69: Un pezzo alla volta

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3 Febbraio 2004

Hermione's p.o.v.

Draco non mi ha guardata nemmeno una volta.

Fuori una pioggia costante cade dalla pesante cappa scura della notte, e da ore siamo seduti ai lati opposti dell'enorme ingresso/sala d'aspetto del nuovo Quartier Generale Auror.

Fuori piove e Draco non ha fatto altro che guardarsi le scarpe per tutto il tempo, tranne quando l'hanno portato nella sala interrogatori.

Non ha mai sollevato la testa.

Non ha mai spostato lo sguardo verso di me.

Non importa quante volte nella mia mente io l'abbia implorato di farlo.

Non importa quanto io abbia desiderato potermi alzare, attraversare questa stanza che sembra grande come una cattedrale ma soffocante come la cella di una prigione, sedermi accanto a lui e stringerlo a me. Ben sapendo che potrebbe respingermi.

Accanto a lui sulla panca ci sono due giovani Auror, uno per lato. Due reclute che hanno sostenuto i M.A.G.O. più o meno l'altroieri e che si sono seduti più dritti quando mi hanno riconosciuta. Mi consola che siano stati scelti loro per sorvegliare Draco, che non siano stati sostituiti dopo l'interrogatorio e che lui sia tenuto qui anziché in una delle celle di cui il Quartier Generale è dotato: almeno significa che nessuno lo ritiene un pericolo. Resta il fatto che hanno l'ordine di non lasciare avvicinare nessuno, nemmeno l'ex assistente del loro vecchio professore di Pozioni. Nemmeno il cervello del Golden Trio.

Per tutta la notte c'è stato un gran viavai, qui, a cominciare dalla sottoscritta, chiamata dapprima in uno degli uffici per fare la mia deposizione, e poi diverse volte nella stanza degli interrogatori per sbloccare gli incappucciati che avevo pietrificato personalmente, in modo che anche loro potessero essere interrogati.

Ogni pochi minuti la porta si apre, e fa il proprio ingresso una pletora variegata di persone: Auror più o meno scarmigliati, personale di Hogwarts per testimoniare su quanto accaduto a scuola, civili feriti e/o incazzati e/o spaventati (molti dei quali conosco di persona), prigionieri incappucciati, barellieri di San Mungo venuti a prendere qualcuno che necessita di cure. Ron ogni tanto, quando rientra per accompagnare qualcuno, fa la sua comparsa per riferirmi le ultime novità sui membri dell'Ordine e sulle famiglie degli Auror che conosco e che non sono ancora passate di qua.

Gli Auror hanno collegato questo colpo di mano agli attacchi degli ultimi mesi, compreso quello che ho subito io e che era, di fatto, destinato a Ginny e al bambino che porta in grembo. A quanto pare Nott è riuscito a imporre a Daphne Greengrass un Imperio, costringendola a far sì che Ginny si trovasse in una delle strade secondarie intorno a Diagon Alley quella mattina – e a prendersi la colpa, nel caso le cose fossero andate come avrebbe voluto lui. È stata una fortuna che ci fossi anche io.

Purtroppo la stragrande maggioranza dei nostri amici sono stati trovati in condizioni non esattamente rosee, malmenati, legati e imbavagliati, probabilmente in attesa che qualcuno del gruppo dei Puristi passasse a raccattarli come pacchi una volta finita l'operazione di sovvertimento dell'ordine costituito. Gli unici, al momento, ad aver rimediato solo l'improgionamento senza botte sono Andromeda e il piccolo Teddy, forse per il legame di sangue con la famiglia Black.

La buona notizia è che nessuno è in pericolo di vita o rimarrà menomato.

Sono sola, giochicchiando col libro che ho tra le mani, quando per la milionesima volta una delle porte si apre e una Auror, di tre o quattro anni più vecchia di me, che a Hogwarts era un Corvonero e della quale non ricordo il nome, mi fa cenno di raggiungerla.

Sono già stata lì dentro e so già cosa mi aspetta: un assalitore pietrificato steso a terra, bloccato mani e piedi con manette indistruttibili, con due Auror pronti a sedare qualsiasi accenno di ribellione. Davanti a lui, uno spoglio tavolo di legno, colpito da una luce così netta e forte da sembrare quella di una sala operatoria, all'altro lato del quale sta seduto Elphias Doge. Il suo viso austero sembra impenetrabile, ma io che lo conosco da anni colgo i segni della stanchezza nel suo colorito chiazzato, nel modo in cui di tanto in tanto strizza gli occhi. È un uomo che ha un grande senso del dovere, ma alla sua età ormai esso non basta più e mi domando, non per la prima volta stanotte, chi abbia deciso che sia proprio lui a doversi sobbarcare il peso di tutti questi interrogatori. Lo sguardo mi corre brevemente al grande specchio magico sulla destra, dietro cui si nasconde l'ufficio dal quale il Ministro osserva e ascolta tutto ciò che succede qui e nelle altre stanze degli interrogatori.

After Dark - A Dramione Story #Wattys 2019Where stories live. Discover now