Capitolo 18. Sono nei guai

Magsimula sa umpisa
                                    

In ogni caso la testa non gira più come prima e mi sento meglio, ma devo capire dove e perché sono qui. Mi avvicino ad una grande porta che dovrebbe essere l'uscita. La stanza è lievemente illuminata solo dalla luce della lampada. Noto che l'arredamento è moderno ma con un tocco di classe che sembra uno stile settecentesco, come se fosse una casa passata per generazioni ma leggermente modernizzata. Lentamente apro questa porta e mi affaccio. Non c'è nessuno, ci sono alcune lampade che permettono di avere una visione parziale di questo lungo ed un infinito corridoio scuro. Inizio lentamente a camminare sul lungo tappeto, cercando qualcuno o qualcosa. Il cuore batte forte perché sembra un film dell'orrore ma devo essere coraggiosa, se Stella fosse in pericolo o fosse stata rapita anche lei? Intravedo una porta uguale a quella della stanza dalla quale sono uscita, con alla base una linea di luce.

C'è qualcuno lì dentro. Muovendo lentamente i piedi cerco di avvicinarmi per origliare qualcosa ma non sento nulla, appoggio l'orecchio e mi sembra di percepire il rumore di alcuni fogli che si muovono in lontananza. Dalla serratura riesco a vedere una scrivania fatta dello stesso legno delle pareti con dei fogli, poi delle mani che li sistemano in maniera ordinata. Intravedo le vene sulle mani, con una camicia bianca arrotolata fino ai gomiti. La figura sistema anche le penne nei loro contenitori e vedo che fruga qualcosa nei cassetti ma non capisco chi sia, non vedo il volto. Si abbassa sui cassetti della scrivania e inizia cacciare delle cose. Fogli, cartelle, quaderni, una pistola.

Una pistola.

Mi ritraggo di scatto dalla serratura, forse un po' troppo velocemente. Mi blocco, cercando di capire se la persona mi ha sentito e sta venendo a controllare. Non sento nulla, silenzio tombale. Inizio ad indietreggiare cercando di tornare nella mia stanza per chiamare aiuto, chiunque.

Un asse di legno fa rumore sotto di me e mi viene voglia di urlare. Mi blocco, cercando di capire se devo correre o meno. La curiosità mi spinge a controllare ancora nella serratura, per vedere se è vero quello che ho visto, se qualcuno è veramente armato e forse vuole uccidermi. È un dannato incubo.

Mi avvicino di nuovo alla serratura anche se dovrei scappare. Controllo, la scrivania è in ordine e non c'è più nulla su di essa. Non vedo più le mani -con le vene- e questa figura misteriosa. Neanche passi o un singolo rumore.

Mi ricompongo, devo tornare in quella stanza sempre se riuscirò a ritrovarla. Neanche il tempo di rialzarmi che la porta della stanza che ho di fronte si apre.

E il cuore si ferma.

JACK

È la prima notte della mia vita in cui lavoro in compagnia. Evidentemente qualcuno cercava le parole giuste per entrare in ufficio da me o semplicemente spiarmi. Se fosse la seconda ipotesi, secondo il mio modus operandi dovrei torturare chiunque per capire quali informazioni ha carpito.

Solo che davanti a me c'è una ragazza scioccata, con i capelli leggermente arruffati quanto la frangia e viene solo da chiedermi perché gironzola in giro come se cercasse una scusa per mettersi nei guai. Non so da quanto tempo sta girovagando, ma è finita nella tana del leone.

"Posso aiutarti?"

La ragazza sembra sconvolta.

"Tu". Sussurra.

"Credimi, non vorrei essere in questa situazione quanto te". Ammetto.

"Che... che diamine ci faccio qui? Dove sono? Dimmelo. Mi hai rapita?" Inizia ad agitarsi, ma dovrebbe solo fare silenzio.

"Che cosa hai visto?"

Sbatte le palpebre, ma so che ha capito cosa intendo. "Che significa? E smettila di rispondere alle mie domande con altre domande".

SidereusTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon