Dangerous [hs]

By __soph

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«Due fumi tossici insieme creano l'ossigeno. Due veleni insieme creano l'antidoto.» Tratto dalla storia: «Non... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
a voi
nuova storia su Harry!

Capitolo 36

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By __soph

Amo la gif più della mia stessa vita.

Lily's pov

Quando Harry mi parla la mia mente è ricondotta all'immagine della neve che si scioglie e del caramello salato che si appiccica alle labbra.
Lui mi guarda sempre, quando mi parla. Mi regala la certezza di avermi come totale centro delle sue attenzioni; ogni tanto si sistema i capelli, sorride e poi torna serio, magari si passa la lingua agli angoli della bocca per stuzzicarmi e sentirmi ridacchiare.

Diventa la colonna portante della mia vita. Lui è sempre lì, si porta sulla schiena il peso del pericolo senza immischiarmi in tutto ciò che potrebbe ferirmi, lo nasconde, maschera tutto con un sorriso. Soffre? Non lo so. Non me ne parla, preferisce ascoltarmi. E io amo parlare con Harry, perché mi capisce senza giudicarmi. Comprende i miei timori, le mie ansie, i miei desideri. Li assorbe e li custodisce per il futuro. Stranamente il fatto che lui conosca ormai ogni mia sfaccettatura non mi spaventa come avrebbe fatto in passato, perché ho imparato a fidarmi delle sue parole.

Mi sono abituata anche al suo veleno. Ogni tanto accade che lui sbotti qualche parola offensiva nella mia direzione, ma solo quando è stanco e nervoso - finiscila, per Dio!
Oppure, ma ci stai mai zitta, tu?
E ancora, chiudi quella bocca, cazzo.
Ho imparato a prendere tutto alla leggera, perché lui è fuoco e fiamme. Impulsivo. Non lo sbatto al varco perché lui dietro gli attimi di debolezza nasconde la preoccupazione per la sicurezza di entrambi.

Hey, tu. Si avvicina con un sospiro, ogni singola volta. Mi sposta i capelli dietro le spalle e mi bacia la tempia, sussurrando scusami, lo sai che sono nervoso.
E io, dannazione, mi sciolgo ad ogni parola. È inevitabile farlo con Harry, che sa esattamente cosa dirmi e come farlo.

"Vieni qui." Mi dice, camminandomi a fianco e afferrando il mio zaino. Se lo issa in spalla e mi sorride. "Andiamo, ti porto a casa."

Le lezioni sono finite anche per oggi, e per fortuna è venerdì. Harry sembra particolarmente rilassato. I suoi occhi brillano di una strana lucentezza. E mentre i nostri passi in corridoio si fanno frettolosi, i miei occhi non possono fare a meno di ammirare il suo profilo tagliente, i ricci intorno alle orecchie, il leggero sorriso che gli incide le guance.

L'unico timore che mi impedisce di intrecciare le nostre dita è quello di apparire soffocante. Spesso me lo fa notare con voce confusa, mi dice che sembro fredda. Non lo sono, Harry, ridacchio per smorzare la tensione, poi lo bacio.

"Ah, senti un po'." Fa lui con atteggiamento cospiratore - non mi guarda, ma posa una mano sul fondo della mia schiena per incitarmi ad accelerare il passo.
"Mi dicono che c'è ancora quel tizio che ti viene dietro."

"Che fai, mi spii?" Trovo il coraggio di sorridergli e posare il capo sulla sua spalla, lasciandomi stringere contro il suo fianco.

"No, certo che no." Mi provoca. "Ma quello non mi piace."

"Se parli di Kendall stai tranquillo, che non piace neanche a me."

Raggiungiamo in fretta la sua auto. Mentre prendo posto sul sedile del passeggero Harry sistema i nostri oggetti nel portabagagli, sbattendo la portiera con forza per raggiungermi velocemente. "Cintura." Mi ricorda con un sorrisetto, mettendosi comodo e cercando le chiavi dell'auto in tasca.
Mi sporgo per lasciargli un bacio sulla mascella, ma lui è lesto a ruotare il viso per far sì che ad essere toccate siano le sue labbra.

