159 - Flashforward

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Se ne stava seduto a terra, con lo sguardo assente. Incurante della pioggia che gli impregnava i vestiti, colandogli giù per il collo. Lo chiamavano solo lo stregone, ma Ariele immaginava che dovesse avere un nome, malgrado nessuno desiderasse conoscerlo. La sua compagnia di attori era stanziata vicino all'accampamento, aveva fruttato molti soldi, per questo avevano deciso di seguirli.
La guarnigione stava rientrando dal nord, una campagna lunga ed estenuante per ricacciare i dimenticati oltre il mare, nel deserto ghiacciato. Vi stavate dirigendo verso la capitale, quando vi siete imbattuti nelle truppe. Mastro Turner aveva pensato che potesse essere un'occasione d'oro.
Ad Ariele non piaceva granché come compagnia, i soldati tendevano fin troppo spesso ad alzare il gomito scatenando risse e tumulti. Loro erano teatranti, gente di spettacolo, quel clima di costante tensione non era adatto a loro. La tensione era palpabile, si stavano recando a rendere omaggio al vecchio Re, la sua consorte aveva preso in sposa il fratello prima ancora che il figlio potesse piangerne la perdita. Uno spettacolo, ecco cosa gli avevano concesso. Una magra consolazione per una perdita tanto grande.
"Lo stai fissando di nuovo" la gracchiante voce di Teb lo raggiunse alle sue spalle.
"Non lo sto fissando, mi chiedo perché lo lascino incatenato sotto il diluvio, senza dargli niente da mangiare, senza preoccuparsi che possa... Che so ammalarsi"
Il grosso omone rise, Teb era un colosso dalla pelle olivastra, una testa rasata e un largo sorriso. "Sei buffo piccolo Ariele, non preoccuparti per quell'essere, preoccupati di lui piuttosto. Il suo potere è utile contro i Dimenticati ma non è altro che un'arma. Non è umano, non ha bisogno di compassione."
Ariele lo scrutava da tempo, e non aveva visto che un uomo. Ferito, solo.
Non capiva il disprezzo che provavano nei suoi confronti, dopotutto anche il Re di Nafargul, Re Leonard era un'abile stregone. Amante di veleni, dei sotterfugi, alleato del defunto Re, ed ora cavalcava verso sud per porgere i propri omaggi al nuovo consorte della regina, futuro reggente in attesa che il troppo giovane principe potesse salire sul trono. E nessuno aveva mai osato guardarlo con l'astio che rivolgevano all'uomo senza nome, incatenato al gelo.
Ariele si strinse sotto la mantella e si avviò verso la gabbia, i soldati ormai lo conoscevano, lo ignoravano, non era la prima volta che lo aveva visto avvicinarsi alla gabbia dello stregone. Di certo non si immaginavano che volesse entrare. Era solo un teatrante, di certo non degno di attenzione. Un ragazzo dai corti capelli castani e dal sorriso gentile, non una minaccia. Di certo non qualcuno di cui dovevano preoccuparsi. Aprì la gabbia, non era nemmeno chiusa a chiave tanto il suo prigioniero era immobilizzato dalle catene, si avvicinò con passo cauto. Le catene gli stringevano con forza i polsi, il torace, la vita, le caviglie. A prima vista non sembrava che servissero tutte quelle precauzioni, per un uomo ferito e indebolito dalla mancanza di nutrimento. Il volto costellato di segni, profonde e cicatrici, ma anche segni nuovi, dal sangue ancora raggrumato.
Quando Ariele fu vicino l'uomo sollevò gli occhi scuri su di lui.
Ariele senza esitare gli porse il fagotto contenente il pane che aveva trafugato dalla cucina. L'uomo cercò d'istinto di muovere le braccia ma le catene lo bloccavano, impedendogli qualsiasi movimento, così si abbandonò rassegnato e chiuse gli occhi. "Vattene..." sbuffò con voce roca. Forse pensava che fosse venuto per tormentarlo, con la falsa promessa di essere famato. Quando l'uomo percepì il pane sfiorargli le labbra sobbalzò. "Mangia, ho visto che ti hanno lasciato chiuso qua senza darti niente per giorni... Domani riprenderemo la marcia... Ti servono energie..."
L'uomo aprì la bocca acconsentendo ad Ariele di imboccarlo. Si assaporò con calma quel boccone, non sentiva il sapore del pane da tempo, erano diversi giorni che lo avevano lasciato senza cibo, si era quasi abituato a quel senso di debolezza. Generalmente il guaritore del capitano gli propinava una brodaglia nauseante, una strana pastura che aveva il solo scopo di dargli la forza necessaria prima della battaglia, solo dopo averli impresso il marchio del dolore, così da essere certo di avere il totale controllo su di lui e sulle sue capacità.
"Perché' sei qua?"
Ariele non si sorprese della domanda ma gli porse altro pane. Se gli avesse detto che a suo avviso inchiodare un essere vivente al suolo e lasciarlo al gelo e alle intemperie senza cibo ne acqua non era una cosa che reputava umanamente tollerabile, probabilmente non gli avrebbe creduto. Ma forse era troppo stanco per opporsi. Così gli porse altro pane senza aggiungere una parola, era stranamente rassegnato, l'uomo si lasciava imboccare da Ariele e non ricevendo risposta si limitò ad accettare il cibo che gli veniva proposto.
Una guarda passò sferragliando vicino alla gabbia, Ariele scivolò verso il prigioniero appoggiandogli d'istinto una mano sul torace. La visione arrivò come un fulmine illuminando la sua mente.
Ariele vide quell'uomo, in piedi, davanti alla città in fiamme, poi era rannicchiato su se stesso mentre dalle ombre emergeva Leonard, con i suoi occhi da squalo "Muori ancora una volta per me...". E poi vide il suo villaggio, l'uomo era davanti a lui. "Ariele... tranquillo... Andrà tutto bene..." gli sussurrava con morbida voce. Così diversa... Rassicurante.
Nevan...
Ariele poi si vide gettarsi su di lui, mentre la sua voce lo chiamava, lo supplicava "Nevan, ti prego... non reagire... Ti prego...". Era quello il suo nome? Nevan e perché lo fissava con quei grandi occhi scuri piedi di rabbia e dolore. Perché Ariele poteva vedere il suo volto addolorato riflesso nei suoi occhi. Dolore nel dolore. "Nevan, ti prego arrenditi..."
"Nevan..." sussurrò
Gli occhi dell'uomo si dilatarono prima che si ritraesse cercando di allontanarsi da quel contatto, da Ariele e da tutto quello che poteva portare con sé. Non voleva udire quel nome, non voleva sentire quel contatto ancora una volta.
"Va via..." Ringhiò furente.
Ariele arretrò e sgusciò via dalla cella. Osservò il prigioniero oltre le sbarre, non aveva visioni così chiare da molto tempo, da quando la sua casa era andata in fiamme, da quando sua madre l'aveva venduto alla compagnia di Mastro Turner. Si chiuse la gabbia alle spalle, cercando di non far rumore, osservò l'uomo rannicchiarsi su se stesso, una belva ferita.
Nevan, il suo nome era quello e in qualche modo le loro vite si sarebbero intrecciate e lui avrebbe finito per morire per colpa sua. Anche quello era apparso nella sua mente, molto tempo prima di incontrarlo in quella gabbia, prima di sentire il reale battito del suo cuore sotto la propria mano, lo aveva visto in quella notte di fuoco e sangue. Lo aveva visto morire tra le sue braccia, la gola squarciata mentre il suo sangue gli sporcava le mani e la luce della sua vita lo abbandonava. Quel legame era un'eco lontano, da un futuro che poteva anche non realizzarsi mai eppure Ariele lo percepiva, concreto come il metallo a cui si stava aggrappando.
Come la pioggia che si insinuava nelle sue vesti, gli inzuppava i capelli castani, gli solleticava il volto. Si era chiuso così tanto al suo potere, eppure adesso voleva scrutare oltre quella gabbia e vedere dentro quella creatura imprigionata, sofferente.
Era giunta la notte e Ariele nella sua tenda non era riuscito a trovare riposo.
Le visioni correvano da lui.
Alla fine si arrese all'insonnia e scese dalla sua branda malmessa.
Fuori dalla tenda un alone di nebbia era calata sull'accampamento, Ariele conosceva quella sensazione, la stessa che era calata sul suo villaggio la notte dell'incendio... Magia.
Una figura si muoveva leggera, scivolava sul suolo come uno spettro.
Ariele conosceva quella sagoma, l'aveva vista molte volte nei suoi incubi, l'aveva vista al suo villaggio poco prima che venisse messo a ferro e fuoco, nelle sue visioni... Era la mano che avrebbe reciso la vita di Nevan.
Non lo conosceva, non sapeva perché gliene importava, eppure quel ricordo dal futuro lo aveva confortato per così tanto e adesso che ce l'aveva davanti poteva scegliere... Se fosse tornato indietro, la sua vita non sarebbe mutata, tranquilla, normale. Nessuno avrebbe saputo mai delle visioni, ma aveva scelto di avanzare verso Nevan, di scrutare dentro la sua anima.

