Resta come inchiostro

By toccandolestelle

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COMPLETA. Il cappuccio nero sempre sulla testa, quelle iridi smeraldo nascoste nell'ombra e quei tatuaggi che... More

Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Gruppo whatsapp
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
Capitolo 59
Capitolo 60
Capitolo 61
Capitolo 62
Epilogo
Ringraziamenti
#ASK
NUOVA STORIA
Chi sono? (1ML)
TRAILER
LA STORIA DI CHRIS
#KYZEL

Capitolo 40

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By toccandolestelle

«Prendete pure posto sul divano, ragazze!» Scarlett si dirige verso la cucina, euforica «prendo i pop-corn!.»
Sorrido, apprezzando quanto sia rilassante stare a gambe incrociate, un cuscino sulla pancia e il pigiamo morbido ad accarezzare il corpo.
«Ecco qua.» Ci raggiunge con due belle ciotole strabordanti di schifezze. E' da un po' che non facevamo una sera così, tra ragazze. Ne è passato di tempo, forse troppo. Ricordo con malinconia le nottate passate con Chris a raccontarci storie inventate per evadere dalla nostra realtà, il sorriso che le nasceva in volto quando parlava di viaggi d'oltre mare, proprio come nei film. Voleva scappare da un passato, un destino che non aveva avuto molta pietà per la bambina che era e io mi perdevo in quello sguardo, quella voglia di aiutare chi è in difficoltà che mi ha sempre distinta dagli altri. Solo che mi aspettavo tutto fuorché essere colpita alle spalle, prima ancora che mi girassi. Perché mi hai fatto male, Chris, me l'hai fatto nell'esatto istante in cui non mi chiamavi più come prima durante la settimana, eri fredda ai messaggi e non mi cercavi più. L'ho capito dall'istante in cui ti sei tirata indietro, hai fatto un passo che sapevi non doveva esser compiuto, ma te ne sei fregata.
«Che bello avere un po' di tempo per noi! Non mi sembra vero! La scuola ti taglia via da un sacco di cose e le più banali, tipo questa,» indica tutte noi sedute in cerchio, «sembra surreale, non trovate?» Sospira, pettinandosi i lunghi capelli rossi. Annuiamo, discutendo sul fatto che ci sono talmente tanti compiti scolastici che si perde la cognizione del tempo.
«... Comunque ho delle novità!» Esordisce, battendo le mani per l'entusiasmo. Non scherzo quando enfatizzo sul fatto che mi ci devo mettere d'impegno per capire quello che dice. E' cosi energica che qualunque cosa dica, la pronuncia con una schiettezza un po' fuori dal normale. Oppure sono io che son fin troppo lenta.
«Possibile che io, invece, non abbia mai niente da dire?!» Ironizza Helen, riempiendosi la bocca di pop-corn tanto da sembrare uno scoiattolo.
Non è detto che se non parliamo, è perché non abbiamo niente da dire. Il più delle volte mi capita di riflettere sul fatto che, di cose, ne avrei fin troppe. Soltanto preferisco tenermele per me, parlare a me stessa, con la mia coscienza, perché non mi sento di condividere una parte delle mia vita con qualcuno. E non lo dico perché magari non mi trovi bene, anzi, forse non voglio sembrare noiosa o parlare di cose che riguardano esclusivamente me stessa, appesantendo chi mi sta ascoltando. Che poi, Wilde, diceva sempre che il suo argomento preferito è il nulla, di cui sapeva tutto.

«Dai, siamo curiose!» Esclamo, allungando una mano verso la ciotola, sul tavolino, che piano piano si svuota.
«Non è che voglia parlarvene subito, ma non riesco a restarmene zitta!» Scuote la testa come a rimproverarsi da sola.
«Ci stai tenendo sulle spine, sappilo» Helen le tira un pop-corn e Scarlett le grida di finirla quando ne vengono lanciati più di uno.
«Ve ne parlerei se la smettesse...» Scar cerca di rimanere seria, la risata che non riesco a trattenere facilmente. La diretta interessata le fa una linguaccia per poi incitarla a continuare.
«Okay, allora,» prende un respiro in modo alquanto teatrale, «Mikemipiace.» Dice tutto d'un fiato e  sia io che Helen facciamo una smorfia per poi chiederle cosa abbia appena detto.
«Mike... mi piace» Scandisce le parole lentamente, abbassando lo sguardo sui piedi, le guance che si arrossano.
«Lo sapevo! Lo sapevo che dovevo scommettere!» Alla battuta di Helen scoppiamo a ridere, smorzando l'imbarazzo nel quale si trova Scar.
«Come facevi ad esserne convinta se doveva ancora uscirci!» Esclamo, ridacchiando.
«Be', odio i film romantici, ma il classico colpo di fulmine esiste» Fa spallucce, con tono saccente.
«Guarda che non ho mai parlato di un colpo di fulmine...» Scarlett le tira un pop-corn, per vendicarsi di prima.
«Dai, avevi gli occhi a cuore la scorsa volta...» Sbuffa Helen, dimostrandosi schiva e annoiata davanti ad argomenti che riguardano i classici effetti dell'amore platonico, ma scommetto che sotto sotto si nasconde un'anima pienamente sentimentalista. Non so nemmeno perché ne sia così convinta, a dire la verità.