"Maledetto."

Mugugna parole confuse, mi mostra un ghigno mentre mette in moto la vettura. Il viaggio si prospetta tranquillo, per cui mi perdo nei miei pensieri.
Questi diventano presto cupi, perché si indirizzano tutti in una direzione ben precisa: Snake Scott.
Sono passate due settimane, lui non si è più fatto vivo e io non mi sono mai sentita oppressa; Harry mi tiene all'oscuro di tutto, ma qualcosa sembra bollire in pentola.
Un boccone amaro mi chiude la gola al ricordo di quelle ore confuse, della disperazione di entrambi, delle urla sguaiate che strappavano il cuore di chi le pronunciava e di chi era costretto ad ascoltarle.
Sono questi pensieri che spesso mi rovinano le giornate, perché dietro i miei sorrisi si è sempre nascosta la consapevolezza di non poter vivere una vita come quella di chiunque altro.

Si aggiungono lo stress scolastico, i complessi e le preoccupazioni, le bugie e i segreti che non posso rivelare alle persone che mi circondano e che amo.

È successo anche che io iniziassi a chiedermi cosa avessi fatto di male per essere costretta ad incassare così tanti colpi. La mia vita mi mette costantemente di fronte a nuovi ostacoli, ma per dimostrare cosa?
È iniziato un periodo felice, i miei momenti di debolezza sono ridotti in polvere dai sorrisi e dalle parole di Harry.

E quindi mi chiedo, è possibile provare gioia negli attimi peggiori?

Quando mi volto verso il ragazzo al mio fianco, noto che anche lui si è fatto cupo - ma non esattamente per lo stesso motivo che mi ha portata ad imbronciarmi. Non gli domando niente, perché decido invece di puntare lo sguardo sullo specchietto retrovisore e osservare ciò che accade fuori dal nostro piccolo bocciolo di pensieri.

E sarò e ripetitiva - lo sono sempre stata - ma se c'è una cosa che la gente non mi può rinnegare, quella è la mia capacità di captare i dettagli più insignificanti, apparentemente innocui.

"Harry?" Mormoro e appaio confusa, sebbene fin troppo consapevole.

"Lo so." Mormora. "L'ho vista."

Mi appoggio al sedile, irrigidendomi con le mani strette in grembo. Rimango in silenzio per non turbare il ragazzo al mio fianco, premendo le mie labbra tra di loro e impedendo a qualsiasi suono di lasciare la mia bocca.
Lentamente e intensamente il calore raggiunge la mia pelle e la fa formicolare, l'inquietudine mi azzanna le mani e lo stomaco, l'adrenalina pompa totalitaria e pretenziosa nelle mie vene: il mio cuore inizia a battere a ritmo crescente nel costato, ma nascondo tutto ciò dietro le palpebre chiuse.

"Ci sta seguendo da un po'." Sibila Harry, osservando con occhi attenti l'auto nera che procede a debita distanza dalla nostra.
Prendo un respiro profondo e mi muovo a disagio sul posto, portandomi una mano sulla fronte.

"Stai tranquilla." Mormora Harry, che non distoglie lo sguardo dalla strada.
"Finché sei con me non succederà niente."

"Cosa facciamo?" Mi azzardo a chiedere, mantenendo un tono di voce basso e calmo. Il tempo mi ha insegnato a controllare le tensioni che si agitano nel mio ventre in momenti di panico, permettendomi così di mantenere sangue freddo a sufficienza per ragionare.

Harry non risponde, e mi consolo ripetendomi che se non parla è perché non ha bisogno di farlo, perché sa già come agire e perché non vuole gettarmi nella totale inibizione dei sensi.
Osservo le sue mani stringersi con maggiore forza intorno al volante, e l'intensità della presa aumenta parallelamente all'accelerare dell'auto: il sibilo del motore si trasforma presto in un forte rombo costante.

La vettura che ci sta seguendo mantiene una distanza di sicurezza dalla nostra ma essendo i finestrini oscurati, Harry non è in grado di scorgere chi si nasconde al suo interno.
Mantiene comunque un'espressione gelida e completamente controllata, regalandomi una parvenza di rilassatezza.

