"Come aeroplanini di carta"

By ChinaNera

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Un amore sfortunato, nato in una pozza di fango, in un giorno piovoso. Un amore maturato nel tempo. Un amore... More

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[52-The End]
Ringraziamenti &... Sequel(?)^
Squel^
SEQUEL CANCELLATO^

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By ChinaNera

-Buon Natale a tutti. – esclamammo in coro, sorridendoci a vicenda. Era la sera di natale e dopo la cena ci eravamo radunati tutti sotto l'albero, accanto al caminetto, pronti a scartare i nostri regali, la maggior parte del quali eravamo andati a comprarli il giorno prima. Si respirava un aria serena, nonostante i vari litigi che c'erano stati in quei primi due giorni. Un po' perché la rabbia era sbollita, un po' perché insomma, era Natale, a Natale si è tutti più buoni, quindi avevamo messo da parte l'ostilità e avevamo intrapreso una tacita tregua. Presi il primo regalo, quello per Christina, e glielo porsi, accennando anche ad un piccolo sorriso. Lei, con aria sorpresa per il mio gesto, lo afferrò e dopo un gentile grazie si affrettò a scartarlo, distruggendo in mille pezzi la carta da pacchi color rosa cipria. Sorrise al contenuto del pacchetto e me ne porse uno a sua volta, lasciandomi un po' sorpresa dal gesto. Non mi aspettavo una gentilezza di quel tipo da parte sua, nemmeno a Natale. Scartai il regalo. Conteneva un braccialetto di pelle, fino, con delle applicazioni in metallo, davvero molto carino. Lo infilai subito, alzando poi lo sguardo sulla ragazza, che stava indossando gli orecchi ni che le avevo regalato io. –Grazie. – le sorrisi, ricevendo un sorriso anche da parte sua, cosa che se non ricordo male non era mai successa. Avrei dovuto segnare quel giorno sul calendario, sotto il nome "primo ed ultimo giorno di gentilezza da parte di Christina". –Tieni. – dissi sorridente, porgendo a Tom il suo regalo. Sotto consiglio di Eva, che nello scegliere i regali mi era stata davvero preziosa, avevo comprato a Tom una cover per il cellulare, che, a detta della ragazza, desiderava da mesi. Il ragazzo afferrò il pacchetto rettangolare e se lo girò fra le mani per qualche secondo, prima di iniziare a rompere la carta da regalo color avorio e aprirlo. Non appena vide il contenuto scattò come una molla. –Grazie! Grazie! Grazie! – strillò in falsetto e mi si buttò addosso, abbracciandomi con slancio, rischiando quasi di farci cadere indietro, sul pavimento. Ridacchiai e battei il palmo della mano sulla sua schiena, come per incitarlo a staccarsi, visto che Eva ci stava guardando male. –Non ringraziare me, ringrazia Eva, lei mi ha dato l'idea. – dissi. Il ragazzo si staccò e avvolse la sua ragazza in un abbraccio, sussurrandole un grazie all'orecchio. Subito sul viso di Eva si aprì un sorriso ebete, mentre si stringeva al suo ragazzo, con quella luce negli occhi che solo una ragazza innamorata aveva. Sorrisi, pensando a quanto fossero stati fortunati a trovarsi, e distolsi lo sguardo, rivolgendolo ad uno degli ultimi regali che avevo acquistato, quello di Luca. Lo presi da sotto i rami impolverati dell'albero, improvvisato giusto quella mattina, e con un ampio sorriso glielo porsi. Lo afferrò, e con aria concentrata lo scartò, gettando l'incarto da una parte. Appena lo aprì gli si illuminarono gli occhi. –Mio dio Chiara. Come lo sapevi? – chiese sbalordito. Appoggiò a terra il regalo e si sporse verso di me per abbracciarmi, stringendomi così forte da togliermi il fiato. Ricambiai la stretta e infilai la testa nell'incavo del suo collo. –Ho visto il "One Million" che tieni sul comodino e ho notato che è quasi finito, così ho pensato di regalartene uno nuovo. – La mia voce era attutita dal tessuto della sua maglietta, mentre il ragazzo sembrava non avere nessuna intenzione di lasciarmi andare. –Grazie. – sussurrò, sciogliendo finalmente l'abbraccio, spruzzandosi subito dopo una goccia di profumo, inondando la stanza di quel forte aroma. Era arrivato il momento di dare il regalo a Sebastian. Nonostante il giorno prima fossi ancora abbastanza arrabbiata con lui, non appena vidi quella felpa, appesa nella vetrina di un negozio in centro, pensai subito che fosse perfetta per lui, oltre che per me, nelle innumerevoli volte in cui gliel'avrei chiesta in prestito. Sorridente, e anche leggermente agitata, gli porsi la scatola ben incartata che avevo fatto preparare alla commessa, dopo averla pregata per più di dieci minuti di mettere la felpa in una scatola e non in un sacchetto. Il ragazzo mi