Per un po' parliamo di come è andata la loro uscita, il caffè che le ha offerto, e le lunghe chiacchierate che si sono fatti fino a riaccompagnarla a casa. Le è piaciuta la sua semplicità, ed è proprio così che ho inquadrato Mike durante quest'anno seppur ci abbia parlato si e no dieci volte.
Abbiamo anche visto i tre quarti di un film, lasciandoci indietro il finale, perché comunque eravamo troppo stanche per tener aperti gli occhi.
Elizabeth è tornata da poco e, tra sbadigli e dei "ciao" biascicati, l'abbiamo salutata e probabilmente ci ha anche rivolto uno dei suoi bei sorrisi, ma ero troppo occupata ad assumere una nuova posizione nel sacco a pelo.
Sarà passata un'ora o poco più, ma poco importa visto che mi sveglio, sentendo dei lievi rumori. Dormo come un sasso, di solito, ma un pianto sommesso, proprio vicino a me, non è riuscito a passare inosservato, svegliandomi. Ringrazio di aver sentito perché ritrovo Scarlett, rannicchiata su un fianco, mentre cerca di sopprimere dei singhiozzi, il corpo che ha qualche sussulto, il naso che continua a tirar su perché è sicuramente senza fazzoletti e non vuole alzarsi per fare ulteriori rumori. Non riesco a far finta di nulla, specialmente se si tratta di lei, specialmente se, poco fa, rideva e scherzava come se nulla fosse.
Helen la sento russare alla mia sinistra e decido di girarmi verso Scarlett che ancora mi da la schiena, inconsapevole che mi sia svegliata. Non posso riaddormentarmi, non ce la farei comunque.
«Scar...» Sussurro senza spaventarla, allungando una mano sulla sua spalla. Per un attimo i singhiozzi si fermano, ma inevitabilmente ricominciano. «... Cosa succede?» Le chiedo dolcemente.
«N-niente.» Cerca di mantenere il tono di voce lineare, ma viene percorso dal respiro irregolare tipico di chi sta piangendo. E non dev'essere una cosa da poco, perché so quanto male voglia dire piangere nel proprio silenzio. Lo immagino benissimo.
«Non... non sei obbligata a parlarmene ma... non posso lasciar correre, sapendo che stai piangendo, da sola.» Cerco le parole adatte, senza sembrare troppo invadente.
Si volta verso di me e, quel poco di mascara che a volte usa, le è colato sulle goti. Vedo qualche macchia nera, non di più visto che è buio pesto in questa stanza.
«Non qui.» Mi sussurra.