"Dove stiamo andando?" Domando a bassa voce quando lui svolta strada, cambiando lentamente marcia e tenendo la mano destra aperta sopra la coscia.

"Rilassati. Sto cercando di capire perché ci stanno seguendo."

"Ci faranno qualcosa?"

"Non penso. Vogliono controllare i nostri spostamenti."

Annuisco, deglutendo un grumo di saliva e rilassando i muscoli tesi del ventre. La voce e la presenza di Harry sono in grado di calmarmi per qualche istante, cosicché io possa tornare a posarmi contro lo schienale del sedile. Trascorrono minuti terrificanti. I nostri sospiri agitati riempiono il grande abitacolo, gli occhi di Harry rimangono fissi sulla strada e i suoi muscoli si fanno man mano tesi, letali, pronti a scattare.

Osservo l'auto nera continuare a seguirci, mi porto una mano alla bocca e ingoio un sospiro. L'ennesimo.

"Guarda." Fa poi Harry, "stiamo girando a vuoto. Vogliono trovare il nostro ritrovo."

"Non lo conoscono già?"

Harry sorride di scherno. "No, Lily."

È teso, i suoi lineamenti sono distorti dall'inquietudine che è lesto a nascondere. Accade però che Harry, guidato dalla totale incoscienza e impulsività, decida di rischiare.

"Vediamo cosa succede." Sussurra tra i denti, rallentando poco a poco e accostando lentamente l'auto a lato della strada.

"Ma cosa stai facendo?" Sbotto col cuore in gola, irrigidendomi contro lo schienale e avvolgendo entrambe le mani ai lati del sedile.

"Non parlare." Ringhia. "So cosa sto facendo."

Si sporge verso di me, avvolgendo il mio volto tra le mani e premendo le sue labbra contro le mie, già schiuse per la sorpresa. Inspiro di scatto e oppongo resistenza a causa dell'attrito, ma Harry geme contrariato e mi ricopre la pelle di sospiri febbrili. Sa quello che fa, lo sa davvero: l'auto ci supera velocemente, e dopo poco sparisce a fine strada.

Allora chiudo gli occhi e mi rilasso tra i suoi palmi bollenti, nutrendomi del leggero schiocco che ci stuzzica le orecchie quando si allontana di poco per guardarmi in viso. I suoi pollici mi accarezzano gli zigomi mentre sussurra che ti avevo detto?

"È stato rischioso." Mormoro, la voce ancora mi trema.

"Lo so."

Annuisco, mostrandogli un piccolo sorriso e rilasciando un teso sospiro.
"E adesso?"

"Adesso andiamo a casa, ché gli abbiamo dato una falsa posizione. Torneranno a cercarci qui."

Quando mettiamo piede nel salotto di casa mia, la tensione viene finalmente rilasciata dal mio corpo scosso. Gli attimi di panico sono stati brevi ma intensi, ed Harry è riuscito a mantenere calma sufficiente a tirarci fuori dai guai.
Mi getto i capelli dietro le spalle e poi chiudo lentamente la porta, mormorando al riccio di posare gli zaini vicino all'ingresso.

"Ceni con noi stasera?" Domando scherzosa, legandomi i capelli con movimenti distratti. Harry mi mostra un sorriso assassino. "Non penso sia una buona idea."

"Dici che dovrei parlare a mia madre di noi?" Gli chiedo in un secondo momento, sedendomi sul bracciolo del divano e guardandolo con occhi attenti. Si passa una mano fra i capelli, e solo adesso mi rendo conto di quanto questi siano realmente cresciuti da quando l'ho visto la prima volta: le ciocche scure arrivano a sfiorargli la pelle abbronzata del collo.

"Se te la senti." Fa spallucce. "Pensi che reagirà bene?"

"Non ne ho idea." Ridacchio e lo guardo avvicinarsi. L'aria fuori odora di pioggia e terra bagnata, segno della tempesta che preme per sorgere.

