77: Chiediti perché

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3 Febbraio 2004

Draco's p.o.v.

I corridoi del castello sono silenziosi, e di questo sono grato.

Oggi le lezioni sono sospese e gli studenti sono nei rispettivi dormitori, a riposare e cercare di metabolizzare quanto successo e perfino i fantasmi se ne stanno rintanati da qualche parte fuori vista. I segni della battaglia "decorano" i muri, i pavimenti, i soffitti, segnali tangibili del perché è meglio che io faccia ciò che ho intenzione di fare.

Se non fosse stato per me, tutto questo non sarebbe successo. Se fossi la brava persona che Hermione si illude io sia, quella che lei vuole difendere a tutti i costi davanti al mondo, se fossi il bravo cittadino che il Ministero ha sperato io diventassi quando mi ha comminato una pena breve ad Azkaban, se fossi l'uomo degno di una seconda possibilità che Minerva ha erroneamente visto in me quando ha deciso di affidarmi un lavoro qui a Hogwarts, avrei trovato il coraggio di affrontare le conseguenze, di fronteggiare l'incredulità e il sospetto, e avrei denunciato Nott dopo la prima convocazione.

Io non sono una brava persona, però, non sono un buon cittadino e la mia seconda possibilità l'ho buttata nel cesso.

È ora di liberare questo Paese della mia stupida presenza.

È ora di liberare Hermione dell'ingombro della mia sagoma nel suo cuore, del peso della mia presenza nella sua vita, dalla necessità che sente di farmi da balia e sorvegliante.

E, soprattutto, di liberare me stesso dalla sua condiscendenza, prima che frantumi del tutto quel poco che è rimasto di me.

La parola d'ordine per accedere all'ufficio della Preside è amara sulla mia lingua.

Una volta in cima alle scale, busso sullo stipite della porta e muovo un passo all'interno della stanza, dove so per certo che troverò Minerva McGrannitt. Solo la morte, probabilmente, potrebbe distoglierla dai suoi doveri. Anzi, penso sollevando lo sguardo sui ritratti degli altri presidi della scuola, che mi salutano con brevi cenni della mano, nemmeno quella ci riuscirebbe.

La vedo alla finestra, che guarda i fiocchi di neve che danzano leggeri nel vento, e per un attimo mi appare stanca e curva.

Mi schiarisco la voce.

«Preside, una parola, per cortesia.»

Lei si volta e la linea già sottile delle sue labbra si stringe ulteriormente.

«Draco. Prego, accomodati.»

Mi siedo davanti alla scrivania e lei in pochi passi mi raggiunge. Prima che io possa dire alcunché, si china ad aprire un cassetto, dal quale estrae un involto lungo e stretto, che poggia sul tavolo, spingendolo verso di me.

«La tua bacchetta» dice semplicemente, e io mi affretto a liberarla dalla stoffa nella quale è stata avvolta e a infilarmela nella manica.

«Credo di doverti delle scuse» mi dice quando torno a sollevare lo sguardo. «Sono stata affrettata nel mio giudizio, e non avrei dovuto.»

Scrollo le spalle, rendendomi conto da solo di quanto il gesto sia amaro, più che noncurante.

«Credo però che anche tu ne debba a noi, a me» prosegue lei, guardandomi con la stessa espressione che usava quando era la professoressa di Trasfigurazione per intimidire gli studenti dei primi anni. «Ti ho dato fiducia, Draco, ma tu non hai ritenuto opportuno ricambiarla. Hai preferito stare in silenzio piuttosto che confrontarti con me, raccontarmi cosa stava succedendo. Di fatto, hai fatto il gioco delle persone che volevano fare del male a tutti noi e a te... e ci sono quasi riuscite» conclude, con un ampio gesto della mano a indicare l'edificio che ci circonda. Non si vede alcun segno della lotta che ha colpito altre parti del castello, qui, ma è come se l'aria stessa fosse ancora pregna di quei botti e di quelle grida.

After Dark - A Dramione Story #Wattys 2019Where stories live. Discover now