Capitolo 6. Vertigini

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Spiacere è il mio piacere,

io amo essere odiato.

Francesco Guicciardini

TORRES

La mole di lavoro da portare avanti è più corposa del solito.

Mi trovo in piedi davanti una finestra grande quando la parete, la quale presenta un panorama newyorkese acceso dalle luci brillanti nonostante il meteo piovoso. Ammiro il panorama, rifletto.

Come al solito, New York rimane attiva. Vivida nella sua essenza di città metropoli e io mi godo la vista del paesaggio dal grattacielo che contiene il mio ufficio.

La città che non dorme mai.

Mi appoggio alla scrivania con le mani in tasca e rifletto su tecniche strategiche di vendita e contratti da stipulare entro date di scadenza recenti.

In tutto ciò, devo portare avanti lo studio per due esami di questo mese fondamentali, allenarmi per il campionato di hockey e la partita di pallavolo della squadra del college. Giocheremo in casa e sarà un'opportunità per decine di borse di studio.

Non che me ne serva una, solo per togliermi la soddisfazione di ottenerle con la minima fatica e una vita ricca di impegni. Non proprio comuni impegni.

Nel frattempo, sto saltando alcune lezioni per dedicarmi al tirocinio nella mia stessa azienda. L'obbiettivo sarà quello di trasformarla in una multinazionale ancora più estesa di quella che è adesso. Non solo negli Stati Uniti, ma il nostro commercio approderà all'estero. E io, un giorno, ne erediterò tutto il patrimonio. Anzi, il mio cognome è già inciso sulla targa di questa azienda.

La Torres House ha origini antiche, una proprietà mantenuta in stallo e ampliata per generazioni. Presto sarà il mio turno. Un compito di importanza fondamentale quello che mi attende, devo essere pronto. È tutta la vita che mi sto preparando per questo: studio del dettaglio, tecniche di compere, propaganda, tattiche nei confronti dell'avversario, persuasività collettiva e quant'altro.

Nel pacchetto sono compresi addestramenti fisico corporali e al livello mentale. Per scopi altri anche addestramento militare: armi, combattimenti corpo a corpo e non solo. Quest'ultimo dettaglio è meglio non esplicitarlo, non ho certo voglia di incutere timore.

Le uniche distrazioni che mi sono concesse sono partite sportive o la palestra. Mi oppongo alle feste scolastiche e altre attività goliardiche che ritengo inutili, ma molto spesso i miei colleghi d'affari nonché amici, oppure, come mi costringono chiamarli, i miei fratelli, mi obbligano a partecipare.

Mi lascio trasportare da loro? Neanche sotto tortura.

Ma a volte sono delle occasioni per ricattare qualcuno e trattare con membri di un certo rango sociale del college.

Il resto del tempo lo occupano le cene di lavoro, incontri con importanti imprenditori del paese da rendere fedeli alleati e cerimonie di inaugurazione.

Ho ventuno anni, ma l'abilità in materia che possiedo si acquisisce perlomeno verso i cinquant'anni. Ho un certo fascino contando quella che è la mia giovane età, ne sono consapevole.

Una macchina da guerra creata dalla propria famiglia per far in modo che un giorno io possa essere in grado di avere potere su potere. Questo è il tipo di amore che mi è stato insegnato da coloro che si chiamano genitori. Amore per il lavoro, fatica, impegno, devozione, potere e denaro. Tanto denaro. Ma soprattutto tanto sangue. Perché lo scopo del gioco è sempre e solo questo: l'invincibilità.

E io sono la loro carta d'imbarco, la garanzia che potrà ereditare tutto questo e mandarlo alle stelle.

Mi scorre nelle vene il sangue dei più abili imprenditori degli Stati Uniti. Ci sono molte aspettative su di me, aspettative che ho in pungo. Sono pronto.

Per quanto possa essere importuna la folla di giornalisti e indecenti le numerose riviste sulle mie presunte fidanzate, la fama non mi infastidisce.