"Insomma, diciamo che fin'ora non le hai fatto un buona impressione."

Il fatto che io stia rigirando il coltello nella piaga non lo provoca come avrei voluto, perché si limita a sorridere e a scuotere la testa. Si sistema tra le mie ginocchia, stuzzicandomi le labbra con i polpastrelli. Mi guarda dall'alto.

"Ti sono cresciuti i capelli." Borbotto per dar voce ai miei pensieri, afferrandone una ciocca e rigirandomela tra le dita. Harry sorride ma non si esprime quando la faccio scorrere tra le falangi, allungandola per quanto possibile: dalla fronte arriva a toccargli le labbra. Successivamente la lascio andare e quella si arriccia di nuovo, tornando a posarsi appena sopra le sue sopracciglia aggrottate dal divertimento.

Una risata separa le mie labbra ed Harry ne approfitta per far sgusciare il pollice tra di esse e far scorrere il polpastrello caldo sulla lingua: arretro per la sorpresa e lui è colto da una risatina mentre mi osserva gettarmi di schiena sul morbido divano blu notte.

Il suo sorriso illumina l'intera stanza. Accarezzo le fossette comparse sui suoi zigomi quando si sistema tra le gambe divaricate, scaricando il suo peso sui gomiti e baciando il mio mento e il mio collo. Piano, lentamente, ché vuole coccolarmi come sa fare bene lui.

"Kendall non mi piace solo perché sono geloso." Confessa con un sorriso, mappando la mia pelle di brividi e saliva. Il suo corpo è pesante sopra il mio, ma la sensazione di calore non è sostituita nemmeno per un istante da quella di disagio. Getto il capo all'indietro per concedergli maggiore accesso e per pregarlo col mio silenzio di far scivolare le sue labbra sulla pelle sensibile della gola.
Le mie palpebre sono improvvisamente stanche e pesanti, le risatine che fino a pochi secondi fa risuonavano tra queste quattro mura adesso non sono altro che sospiri.

Harry accoglie la mia supplica solleticandomi il mento coi capelli; la sua lingua scorre sulla mia pelle e le sue labbra avvolgono la carne nel loro umido bocciolo di calore. Il suo respiro febbrile è poi l'elemento scatenante, ciò che impedisce alla mia bocca di trattenere un piccolo gemito inconsulto. Gli avvenimenti precedenti sono stati completamente rimossi.

"Ti piace quando faccio questo?" Mi chiede a bassa voce, risucchiando delicatamente la pelle sensibile della mia gola. Le mie mani sono premute fortemente contro la sua schiena inarcata per assorbirne il calore e la durezza, per seguirne i movimenti, per percepire i suoi muscoli contrarsi sotto la pelle tesa.

Momenti simili io e Harry già ne abbiamo avuti, lui è già in possesso degli strumenti che gli permettono di farmi perdere totalmente la testa - che siano i piccoli baci, i sussurri, il calore umido della sua bocca.

Harry, semplicemente, è consapevole di ciò che è capace di scatenare. Col tempo ha imparato a conoscere le mie reazioni alle sue carezze; ha studiato ogni mio sussulto per custodirlo e usarlo in futuro: brama la mia resa ad ogni bacio. Sarà per il modo in cui mi guarda, per il calore che mi trasmette, per la totale inibizione nella quale mi getta, ma mai mi è parso più bello arrendermi tra le mani di qualcuno.

In cambio mi ha concesso di rendere miei anche i suoi sospiri, i suoi gemiti: so che gli piacciono le mani tra i capelli, i baci sotto l'orecchio, le dita a scorrere sul ventre.
Ci conosciamo un po' di più ogni istante.

Mai è accaduto che Harry si spingesse oltre i miei limiti, quelli che ho posto senza bisogno di espletarli con l'uso della voce: sa esattamente il momento opportuno per fermarsi, si lascia guidare dalle mie mani che, timide, lo esortano ad allontanarsi - ma non questa volta, perché interpreta i miei gemiti nel modo sbagliato.

