20.

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CONTRASTI

Aprì gli occhi nella sua piccola stanza, ex cella. Non uno spiraglio di luce solare proveniente dal mondo esterno, solo le zaffate della muffa e del legno corrotto che parevano pugni nello stomaco, ancora sotto sopra, la bocca una mistura putrida di acido vino bevuto a profusione la sera prima, la testa un rintoccare di campane che lo fecero sussultare, riportandolo ad altri atroci ricordi. Era il risultato della sua assurda serata.

Quanto diamine ho bevuto!

I conati erano un chiaro indizio che molto non iniziava nemmeno a definire il concetto.

Hamara!

Si sollevò dal letto quasi spiritato, gli occhi sgranati.

Cosa... cosa è successo?

Cercò di mettere a fuoco i pensieri, il martellare delle tempie non gli dava tregua, ma doveva ricordare.

Si sforzò.

Sono andato via con lei dalla taverna.

Questo lo ricordava.

Poi?

Si! Lei lo aveva portato a casa sua.

Per quale diamine di motivo l'ho seguita! E cosa è successo?

Con le mani tremolanti agguantò la caraffa sul tavolino vicino il letto, l'acqua quasi riversata a vuoto nella furia di riempire un bicchiere.

Bevve velocemente, ne bevve un altro e un altro ancora. Raccolse le gambe contro il petto, le mani a formare un anello intorno a viso per cercare di focalizzare gli eventi.

Ora cominciava ad essere tutto meno nebbioso. A casa di Hamara aveva continuato a bere e parlare con quella sconosciuta, non ricordava nemmeno di cosa, l'unico pensiero dimenticare Daario e Daenerys insieme.

Si portò una mano sulla bocca cascante.

Quella donna mi ha... mi ha baciato! Cosa ho fatto dopo!

Il pensiero di avere avuto un rapporto intimo con lei cominciò a farlo stare davvero male. Scavò veloce nei meandri della sua mente.

No! Un sospiro di sollievo!

Non è successo niente!

Ora ricordava molto bene. Hamara si era levata dalla sedia e gli aveva appioppato di colpo un languido bacio, ma quando la situazione aveva cominciato a farsi più audace, le mani di lei che iniziavano a trafficare con i lacci delle sue brache, alla ricerca di qualcosa di molto di più, lui si era alzato di colpo, la sedia ricadente fragorosamente sulle assi di legno del pavimento.

"Scusami... non posso": erano state le sue testuali parole, mentre si riallacciava velocemente i pantaloni.

Lei aveva insistito, cercando di abbracciarlo.

"Mi piaci, ti voglio" gli aveva detto, ma lui l'aveva respinta gentilmente ed era andato via, non un momento di più avrebbe potuto resistere in quella casa, nonostante la confusione dovuta al vino.

Che diamine mi è preso! Io non sono così!

Si disperò, cercò di spiegare a sé stesso quel suo modo di agire e sì! Dovette ammettere che tutto quello che aveva detto e fatto il giorno precedente era stato per ferire Daenerys.

Come se a lei importasse! Lei vuole Daario!

Perchè mai lui avrebbe dovuto continuare ad esserle fedele come un cagnolino?

Poi, tuttavia, si rese conto che qualsiasi suo agire a lei sarebbe stato indifferente: l'unica persona che avrebbe davvero ferito sarebbe stato solo e unicamente sé stesso, andando contro tutto quello in cui aveva sempre creduto.

Immerso in tali elucubrazioni aveva del tutto dimenticato che avrebbe dovuto essere, già da molto tempo, nella sala delle mappe per una riunione con Daenerys e Daario.

Nuovo sussulto!

 Abbandonò il letto come una furia, infilò le prime brache spaiate dalla colore della camicia, aprì la porta correndo come un pazzo, gli stivali inforcati nei corridoi della piramide.

Entrò di colpo nella sala. 'Scusate il ritardo ', il viso chino per il fiatone, senza nemmeno guardare, pensava di trovare Daario e Daenerys.

Invece c'era solo una regina molto ma molto spazientita.

'Benvenuto! Spero ti sia divertito ieri sera, visto il tuo colossale ritardo alla riunione', gli occhi di Daenerys due dardi pronti ad incendiarlo, se solo avesse potuto.

'Mi dispiace tanto, scusami, non succederà mai più, hai la mia parola.'

'Lo spero bene', il tono di Daenerys rimaneva comunque stentoreo e molto irritato. 'Sei parte della mia guardia personale, le notti sono tue per carità, puoi fare quello che piu ti aggrada, ma al mattino esigo che tu sia perfettamente in grado di intendere e sia puntuale.'

'Hai ragione, me ne rendo assolutamente conto. Perdonami, non accadrà un'altra volta.'

'Evidentemente la baldoria e la lussuria di ieri sera ti hanno tolto il senso del dovere', alzò gli occhi al cielo, pronunciando quelle parole con tono aspro.

Quel modo di parlare così risentito aprì le porte ad una rabbia inaspettata. 'Si! Ho trascorso una piacevole serata!'

"Non è vero, ma cosa importa!"

'... E mi scuso ancora e sentitamente per il ritardo, ma solo per quello! Non credo di doverti comunicare le mie attività notturne' dichiarò veemente, con tutta la cattiveria che non pensava di poter esprimere verso di lei.

La stessa Daenerys stentò a riconoscere Jon Snow in quella persona che aveva appena parlato.

'Non ti ho mai più chiesto o detto nulla dopo aver saputo di Daario. Entrambi facciamo quello che vogliamo, giusto?'

Daenerys trascese a quelle parole, non riusciva a capire bene cosa Jon intendesse, a cosa si stesse riferendo di preciso. Lei non poteva immaginare il carteggio di bugie orchestrato da Daario a sua insaputa.

'Non... non capisco cosa stai dicendo' chiese dubbiosa.

'Cosa non capisci! Io sono libero, per quanto mi sia possibile, di fare quello che voglio, così come fai tu...'

Lei lo guardò furiosa. 'Questa è una certezza' l'ira di Daenerys aveva valicato gli argini oramai. Gli voltò le spalle e, a passo veloce,  andò via senza rivolgergli più parola.

Jon, invece, restò particolarmente sconcertato dell'atteggiamento di lei, ma, in tutta onestà, non riusciva a capirne le motivazioni.

Ice and Fire: il principe che fu promessoWhere stories live. Discover now