La sfrutto a mio vantaggio come mezzo di propaganda e tecnica di marketing, è tutto una sorta di gioco che posso manipolare a mio vantaggio. E su questo, sono assolutamente preparato.

Smettendo di contemplare il panorama cessano anche le mie riflessioni.

"Ho una novità". Una voce austera, roca, malamente familiare fa irruzione nel mio ufficio.

"Padre". Non mi volto.

"L'amministratore delegato dell'azienda e il direttore finanziario della Wine Business Corporation verranno nel tuo ufficio tra 45 minuti. Vedi di esporre laboriosamente il tuo progetto in modo tale da poter firmare il contratto a cui stiamo auspicando da mesi, potrebbe darci un ulteriore vantaggio sotto decine di punti di vista. Fai le cose come si deve".

Lo sento, rimane fermo davanti alla porta e mi guarda la schiena, ma io torno a contemplare questi grattacieli. Siamo così in altro, circa al settantesimo piano. E allora perché sento sprofondare il terreno sotto ai miei piedi?

"Sarà fatto, come sempre" intravedo l'Empire State Building da qui. "Ho la partita di inizio del campionato di hockey domani".

"Non distrarti troppo dalle attività davvero importanti. Informa l'autista a che ora verrà a prenderti per portarti, se proprio devi perdere il tuo tempo. Almeno cerca di trarne qualcosa di utile".

"Ho la mia auto".

"Evita di fare l'accompagnatore per i tuoi amici, anche loro dovrebbero usufruire di più di ciò che hanno e dei loro rispettivi autisti. Vorrei anche sottolineare il mio invito a rimanere a dormire in casa piuttosto che nel campus con loro. Cerchiamo di elevarci, chiaro?"

Il problema maggiore è che sono in alto, sia socialmente che fisicamente. Il panorama è sotto di me, sotto il mio sguardo e potere. Allora vorrei capire cosa mi manca? Perché sento che a volte l'altezza mi crea vertigini.

"Rimarrò a dormire lì" finalmente mi volto, sedendomi sulla sedia della scrivania. "Ora, se non ti dispiace, devo attendere i miei ospiti in affari". Lo guardo, austero e virile come sempre. Alto come me, l'età non sembrerebbe darsi a vedere se non fosse per le rughe quasi evidenti, i capelli marroni leggermente grigi e gli occhi ghiaccio uguali ai miei.

"Tua madre vuole che cominci ad andare a vivere da solo, nelle tue proprietà ed ufficio. È il momento di andarsene da quel campus. Mi hai capito?" Rimane immobile, ci sfidiamo a colpi di occhiate glaciali. Ma ormai, sono io quello dietro la scrivania. Conosco il valore che ho per lui, per l'azienda. Nessuno potrebbe sostituirmi, nessuno ha la preparazione per ciò che comporta avere questa posizione.

La Torres House non è un'azienda come le altre.

"Informa mia madre di non parlare tramite messaggero e farsi avanti con piacere. Ho le mie proprietà ed ufficio e ci andrò quando riterrò sia giusto andarci. Ti ricordo che oggi porterò avanti una discussione fondamentale di lavoro. Non mi sembra il caso di pormi queste discussioni davanti in questo momento, padre. Non vorrai infastidirmi e mandare a monte la riunione di oggi".

Ho potenziale, lo sanno. Stanno riponendo tutta la fortuna dell'azienda su di me per un motivo. Dato che sono un imprenditore, so giocare le mie carte con astuzia. Il jolly è sempre nel manico della mia camicia.

"Non sfidarmi. Non divertirti troppo, non ancora perlomeno. Ricordati che sei nelle mie mani quanto io lo sono nelle tue" apre la porta dietro di sé. "Verrò a verificare l'accaduto più tardi. Sii pronto e non deludermi". Chiude la porta scura del mio ufficio e non si volta indietro.

Allora mi alzo di nuovo. Volto lo sguardo contro i grattacieli. Continuo a contemplare il panorama.

Ma queste vertigini non accennano ad andarsene.  

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