E sarà per la stanchezza che domina sul suo viso, sarà l'impazienza e sarà il desiderio, saranno l'incoscienza o l'istinto: la sorpresa mi coglie nel mezzo di un sospiro quando la sua mano destra, lenta e curiosa, si sposta tra le mie cosce divaricate e le sue dita prendono ad accarezzare la carne più sensibile sotto il tessuto morbido dei miei pantaloni.

Gli sfugge il mio mugolio strozzato mentre mi bacia, non si accorge dei miei muscoli che si serrano in una morsa terrificante. Rimango così: congelata sotto il suo corpo bollente.

Il disagio si irradia in ogni cellula del mio corpo quando i suoi polpastrelli applicano una pressione maggiore contro il mio centro palpitante, quando i suoi sospiri si fanno febbrili e i suoi gemiti più profondi. Le mie mani rimangono serrate contro la sua schiena rigida, ma iniziano presto a sudare e sussultare cripticamente.

In un istante miliardi di pensieri mi intossicano la mente e quella si confonde perché cerca di riordinare ognuno di essi: che diavolo sta succedendo? Perché Harry mi sta toccando? E perché mi sento soffocare dal disagio e la vergogna?

Chiudo gli occhi e inspiro di scatto, cercando di far sparire tutto: è solo Harry, mi ripeto. Perché dovrei sentirmi così sbagliata, se è solo Harry che mi sta toccando?

"Oh, piccola." Bisbiglia contro la mia bocca, serrando di scatto gli occhi e tirando il mio labbro coi denti.
Uno strano peso si posa sul mio petto e il suo corpo si fa soffocante, ma il terrore di apparire ingenua blocca qualsiasi mio movimento: le lacrime mi bagnano velocemente gli occhi, perché mai mi sono vergognata in tal modo in vita mia.
E mi sento sbagliata per questo - non voglio che Harry pensi che non lo desideri, ma la sensazione per me è nuova e spiacevole. Le mie mani tremano, le labbra mi si inceppano, non riesco a baciarlo.

"Harry." Mormoro supplicante - ho il respiro spezzato, ma lui coglie i miei indizi nel modo sbagliato: li interpreta come incitamento a proseguire.

Il suo viso si nasconde nell'incavo del mio collo, il cuore mi parte al galoppo: tum tum tum tum tum.

Le sue dita diventano insistenti, cercano maggior contatto quando stuzzicano e applicano pressione contro la carne palpitante in mezzo alle mie gambe.

"Lil." Mormora il mio nome ancora e ancora, e io non l'ho mai percepito così distante: tutto, in questo momento, è sbagliato. Il mio disagio, la sua insistenza, il mio panico e la sua totale incoscienza.

Tutti lo fanno, mi ripeto con il respiro rotto. È normale che Harry senta il bisogno di avere di più.

Non ne vengo rassicurata, ma finisco per iniziare a boccheggiare. Apro gli occhi e li sento farsi lucidi, fissi sul soffitto bianco latte. Mi muovo a disagio sotto Harry, cerco con disperazione il suo polso e lo avvolgo con le dita che tremano. Sussurro il suo nome. "Basta, Harry, per favore."

Lo mormoro così piano che lui fatica a sentirmi, a percepire la mia voce - tutto perché mi vergogno come avessi commesso peccato, a rifiutarlo. Sono impacciata anche quando tento di sgusciare via dalla posizione scomoda in cui mi trovo, ma la sua stazza è tale di impedirmi il movimento.
Harry si solleva sui gomiti e apre gli occhi, fissando i miei sfuggire dal suo sguardo. Il mio cuore muore e rinasce ad ogni battito sordo che mi scuote il petto insieme ai sospiri; premo i palmi contro le sue spalle e lo prego di spostarsi.

Leggo la confusione nei suoi occhi quando accoglie la mia richiesta frenetica, facendosi da parte per permettermi, finalmente, di alzarmi. La sua mano è però veloce ad afferrare il mio polso quando tento di allontanarmi da lui.

"Lily? Hey, Lil."

