86: Gufi che vanno, gufi che vengono

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7 Febbraio 2004

Hermione's p.o.v.

È difficile alzarsi dal letto, di sabato mattina, quando tra le lenzuola calde c'è la persona che si ama e fuori cade un'abbondante nevicata.

Draco e io ci siamo svegliati prestissimo e ci abbiamo provato due volte, prima di cadere di nuovo sul materasso in un intrico di arti nudi e fare l'amore. Di nuovo.

Al terzo tentativo finalmente riusciamo a sfuggire alle grinfie delle coperte e a trascinarci fuori dalla stanza, diretti alla Sala Grande per una colazione ormai piuttosto tardiva.

Molti ragazzi sono ancora intenti a riempirsi lo stomaco, chiaramente poco desiderosi di mettersi a studiare, ma il tavolo dei professori è quasi deserto.

Septima e Pomona ci sorridono da sopra le rispettive tazze di tè quando ci sediamo.

Abbiamo appena iniziato a mangiare quando un gufo mi atterra davanti porgendo la zampetta. Slego il rotolo di pergamena e riempio un piattino di biscotti sbriciolati per il volatile.

«È di Harry» commento, notando la calligrafia con la quale è scritto il mio nome sul bordo.

Cara Hermione, ti scrivo prima di andarmene finalmente a dormire. Sono così stanco che ci vedo doppio, quindi perdona eventuali errori di ortografia.

Finalmente ieri sera Goyle ha confessato e ci ha rivelato i nascondigli dei suoi compari. Stanotte sono stati organizzati dei blitz e siamo certi di aver catturato tutti i membri più importanti della setta di puristi e buona parte dei pesci piccoli.

Insomma, d'ora in avanti possiamo dormire sonni tranquilli, ed è proprio quello che farò tra pochi minuti.

Cerca di rendere il furetto presentabile, stasera.

Harry

Chissà cosa intendeva con l'ultima frase? Perplessa, arrotolo la pergamena e mi affretto a riferire a Draco le ultime novità riguardanti gli incappucciati.

«Che impegni hai stamattina?» chiede lui quando ci alziamo e ci incamminiamo lungo il passaggio tra i tavoli degli studenti.

«Ho un milione di saggi da correggere» gemo. Con tutto quello che è successo negli ultimi giorni, ho lasciato indietro parecchio lavoro.

Lui ridacchia sotto i baffi.

«Ah, io credo che andrò ad allenarmi nella Stanza delle Necessità, invece.»

Gli do un pugno scherzoso sulla spalla.

«Comodo fare il professore di Volo, eh?»

«Ah, guarda, se vuoi puoi passare il pomeriggio sulla scopa a cercare di ficcare tattiche e posizioni di Quidditch nella zucca dura di alcuni dei nostri più brillanti esempi di intelligenza mentre la neve ti si accumula addosso, mentre io correggo i tuoi compiti davanti al caminetto.»

«Non fare la vittima, lo so che non ti dispiace startene fuori all'aria aperta, anche con questo tempaccio.»

«Vero, ma ci sono posti migliori dove mi piacerebbe stare, con questo tempaccio.»

Nel calore del suo sguardo c'è tutto ciò che non può dire a voce alta in un atrio pieno di studenti e mi trovo a perdermi nel suo sguardo di carta stagnola.

«Ehm-ehm.»

Il suono di qualcuno che si schiarisce la voce mi fa sobbalzare e avvampare. Chissà da quanto tempo eravamo lì, intenti solo l'uno nell'altra mentre il mondo ci scorreva intorno.

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