55: Una goccia del mio amore

3.8K 185 28
                                    

28 Gennaio 2004

Pansy's p.o.v.

È ancora buio quando mi sveglio. Mi capita spesso, da quando sono una Medimaga: le notti passate ad accudire persone bisognose di costante sorveglianza mi costringono a un'allerta perpetua, che il mio stupido cervello non sembra in grado di mollare nemmeno quando non sono di turno.

Stanotte c'è qualcosa di diverso dal solito, però.

Un braccio intorno alla vita, un respiro pesante che mi solletica il collo, appena sotto l'orecchio. La consapevolezza di quel che è successo, di chi sta dormendo accanto a me, scaccia le ultime nebbie del sonno.

Ronald Bilius Weasley.

Sento le labbra tendersi in una specie di sorriso a metà tra il sarcastico e il soddisfatto. È tipico di quella sequela di ironiche contraddizioni che è la mia esistenza, che una delle scopate migliori della mia vita sia stata con una delle persone che più ho disprezzato per tutta l'adolescenza. Con una delle persone che più rappresentano un modo di pensare opposto al mio.

Beh, poi... "una" delle scopate. No, farei meglio a dire due. Beh, tre, penso sogghignando, se contiamo anche quella in cui mi ha fatta venire per due volte di fila con le dita e la lingua.

Non si può certo dire che l'Auror sia carente per quel che riguarda il vigore.

Allungo la mano verso il comodino, dove ricordo di aver posato la mia bacchetta in un punto imprecisato della nottata, e proietto un incantesimo dell'ora. Sono le cinque passate. Tempo di sgattaiolare in infermeria, prima che Poppy si accorga che non sono lì. Nessuno dei rompiscatole in infermeria aveva bisogno di sorveglianza, stanotte, ma non è comunque il caso che il vecchio drago mi becchi a dormire altrove.

Cerco di sfilarmi con delicatezza dal braccio di Ron, per non svegliarlo. Lui e Hestia Jones soggiornano in due aree diverse del castello, quindi il suo capo non si accorgerà mai che non ha passato la notte nella sua stanza, inutile interrompere il suo sonno.

Quando mi muovo, però, sento il braccio contrarsi, stringere la presa.

«Dove vai?» chiede, con voce meno impastata di quel che avrei pensato.

«È quasi mattino, devo tornare in infermeria.»

Mi accarezza il ventre, il seno.

«Non puoi restare ancora un po'?»

Sospiro, iniziando a fremere sotto il suo tocco.

«Mi piacerebbe, ma non è il caso. Poppy mi uccide se scopre che non sono nella mia stanza.»

«Peccato» risponde lui e, anche se le candele si sono consumate e il camino è ridotto a un mucchio di braci, lasciando la stanza in una condizione di oscurità quasi totale che non mi permette di vedere la sua espressione, sento il sorriso e il desiderio nella sua voce. «Sai, la mattina sono più, come dire... attivo rispetto alla sera.» La sua mano ora è tra le mie cosce e io sento le mie obiezioni affievolirsi.

«Non dovrei...»

«Non dovresti, ma vuoi, non è vero?» chiede, e le dita che scivolano dentro di me sono le fautrici della mia disfatta.

Quando mi gira su un fianco, facendo aderire il suo lungo corpo al mio e strusciandosi da dietro, mi rendo conto che, in fondo, a una ramanzina di Poppy posso sopravvivere. A un altro istante senza averlo dentro di me... no.

Quasi due ore più tardi sgattaiolo con passo felpato nell'ingresso dell'infermeria. Non oso nemmeno respirare finché non ho la porta della mia stanza fermamente chiusa alle mie spalle.

After Dark - A Dramione Story #Wattys 2019Where stories live. Discover now