Capitolo 18. Sono nei guai

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Soffriamo molto di più per le

nostre paure che per la realtà.

Seneca

MADISON

Le lenzuola attorno a me sono fredde essendo il materasso molto grande.

Non ricordavo che il mio letto fosse così esteso, eppure è morbido ma non mi sento a mio agio.

Cerco di aprire gli occhi. Mi aspetto di vedere le tende del mio letto a baldacchino e la foto appesa al muro con Stella; invece, è molto buio e difficilmente capisco se è un sogno o meno.

Non appena mi rendo conto che la stanza è decisamente più grande della mia inizio ad agitarmi. Sono sempre stata una persona che soffre di ansia o comunque tensione emotiva, al momento sono decisamente spaventata e provo a cercare una luce da qualche parte. Con le mani tocco del legno, quindi suppongo sia il comodino. Poi tocco qualcosa di freddo che sembra vetro e spero sia una lampada. Cerco l'interruttore e dopo averlo trovato vengo accecata dalla luce.

Mi ritraggo di scatto e mi guardo intorno. La stanza come immaginavo è vasta, le pareti sono fatte di un legno scuro come i comodini. Le lenzuola sono bianche e ci sono dei quadri fatti di colori spenti e non riesco neanche a capire cosa ritraggono. Ci sono dei divanetti con un tavolo, un armadio con un'anta aperta e dei vestiti eleganti maschili.

Sul comodino vedo un bicchiere d'acqua con delle pillole. Affianco il mio cellulare.

Lo afferro subito. L'orologio segna che soni le 3.14 di notte.

Cerco di chiamare Stella ma il telefono squilla a vanvera. Inizio ad agitarmi perché non riesco a ricordare nulla, solo che eravamo ad una festa e ho litigato con Jack come al solito. Poi ho iniziato a sentirmi male.

Jack.

Forse mi ha rapita e ora vuole ammazzarmi, è un pazzo maniaco. E queste pillole cosa sono? Non so perché ma è talmente sospetto che adesso tutte le mie accuse senza delle prove cadono su di lui. Mi alzo dal letto togliendomi di dosso le coperte. Noto che non ho il vestito color indaco, perché lo vedo appeso davanti a me con i tacchi. Ho una maglietta blu particolarmente lunga e non della mia taglia, senza pantaloncini. Solo biancheria.

Qualcuno mi ha spogliata.

La mia ansia sale, come anche la paura che qualcuno ne ha approfittato per farmi del male. Però non sento dolori, sto bene. Anzi, mi sento carica nonostante sia notte fonda.

Guardandomi intorno riesco a vedere meglio cosa è raffigurato nei quadri. Oltre alcuni dipinti, c'è un quadretto più piccolo dove è appeso un foglio di giornale. Mi avvicino attratta dal titolo e dalla scritta 'New York Times'.

Jacob William Torres, classe 2001, è uno degli imprenditori più potenti degli Stati Uniti d'America. Un talento nato nel suo lavoro e giovane promessa della pallavolo.

Jacob.

Questo è il suo vero nome.

Mi fermo a guardare la sua foto sul giornale in divisa da pallavolo, la stessa che aveva quando lo vidi in palestra. Vicino a quella, una più formale ed elegante mentre stringe la mano ad altri signori vestiti di tutto punto. Un imprenditore?

Quindi è per questo che aveva delle guardie del corpo? È ricco e potente. Ma come fa ad avere tutto questo potere ad un'età così giovane non riesco ad immaginarlo. Ha la stessa età di Stella e non so se mi causa fastidio o meno che sia più grande di me di un anno. Eppure, per avere la prima pagina del New York Times, deve essere un soggetto noto. E ora che so il suo nome vero, niente mi può fermare dal fare delle ricerche su di lui.

SidereusWhere stories live. Discover now