28: Vecchie certezze

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15 Dicembre 2003

Hermione's p.o.v.

Il Ponte Coperto è freddo, spazzato dal vento che trasporta gli ultimi fiocchi di neve. Non so nemmeno io perché ho chiesto a Ron di vederci proprio qui. Forse nella speranza che il gelo lo induca a sbrigarsi con quello che mi deve dire, in modo che questa faccenda finisca al più presto.

I suoi passi risuonano sul legno, ma io rimango con le mani strette alla balaustra ghiacciata, a guardare fuori verso la valle coperta di neve e illuminata da una falce di luna che fa capolino tra le nuvole. Le giornate sono cortissime, e anche questo non aiuta il mio umore a risollevarsi.

«Hermione.»

Lui si è fermato a qualche passo di distanza e posso leggere l'esitazione nella sua voce, nella sua postura.

«Ron.»

Lo guardo freddamente, girandomi a fronteggiarlo.

È dimagrito, più pallido del solito.

Lo vedo prendere un gran respiro.

«Mi dispiace, Hermione. Sono stato un idiota. Ero arrabbiato, e triste, e solo, e non riuscivo ad accettare che non riuscissimo più a stare insieme... non solo che tu non mi volevi più: non accettavo nemmeno di essere anche io, quello che non era più innamorato. Ero furioso con me stesso, perché era assurdo non volere più qualcuno... qualcuno di straordinario come te. Non so perché ho permesso ai cattivi sentimenti di prendere il sopravvento sul mio controllo. Forse perché era più facile, forse perché se tutto il resto non aveva funzionato, una parte di me ha creduto che valesse la pena provare a lasciar parlare la disperazione e l'irrazionalità.»

Faccio per replicare, ma lui solleva un dito, chiedendomi tacitamente di lasciarlo finire.

«Non è una giustificazione, non c'è mai una giustificazione per la violenza: non siamo animali, siamo persone e, miseriaccia, dovremmo essere capaci di non sfogare sugli altri le nostre frustrazioni. Ho avuto modo di pensare tanto, in queste settimane e di capire la gravità di quello che ho fatto. Ti ho fatto del male, Hermione, e solo in un secondo momento mi sono reso conto di quanto, e mi dispiace. Mi dispiace di avere infranto la tua fiducia, di avere distrutto il tuo affetto per me. Mi dispiace di non averti rispettata come persona, di avere ignorato anche solo per un attimo la tua volontà e i tuoi desideri. Non succederà più. Puoi perdonarmi?»

Mi fissa, gli occhi spalancati sul viso magro. Imploranti, tristi, umidi di lacrime che credo stia lottando per non versare.

Credo che sia sincero.

Posso perdonarlo? Posso lasciarmi indietro l'errore di un istante, ora che lui ha capito di aver sbagliato e perché?

La risposta mi fiorisce da sola nel petto: sì, posso. Ma le cose non saranno più come prima, tra di noi. Non lo erano già più da un pezzo.

Ed è quello che dico anche a lui.

Poi, parliamo. A lungo, con una sincerità che non eravamo più riusciti a tirare fuori, negli ultimi tempi della nostra relazione.

Parliamo, ci spieghiamo l'un l'altro i nostri pensieri, il perché la nostra storia è finita e, tra una confessione e l'altra, riusciamo perfino a sorriderci.

Ero venuta pronta a dare battaglia, a punire un uomo che, invece, scopro si è già punito da solo in questi due mesi, e ora mi sento sgonfiata ma, allo stesso tempo, sento di stare molto meglio.

Lui è Ron, il mio amico, una delle rocce su cui poggiano le fondamenta della mia vita, e a un certo punto mi rendo conto che i miei occhi sono pieni di lacrime. Di sollievo, di nostalgia. Di tristezza per quello che abbiamo perso, di speranza per l'amicizia che forse riusciremo ancora ad avere.

After Dark - A Dramione Story #Wattys 2019Where stories live. Discover now