68 - Neverland

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Poteva percepire la sua mente in quella coltre di voci sommesse. Nel suo giaciglio Mot si sentiva prigioniero di quei lenzuoli zuppi del suo sudore, gli si attorcigliavano attorno agli arti. Il suo corpo era così debole e sarebbe scivolato via se non fosse stato per quella presenza che era improvvisamente apparsa oltre la nebbia delirante indottagli dalla febbre. Percepiva la presenza della custode che vegliava sui suoi sogni agitati. Non emergeva dai sogni spesso e detestava farlo. Perché nei sogni poteva percepirlo, come se il legame che un tempo li aveva uniti non si fosse mai infranto. Malgrado la debolezza che sembrava volerlo trascinarlo lentamente verso l'oblio perenne. I suoi incubi erano la parte peggiore dei suoi sogni. Era di nuovo in quel sepolcro polveroso mentre il terrore lo divorava. Il collegamento con la sua anima non lo faceva sentire potente, lo riempiva di ribrezzo. E aveva avuto ragione, sua madre si era sbagliata, non lo avevano temuto subito, lo avevano solo odiato.
O forse aveva sempre avuto ragione, la paura lo aveva portato a rifugiarsi nella sola cosa che gli veniva offerta, l'odio. E quello si che aveva piegato le loro volontà. Sperimentare gli effetti dei diversi veleni, dedicarsi all'arte nella spada, strisciare tra le ombre era solo un rifugio. Non provava veramente piacere né soddisfazione. La sola cosa reale nella sua vita era quel senso di solitudine, che lo dilaniava mentre percepiva le spire d'ombra divorarlo lentamente. Presto di lui non sarebbe rimasto nulla, non aveva ancora un nome e un volto quell'oscurità che ancora lo spaventava, ora lo aveva visto, ora lo aveva toccato. Era emerso dal suo corpo e lo aveva quasi ucciso. Si era lasciato alle spalle un involucro vuoto che invano si aggrappava a all'ombra di un dolce ricordo. Eppure, per quello era ancora vivo, per quell'opalescente immagine che sperava di poter toccare. Poteva percepire i suoi occhi di giada oltre il velo. Gli era parso di vederlo, come se fosse di fronte a lui, con il suo nuovo nome, in quel letto di seta e i capelli che formavano una corona sul suo cuscino, il respiro lento e regolare.
Dove sei? Ti stai ancora nascondendo? Mi odi così tanto?
Ora che le ombre lo avevano quasi del tutto lasciato, cosa restava di lui?
Una bambola rotta e inutile Maël, esattamente come te...





Day 68 #365writingchallenge propmt - Sperimentare (09 marzo)

Una Finestra Sempre Aperta PARTE 1Where stories live. Discover now