....

"Alzati"
Nevan aprì gli occhi e percepì il peso delle catene scivolare via dai suoi polsi.
Il ragazzo era di nuovo chino su di lui, i suoi occhi nocciola accesi da una nuova luce, una mano protesa verso di lui.
"Alzati" ripeté deciso.
Nevan si sollevò oscillando, era rimasto immobile troppo tempo. Ma su sollecitazione del ragazzo avanzò. L'accampamento era avvolto in uno strano silenzio, Nevan lo riconobbe. Quella era la magia di Leonard, il Re stregone era finalmente giunto a prenderlo? Che quel ragazzo fosse uno dei suoi emissari. Nevan non riusciva a crederlo, quello sguardo, non sembrava uno dei succubi del Re di Nafargul. Troppo limpido, troppo vivo.
"Perché sei qua... per..." Ma il ragazzo gli fece cenno di tacere.
"Stanotte verrai ucciso... Dobbiamo andarcene, subito..."
Nevan si sfiorò i polsi, percependo i segni sotto di essi, la morte gli era fin troppo familiare. Lo abbracciava per poi lasciarlo andare e vomitarlo di nuovo in quella vita che troppe volte aveva cercato di rifiutare. Sarebbe dovuto restare, accettare il suo destino eppure quello sguardo lo trascinava via.
Avanzarono nell'accampamento addormentato, Ariele gli fece cenno di seguirlo, si voltò per un attimo prima di intravedere la sagoma di Leonard. Per quanto l'avesse bramata, quella non era la notte giusta per abbandonarsi all'abbraccio della morte. Così gli voltò le spalle e si addentrò nella foresta.


Day 159 - Prompt Flashforward (08.06.2021)

Una Finestra Sempre Aperta PARTE 1Hikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin