisce e riesco a malapena a respirare. Non va mai via. Non sono mai calmo, niente- niente va bene. Non riesco a funzionare bene. Non riesco a pensare, perchè pensare mi porta a immaginarti lì, per terra, e mi fa uscire pazzo. E, in cima a tutto questo, ogni fottuto giorno è come se ti stessi perdendo, ancora e ancora. Ti amo. Sono ancora innamorato di te, Autumn, e questo non importa. Non ti importa di un cazzo. È come- è come se non fossi più qui. Non riesci neppure a riconoscere il fatto che qualcuno ti ama, con o senza un bambino. Non ti passa per la mente. E mi sta fottutamente spezzando il cuore, Autumn. Tu mi stai spezzando il cuore. Quindi per favore, per favore andiamo solamente a dormire. Non voglio parlare. Non voglio dire nulla di cui potrei pentirmi. Non voglio farti del male. Per favore."aspettai che facesse qualcosa. Che cercasse di stringermi perchè ero sul punto di disintegrare tutto. Che promettesse che mi amava ancora e alla fine si scusasse per tutte le ragioni giuste. Non mi importava avere delle scuse, non ne avevo neppure bisogno. Volevo solo che ritornasse. Volevo solamente che ritornassimo alla normalità. Volevo che stesse bene e volevo aiutarla. Ma per mia costernazione e sconforto, rimase in silenzio, col respiro pesante.

"Buonanotte, Autumn." dissi con voce strozzata, affondando il viso nel cuscino, incolpandomi per averle quasi urlato di prendere nota di cosa il suo stato mi stesse facendo. Quasi supplicandola paingendo di prendere il mio amore e non di gettarmelo in faccia. Addolorato, senza fiato, soccombetti al sonno, promettendo a me stesso che domani avrei avuto più pazienza, più forza per affrontare questo, per entrambi. Ma stasera, mi ero un po' spezzato e nessuno l'avrebbe mai saputo.

Mi svegliai e lei non c'era. Non era nel letto accanto a me. Non era in bagno. Non era seduta su una sedia, a fissare il nulla o me. Cercai nella piccola stanza, aprendo la porta e controllando fuori, urlando il suo nome, sapendo che non era andata molto lontano nel suo stato, almeno non senza dirmelo. Non l'avrebbe rifatto, vero? Non mi avrebbe lasciato così. Lasciato?

Tornai in camera, cercando tra i suoi averi per vedere se mancasse qualcosa, se si fosse portata qualcosa con sè, se avesse lasciato qualcosa. Se avesse fatto qualcosa per farmi sapere che stava bene o che non stava bene. Avevo bisogno di qualcosa.

Mi vestii velocemente, correndo fuori alla sua ricerca. Erano a malapena le sei del mattino quando corsi in clinica, trovando Wendy che controllava i pazienti che non miglioravano, mentre Rick dormiva nella stanza sul restro. Autumn non era lì. Non la vedevano da quando erano venuti a controllare la sua salure, una settimana prima circa.

Andai nella camera di Liam, poi quella di Louis, quella di Zayn e quella di Raine, che aveva dormito con Niall per la notte. Nessuno l'aveva vista. Nessuno sapeva dove poteva essere. Nessuno sapeva perchè se ne fosse andata, o come. Era così malata di tristezza, che a malapena riusciva a raggiungere il bagno senza provare un senso di stanchezza. Non capivo. Non riuscivo neppure a pensare.

Decidemmo di dividerci e cercarla in posti diversi; posti in cui le piaceva andare, dove l'avevo portata o aveva trovato un senso di conforto. Cercammo ovunque. Non riuscimmo a trovarla. E iniziai a chiedermi se l'avessi solamente immaginata nella mia testa per rendere la vita un po' più facile. I suoi vestiti erano davvero a casa o erano i miei? Era davvero il suo shampoo nel mio bagno, o era quello di mia madre o un qualsiasi altro fantasma del passato? Erano i suoi capelli nella mia spazzola, o i miei capelli si erano fatti di un paio di tonalità più chiari? Era mai stata lì? L'avevo mai avuta?

Ero in piedi tra la sala conferenze e la clinica, con le mani tra i capelli e il panico che mi travolgeva fin nel profondo, con tale aggressività che ero certo stessi per avere un attacco di cuore. Ma la consapevolezza mentale non era ben approfondita lì, dal momento che avevamo malattie fisiche che non riuscivamo ancora a curare o iniziare a comprendere, quindi a ammenoché Rick non riuscisse a riconoscere i sintomi, allora non c'era nulla di sbagliato in te. O forse c'era, ma semplicemente non potevamo farci nulla. Forse era per questo che la depressione stava invadendo la mente di Autumn facilmente questa volta, sapendo che non saremmo stati capaci di vederla e lei non sarebbe stata capace di spiegarla. Forse era lì che l'aveva guidata; a provare qualcosa di sbagliato in lei e nessuno l'aveva capito. Nessuno voleva aiutare quello che non comprendevano, non potevano toccare e percepire.

Non riuscivo a respirare. Avrei voluto rimangiarmi la notte scorsa. Avrei voluto rimangiare tutto. Avrei voluto non averla mai messa incinta e che lei non avesse mai perso il bambino. Avrie voluto non fosse mai andata a quella sessione d'addestramento, non avesse mai lasciato il letto quel giorno. Sarei voluto rimanere con lei o che fossi andato da lei o che l'avessi portata con me. Desideravo cose che non sarebbero mai potute succedere.