Raggiungiamo la sua stanza e ci stendiamo sulla moquette, le gambe rannicchiate al petto e i capelli sciolti che ricadono davanti al viso. Una seduta di fronte all'altra. Vorrei abbracciarla, rassicurarla per qualsiasi cosa sia accaduta. E mi rendo conto che fa più male vedere piangere qualcuno, di quanto sei tu a piangere solo in compagnia di te stesso. 
«Ho sempre voluto dirtelo...» Comincia a parlare con lo sguardo basso, il fazzoletto che stringe tra le mani e i singhiozzi che si sono calmati. Il pezzo di carta si frantuma tra le sue dita, cerca di tenersi occupata per evitare di guardarmi. Resto in silenzio senza farle pressione, la voglia di vedere di nuovo il suo sorriso.
«Oggi non è un giorno come gli altri, almeno, non per me. Mi fido della tua persona, di quello che siamo diventate in poco tempo e...» Si soffia il naso, per poi buttarlo nel cestino e prelevarne un altro dalla scatola in cartone «... vorrei soffocare dall'angoscia del ricordo, ma devo dirtelo, sento il bisogno di raccontarti una parte di me che spesso nascondo.» Butta giù un groppo di saliva e si decide a sollevare lo sguardo puntandomi i suoi occhi rossi nei miei che la scrutano con curiosità.
«Sono qui.» Ribadisco, avvicinandomi per abbracciarla. Si lascia andare, come se le costasse fatica restare in posizione eretta, come se non avesse più le forze.
«E' un giorno particolare e ho voluto trascorrerlo con qualcuno proprio perché da sola è intollerabile.»
Non riesco a capire cosa voglia dirmi, cosa cerca di sussurrarmi nel silenzio di queste quattro mura.
«Tutto risale a dieci anni fa quando è morta mia sorella e mio padre.» Lascia scivolare le parole su di sé e mi colpiscono proprio come una spada gelida che ti si incastona nel petto, facendoti mancare il respiro. Boccheggi, per riprendere aria, ma niente.
«Si chiamava Holly, era la mia gemellina anche se è sempre stata come una sorella maggiore...» Soffia via il nome, il timore nel timbro della voce che vibra. La gola si secca.
«Era una fredda giornata di dicembre, una di quelle che non ti smuove di casa nemmeno se ti offrono la cioccolata calda gratis in cortile» Ridacchia tristemente, gli occhi persi nel vuoto, annebbiati dal ricordo. La stringo più forte, sono senza fiato. «Però c'era la recita di mia sorella e per lei il teatro era la valvola di sfogo, alla ricerca disperata di essere un personaggio diverso per ogni storia. Avevamo sette anni, ma mi è sempre sembrata più grande di quello che era in realtà.» Annuisce quasi fosse un'automa, un sorrisetto malinconico sulle labbra. Prendo la sua mano tra la mia, le passo un nuovo fazzoletto che usa per asciugarsi gli angoli umidi degli occhi.
«Doveva fare le ultime prove e papà si era preso un po' di ferie dal lavoro, che gli rubava davvero tanto tempo. Sai, viaggiava molto e ne approfittava per portarci un regalino ogni volta. Ci viziava troppo secondo me.»
Un sorrisino nasce sul mio volto cercando di immaginare Scarlett da piccola con la lunga chioma rossa che si adagiava oltre le spalle e un'altra bambina simile a lei correre per casa con il souvenir stretto tra le manine come un trofeo.
Si alza lentamente, dirigendosi verso la scrivania. Apre un cassetto e prende una foto che tiene tra le mani guardandola come se l'avesse fatto mille altre volta con la speranza di rivedere quella sorellina che se n'è andata troppo presto.
«Guarda, guarda che bella che è...» La voce strozzata, l'esile dito che indica il viso magro, dalla carnagione chiara e piena di lentiggini che richiamano il colore dei capelli rossi. Sembra il clone esatto di Scarlett, ma Holly ha gli occhi azzurri.
«Molto...» Me la porge delicatamente tra le mani e si adagia sul mio palmo. Osservo queste due bimbe dallo sguardo divertito come se l'avessero colte nel bel mezzo di un gioco.
«Mio padre l'ha portata a teatro mentre io e mia mamma ci preparavamo per la recita di fine anno... doveva essere un giorno come gli altri, anzi no, doveva essere più bello degli altri. Dovevamo essere lì seduti a guardare Holly recitare con gli occhi rivolti verso il pubblico e quel sorriso che non si levava mai dal suo viso. Doveva essere un momento di gioia ma si è tramutato in tutt'altro...» Abbassa gli occhi sul pavimento e la guardo mentre soffro dentro. Vorrei aiutarti, ma è una circostanza nella quale non mi sono mai ritrovata, uno di quegli istanti in cui non hai idea di cosa fare, cosa dire, perché sembra tutto una schiocchezza assurda in confronto a ciò che mi viene raccontato. Crediamo di stare male, soffriamo, ma forse quel tipo di dolore non lo mangiamo mai veramente. Ne abbiamo un assaggio, ma mai finché non lo si vive veramente. Mai finché non ti senti veramente nulla sotto i piedi e, col passare degli anni, al solo ricordo, piangi come se rivivessi ogni sensazione, emozione, attimo.
«Un bastardo ubriaco, un uomo che non trovava il suo posto nel mondo, perso nell'alcol, incapace di vivere la vita. Un ubriaco che non ha visto quel fottuto rosso del semaforo e ha continuato la sua corsa incontrando la macchina su cui c'era Holly e mio padre. Sono morti tutti sul colpo, o quasi. Holly ha perso conoscenza, è andata in coma e...» Serra le labbra bagnate dalle lacrime che hanno cominciato a scorrere sulle goti arrossate. Porta i suoi occhi scuri nei miei e mi perdo in quel caos, in quelle tenebre che fanno parte di un passato che non ha diritto a tormentare l'animo di una ragazza costretta a confrontarsi con il vero dolore, la vita vera, fin troppo presto.