"Dammi un attimo, ti prego." Strappo con veemenza - più di quanta ne volessi - il mio polso dalla sua presa, voltandomi per non permettergli di osservare la vergogna sul mio viso.
"Scusami." Sussurro poi, coprendomi gli occhi con le mani e prendendo un respiro profondo, ché la voce rischia di rompersi per l'affanno.

"Che è successo?" Mi domanda dopo qualche istante di silenzio, posando una mano sul fondo della mia schiena.
"Ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare?"

L'inquietudine nella sua voce mi spezza il cuore, strappa la carne del mio petto. Mi lacera la gola.
Non rispondo, ma lui ha già capito che è così perché ancora non trovo il coraggio di guardarlo.

Sento il suo petto sfiorarmi la spalla.
"Mi guardi, per favore?" Supplica a bassa voce, spostando alcune ciocche di capelli dalla mia fronte per ravviarle delicatamente dietro le mie orecchie. Deglutisco, sospirando per rilassare i muscoli tesi. Faccio scivolare poi le mie mani lungo i fianchi, alzando il viso timidamente per permettere ai suoi occhi di leggere il disagio inciso su di esso. Le sue iridi si riempiono di rimorso.

"Forse..." ho la bocca asciutta, "forse dovresti andare, ora."

"Aspetta." Mi ferma, stringendo entrambi i miei polsi per tenerli fermi lungo i miei fianchi.

"Mi dispiace. Non avrei dovuto farlo."

"Va tutto bene, Harry." Tento di rassicurarlo, ché mi sento responsabile dei suoi sensi di colpa anche se non dovrei - io non ho fatto nulla di male.

"No, no che non va bene." Mi avvolge il viso tra i palmi, osservandomi freneticamente.
"Non mi guardare così." Mormora.

"Non ti sto guardando in nessun modo."

La mia pelle va a fuoco.

"Non avrei dovuto." Ripete, "non volevo metterti a disagio - guardarmi, hey," è agitato, più agitato di me che sono fin troppo calma, "mi dispiace."

"Harry, non devi chiedere scusa-"

"Sì che devo farlo."

"Non ce n'è bisogno."

"Allora cosa c'è che non va?" Se ne esce fin troppo infervorato, perché mi sente distante. Mi sente fredda.

"Sono io che-" e chiudo gli occhi, la mie voce rischia di rompersi, "sono io che non so cosa mi è preso, scusami, Harry, io- non è colpa tua, non pensare che io non ti voglia." Mi allontano dalle sue mani perché vengo sopraffatta dal terrore di perderlo a causa dei miei troppi complessi. Sono stancante.

"Dove vai? Vieni qui." Mi raggiunge di nuovo, stringendomi il mento tra le dita. "Per cosa ti stai scusando?"

Scuoto la testa, un nodo in gola si stringe e mi impedisce di respirare nel modo corretto. Ansimo.

"Non lo so."

"Lo sai, Lily; lo sai."

"Mi sento un po' una stupida, adesso." Bisbiglio guardandolo dritto negli occhi. I suoi pollici mi accarezzano piano la pelle arrossata degli zigomi - ma è il suo leggero sorriso a rassicurarmi davvero.

"Non devi." Si esprime in totale sincerità. "Ma avresti fatto bene a dirmelo subito, capisci? Non lo avrei fatto se avessi capito di farti sentire a disagio." Mi bacia le palpebre chiuse.
"Smettila di vergognarti di dirmi le cose."

"Non voglio che tu pensi che io-"

"Io non penso niente." Risponde immediatamente, mentre io avvolgo le braccia intorno al suo busto. A poco a poco il mio cuore torna a battere a ritmo regolare. "E io di qui non me ne vado."

Tanto per farvi capire come sono i capelli di Harry a questo punto della storia:

Amore.
Domani finalmente andrò al concerto di Harry dopo anni di tentativi e delusioni! (Ché io non sono mai riuscita a beccare manco mezzo biglietto per ANNI, quando ancora esistevano i 1d. e tante lacrime), fidatevi se vi dico e vi prometto che arriverà anche il vostro momento. Quando meno ci sperate.

Anyway, tengo particolarmente a questo capitolo perché ha una sensibilità particolare, boh, i like it. Datemi un parere.

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