Pensai a lei nel campo d'addestramento, sentendo il nostro bambino scivolare lentamente lungo l'interno delle sue cosce, bagnandole i vestiti, lasciando segni che non sarebbero mai andati via. Una chiazza che nessun materila avrebbe mai potuto spazzare completamente via. Figuriamoci un'anima. E poi pensare a lei lì, in piedi nella mia maglia troppo lunga e nient'altro, cercando di dare un senso a quello che la circondava o magari cercava di spazzare via il ricordo.

Senza pensarci davvero, senza volerlo, mi trovai a correre il più veloce possibile per quanto il mio corpo tremante lo permettesse, finchè mi fermai brutalmente e così fece tutto il resto, perchè lei era in piedi vicino alle due gocce di sangue che si erano seccate sll sabbia e aveva delle bende avvolte intorno alle mani come se stesse per combattere.

Gettò un pugno in aria, poi un altro, e al terzo fu tra le mie braccia. Smise di lottare. Io smisi di respirare. Il tempo smise di scorrere. Respirai per prima cosa il profumo di sudore e dei suoi capelli. Al secondo respiro, cercavo semplicemente di non scoppiare a piangere.

"Pensavo te ne fossi andata." le sussurrai sul collo. Con le braccia la stringevo a me, mentre le sue rimasero lungo i fianchi, incapace di muoversi a causa della mia forte presa. Non avevo bisogno che mi stringesse. Avevo solo bisogno che fosse lì. Avevo bisogno di sentirla.

"Ti ho promesso che non l'avrei fatto." strinsi gli occhi, sentendo il suo dolore mentale materializzarsi dentro di me.

"Mi- mi dispiace, Autumn. Non intendevo sul serio quello che ho detto la notte scorsa. Non dicevo sul serio. Dio. Mi dispiace tanto."

"No, avevi ragione. Devo riprendermi. Sto scivolando e ti sto portando con me, e non è giusto. Avevi ragione, Harry."

"No, no, no." mi allontanai, prendendo il suo viso tra le mani e poggiando stancamente la fronte contro la sua.

"Non è così. Non mi importa quanti alti e bassi abbiamo. Andrei all'inferno e tornerei, con e per te. Non mi interessa, Autumn. Hai il diritto di provare qualsiasi cosa tu voglia provare. Non voglio che lo affronti da sola. Non voglio che tu mi tenga lontano. Ti amo. Ti amo così tanto, e io- io desidero soltanto che non fossi stata così triste. Ma se sei triste, se rimarrai triste per il resto della tua vita, io ci sarò. Solo, rimani con me. Per favore. Mi dispiace."

"Va tutto bene." sorrise, ma una lacrima le scivolò lungo il viso, sulla polvere, dissolvendosi come se non fosse mai stata lì. "Non voglio rimanere così triste. Non più. Mi ci potrebbe volere un po' per ritornare me stessa e avrò bisogno che tu sia paziente con me, perchè-"

"Lo sarò. Fin quando ne avrai bisogno. Lo sai. La scorsa notte è-"

"è stato a causa della rabbia repressa. Mi hai lasciata soffrire la perdita così a lungo e hai messo da parte i tuoi sentimenti. E ieri sono saliti a galla." annuii, ancora leggermente senza fiato.

"Mi dispiace averti fatto soffrire. Ti prometto che cercherò di fare di meglio. Ecco perchè sono venuta qui; non riuscivo a dormire e immagnavo che forse se l'avessi affrontato, se fossi ritornata dove tutto era andato a puttane, allora mi sarei sentita meglio. Essere in grado di pensare a questo posto e ricordare qualcos altro oltre al dolore, al terreno e a quanto duramente abbia colpito il fianco."

"E ti senti meglio? Ti ricordi qualcos altro?" ci pensò per un paio di minuti, prima di annuire.

"Ricorderò questo. Proprio qui." avvolse le braccia intorno alla mia vita, poggiando la testa sul mio petto. Ero certo che riuscisse a sentire il balzo del mio cuore.

"Oh Dio." dissi e questa volta mi misi a piangere. "Stai lasciando che ti tocchi." la strinsi con più forza, mentre lei annuiva silenziosamente.

"Mi sei mancato. Mi dispiace."

"Va tutto bene. Dio, va tutto bene." la baciai sulla testa, sentendo tutto uscire fuori. Mi stavo lentamente rilassando. Le poggiò il mento contro il petto, posando lo sguardo su di me, con le stelle negli occhi. I suoi occhi, che ora erano meno tristi di quanto lo erano la notte scorsa.

"Ti amo, sai." disse con così tanta felicità che avrei dimenticato tutte quelle volte che non era stata capace di dirlo.

"E io amo te. Tanto, Autumn. Tanto." salì sui miei piedi, lasciando un bacio sulle mei labbra, che scaturì della speranza in me. Diede vita a tutto l'amore che avrei sempre provato per lei.

"Bene. Ora puoi aiutarmi?" si allontanò, stringendo le fasce intorno alle mani.

"Con cosa?" sorrisi orgoglioso, vedendo dei barlumi di lei ritornare a galla. Stava lentamente tornando se stessa.

"Ad allenarmi, ovvio. È passato un po' di tempo, non pensi?"

"Sì. È vero."

Presi i guanti logori, li indossai e mi posizionai davanti a lei, mentre lei sferrrava un colpo dopo l'altro. A volte ci metteva un po' e abbassava la testa, si perdeva nei suoi pensieri, ma ritornava. Ritornava sempre, sorrideva un po' e io sapevo che ci stava provando.

Sempre combattendo. Stando sempre al suo fianco, guardandole le spalle. E, nonostante tutto, mi faceva sentire ancora più indispensabile di quanto lo fossi prima. Mi aveva dato un obiettivo, a modo suo. E in piedi lì, mentre lanciava pugni e calci ai guanti, non potei essere più orgoglioso di poter associare il suo nome al mio.

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