18: Non scappare da chi sei

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20Novembre 2003

Draco'sp.o.v.

Mi sbatto la porta alle spalle e corro lungo il corridoio. Corro, corro giù per le scale, coi piedi che volano sui gradini fino all'atrio. Lo attraverso incurante dei ragazzini che si stanno radunando per la cena, senza quasi notare gli sguardi stupiti che mi lanciano. Corro fuori, ignorando il freddo e la pioggia lieve che cade da stamattina. I miei piedi scalzi scivolano sull'erba, si feriscono sui sassi, ma non mi fermo. Raggiungo il lago, lo aggiro e supero Hogsmeade, continuando a correre sulla brughiera. È quasi buio e vedo a malapena dove sto andando, ma non importa. L'importante è correre, correre fino ad annullarmi nello sforzo, fino a sciogliermi nella pioggia.

Non voglio la pietà di Granger, non voglio la pietà di nessuno. Voglio solo poter vivere in pace, ma quando ho visto quella maledetta cicatrice sul suo braccio ho capito che non è possibile. Ho capito che i segni di ciò che ho fatto sono indelebili e mi perseguiteranno qualunque cosa io faccia ora.

Non c'è posto per me, qui e non so perché la Mc Grannitt abbia deciso di illudersi del contrario.

Quando finalmente torno al castello, perché non ho altra scelta, è buio pesto, qualche fiocco di neve ha iniziato a scendere mischiato alla pioggia e sono fradicio.

Data l'ora i ragazzini sono già tutti a letto e gli antichi corridoi di pietra echeggiano delle voci del passato.

Sono altre, però, le voci che sento nella mia testa. Una in particolare. Quella di Hermione Granger che urla e urla e urla, mentre mia zia la tortura. Mentre le incide nel braccio una parola che non può essere cancellata, forse dalla pelle sì, ma non dal cuore e dalla mente.

In mezzo ai ricordi che non posso scacciare, riesco a malapena a scorgere dove vado, mentre scendo le scale fino ai sotterranei.

Quando giro l'angolo, per diversi istanti non mi accorgo di lei.

Siede a gambe incrociate davanti alla mia porta, uno scialle pesante sulle spalle e un libro tra le mani. Sopra l'orecchio ha incastrata la bacchetta, con la punta illuminata per far luce sulle parole che sta leggendo.

Nonostante tutto, la cosa mi strappa un mezzo sorriso: potrebbe esplodere il pianeta, e lei continuerebbe a leggere fino all'ultimo istante.

Il divertimento svanisce come è arrivato, però: non ho voglia di parlare con nessuno, tantomeno con lei.

«Eccoti. Iniziavo a preoccuparmi» mi dice.

Mentre mi avvicino alla porta si alza in piedi, scrollando la polvere dai morbidi pantaloni della tuta che indossa.

«Non ne vedo il motivo, e ora scusami ma voglio andare in camera mia.»

Lei apre la bocca per replicare, ma quando entro nel cerchio di luce della sua bacchetta la richiude di scatto e inala bruscamente.

«Per l'amor del cielo, cosa ti è successo?»

Guardo verso il basso i piedi coperti di fango e sangue, le gambe graffiate, gli abiti fradici appiccicati al mio corpo.

Prima che possa impedirglielo, lei mi afferra una mano e se la porta davanti agli occhi per esaminarla meglio. Solo ora mi accorgo che è piena di escoriazioni.

«Malfoy, ma cosa...» mi sfiora l'altro braccio con la mano libera. «Sei gelato.»

Scrollo le spalle. Non sento il freddo, o meglio: quello esterno mi fa bene, perché maschera il gelo che ho dentro. Lo fa sembrare normale. Mi dà quasi l'illusione che non sia colpa mia.

«Mi stai bloccando il passaggio, Granger.»

Lei si toglie la bacchetta dall'orecchio.

«Sì, volevo parlare con te. Arefacio

Un movimento del polso e i miei abiti sono asciutti, così come i capelli.

«Lasciami in pace, Granger.»

Lei mi ignora.

«Meglio fare qualcosa anche per mani e piedi. Epismendo

Un altro sventagliare di bacchetta e le abrasioni spariscono, mentre la mia rabbia esplode.

«Falla finita!» le grido, sottraendomi alla sua presa. «Non voglio le tue cure, non sei la mia fottutissima mamma.» Lei fa un passo indietro e una mano le vola davanti alla bocca. «Tu non capisci, continui a non voler capire. Io ho bisogno di quelle ferite, ho bisogno del freddo.»

«Non... ma cosa... Draco...»

«Vattene via! Devi lasciarmi in pace, hai capito?»

Voglio stare da solo coi miei fantasmi, non voglio parlare con un altro essere umano che mi farà sentire ancora peggio di come sto.

Non posso... non posso fronteggiare proprio lei. Sono stato uno stupido a pensare di poter gestire un qualsiasi tipo di rapporto con lei.

Lei sussulta ma non si sposta. Anzi, solleva il mento e allarga le braccia per bloccarmi il passaggio.

«No. No, non lo capisco e no, non me ne andrò.»

«Si può sapere che cazzo vuoi?»sibilo, tirando fuori la bacchetta. «Non costringermi a fare qualcosa che non voglio.»

Lei non si scompone, non accenna nemmeno a mettersi in una posizione di difesa.

«Non ho paura di te, Draco. Non mi farai del male. Quanto al cosa voglio...» solleva le spalle «non lo so neanche io, per la verità. So solo che ho capito una cosa, oggi: tu non sei quello che eri un tempo, e vorrei capire chi sei diventato. Capirlo davvero.»

«Dovresti averne, invece. Paura» ringhio.

«E perché? Se avessi voluto farmi del male, l'avresti già fatto da un pezzo.»

«Perché sono un Mangiamorte!» sbraito.

«No» risponde lei, e il contrasto tra il suo tono pacato e il mio urlare mi fa sentire ancora più di merda. «Non lo sei. Lo eri, ma non lo sei più.»

«Non lo puoi sapere.»

Lei fa un passo avanti, mi guarda con quegli occhi marroni che in tutti gli anni di scuola non ho mai potuto sopportare, allunga la mano e mi sfiora l'avambraccio, dove una volta c'era il Marchio di quello che era il mio Signore. Le sue dita bruciano, non come quando il Signore Oscuro mi ha segnato, nemmeno come quando il soffio del drago ha eliminato le tracce materiali del suo possesso... è il tepore della brace di un focolare, quella che mi penetra sotto la pelle tentando con coraggio di spargere il suo calore, prima di avvizzire e morire quando lei interrompe il contatto.

«Lo so, invece» afferma, con quel suo tono sicuro e io, io non ho più la forza di oppormi. Apro la porta del mio ufficio ed entro, sapendo che mi seguirà.


After Dark - A Dramione Story #Wattys 2019Where stories live. Discover now