Penso che sia quel tipo di ferita che ti porterai sempre dietro. Quella cicatrice che rimarrà per ricordarti la perdita, l'essenza del tutto spazzata via da un irrefrenabile senso di vuoto.

«Non ha mai fatto quella stupida recita.»

Ci stringiamo in un altro abbraccio che dura diversi secondi, minuti... chi lo conta più il passare del tempo. Spesso si vorrebbe tornare indietro, mettere in pausa e rivivere con ogni parte di noi stessi qualcosa che è sfuggito ai nostri occhi, che ci è stato strappato via dalle mani ancor prima che ce ne rendessimo conto.
«Ricordi quando ci stavamo preparando per la festa e ho pianto?» Mi domanda contro il petto, tra i capelli. Annuisco, incapace di parlare.
«Seppur fosse piccola, Holly mi insegnava a fare alcune pettinature come la treccia o lo chignon perché spesso le facevano a teatro. Era affascinata dai molteplici modi di acconciare i capelli. Poi, i suoi erano bellissimi, ne aveva molti...» La sento sorridere e mi scalda il cuore notare come le faccia piacere raccontare queste cose con l'intento di rendere un ricordo più nitido di quello che è in realtà. «Tutto ciò che faccio mi ricorda lei in qualche modo. E' potente il nostro legame e non si spezzerà soltanto perché lei è lassù e non qui.»
«Dici bene.»
«Quelle due stanze che non ho aperto quando ti ho fatto fare il giro della casa erano... lo studio di mio papà e la vecchia camera di... del mio fratello adottivo.» Cerca di staccarsi da me, ma la tengo stretta non avendo il coraggio di guardarla negli occhi.
«Alla morte di Holly mia madre ha accettato di prendere in affidamento il figlio di una donna rimasta sola e che era morta di cancro. Aveva nove anni all'epoca e mia mamma mi spiegò che questo bambino l'avrebbe aiutata a superare una perdita così grande...»
Fisso il muro dinnanzi a me.
«Avevo sette anni, avevo appena perso mia sorella, mio padre e... ritrovarmi quel bambino in casa per me significava un rimpiazzo per Holly, non sopportavo l'idea di avere accanto qualcuno che non fosse mio fratello per davvero.»
Perdo un battito.
«Doveva solo essere aiutato perché lui aveva perso tutto quanto e sono stata una pessima compagnia. Ma ero incosciente e profondamente ferita... facevo fatica a capire. Due anni fa, mi sembra all'età di sedici anni, ci lasciò, se ne andò. Scrisse un biglietto dicendoci di non chiamare la polizia, di non cercarlo e rispettammo la sua decisione nonostante mia madre fosse profondamente tentata nel cercarlo...»
Resto nel silenzio più totale, incapace di fare qualunque cosa, perfino respirare. E' brutto quando capisci che l'unica persona che merita di essere aiutata è la più vicina. Scusa Scarlett se me ne sono accorta solo ora.
«Cosa c'è che non va?» Mi domanda, allontanandosi definitivamente per guardarmi negli occhi. Sfuggo al suo sguardo. Non sei te che devi chiederlo a me, non sono io quella che ha sofferto.
«Niente.» Mi mordo l'interno guancia per impormi di restare zitta.

Capitolo revisionato.

// spazio autrice //
Hei😍
Vi ringrazio enormemente per le +11.2k letture, davvero! Sono super contentaaaaa😍🎉
Detto questo passiamo al capitolo...
Scusatemi se non ho aggiornato prima, ma questo capitolo mi ha comportato davvero tanto tempo, dato che si trattava di una cosa seria: ve lo aspettavate che Scar avesse avuto una sorella gemella? (Holly)
Ve lo aspettavate fosse morta in un incidente stradale col padre? Ecco svelato il segreto di quelle porte rimaste chiuse...
Vi aspettavate che avesse avuto poi un fratello adottivo? E chi è? Perché se n'è andato?
Si scoprirà!😍
Intanto abbiamo un altro segreto svelato!
Ci vediamo al prossimo capitolo!!!

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