sorrise riconoscente e allungò le mani per afferrarlo. In quell'istante le nostre mani vennero a contatto e fu come se una scarica elettrica mi avesse attraversato il corpo per intero, facendo aumentare l'intensità del battito del mio cuore, che mi martellava nel petto. Alzai gli occhi su di lui, che trovai già a fissarmi, immergendomi nell'azzurro ghiaccio delle sue iridi. Quel contatto visivo così intenso mi portò a capire che, nel momento in cui le nostre mani si erano toccate, non fossi stata l'unica ad aver sentito qualcosa, e ne fui immensamente felice. Sbatté le palpebre un paio di volte e fece un impercettibile movimento della testa, come se si fosse incantato a guardarmi in quegli istanti. Distolse lo sguardo, portandolo alla carta da regalo, in cui era avvolta la scatola, e la scartò con calma, strappandola in mille pezzi, che si sparsero sul pavimento intorno a lui. Ognuno chiacchierava con qualcuno, quindi nessuno faceva caso a noi, conferendo al momento un po' più di intimità. Una volta tolta tutta la carta da regalo restò a fissare la superfice lucida della scatola, indugiando ad ancora un po' ad aprirla. Iniziai a torturarmi le mani, tesa, mentre attendevo con ansia che l'aprisse e mi dicesse se il regalo era di suo gradimento o non gli andasse a genio, in tal caso, se proprio non l'avesse voluta, l'avrei tenuta volentieri io. –Andiamo vuoi aprirla? – sbottai, ansiosa di ricevere un suo giudizio. In quel momento rialzò lo sguardo su di me e si cucì un ghigno compiaciuto sulle labbra. –Con calma Bambolina. – ammiccò, riportando gli occhi sulla scatola. La sistemò meglio sulle gambe e finalmente si decise ad aprirla, sollevando la felpa dalle spalle. Rimase a guardarla per qualche istante, mentre io mi mordevo il labbro, cercando nella sua espressione qualcosa che mi dicesse se gli piacesse o no, ma il suo viso era una maschera d'indifferenza, una volta perso anche quel ghigno compiaciuto di poco prima. –Ti piace? – chiesi allora, iniziando a massacrarmi le dita, non ricevendo segnali da parte sua. Passarono diversi secondo prima che rispondesse. –È bellissima. – Alzò gli occhi su di me e sorrise, mostrando quelle sue bellissime fossette ai lati della bocca. In quel momento gliele avrei baciate fino a restare senza fiato. Ripresi a respirare e sorrisi, molto più tranquilla rispetto a pochi minuti prima. –Ti ho preso qualcosa anche io. – disse, con un sorriso sghembo stampato sulle labbra, sollevando le sopracciglia. Si voltò verso l'albero e da sotto ad esso prese un sacchetto rosso, porgendomelo poi. In quel momento sperai con tutta me stessa che non fosse biancheria intima o altra roba sconcia, che erano decisamente un'alternativa, conoscendolo. Afferrai il sacchetto e sorrisi al ragazzo, che non sembrò per nulla agitato, a differenza mia poco prima. Lo aprii e al suo interno trovai una felpa nera, con la scritta in bianco "Bambolina" sul petto. Nonostante fosse un regalo di un'estrema semplicità era comunque meraviglioso, soprattutto il fatto che l'avesse fatta personalizzare con il nomignolo che mi affibbiava da qualche mese, il che lo rendeva ancora più speciale. Lo guardai grata, con il cuore colmo di gioia, e con uno slancio azzerai la distanza che ci separava e mi buttai su di lui, stringendogli le braccia al collo. –Grazie, è un regalo bellissimo. – esclamai sorridente, mentre lo stringevo, infilando la testa nell'incavo del suo collo. Dopo un primo momento di sorpresa, per il mio improvviso attacco d'affetto, mi cinse la vita con le braccia e mi strinse a se ancora più forte, mentre io mi sedevo a cavalcioni su di lui, circondandogli il bacino con le gambe. –Sono felice che ti piaccia. – sussurrò fra i miei capelli. Il suo fiato caldo sul collo mi fece correre un brivido lungo la schiena, motivo per cui, non appena appoggiò le labbra su esso riuscii a sentire chiaramente il sorriso che vi era spuntato. –So che ami le felpe, visto che non indossi altro, e ho pensato che farci stampare sopra la parola bambolina fosse un idea carina. – aggiunse. Mi staccai appena, rimanendo a qualche centimetro dal suo viso, e gli sorrisi. –È un regalo perfetto. – sussurrai e intenzionalmente gli lasciai un piccolo bacio al lato delle labbra, giocando con le corte ciocche di capelli sulla sua nuca. Il ragazzo si morse il labbro inferiore, come se si stesse trattenendo, e sentivo che in quel momento, come volevo farlo io, anche lui voleva baciarmi. Volevo sentire le sue labbra sulle mie e tutte quelle meravigliose sensazioni che solo la sua bocca riusciva a farmi provare, ma non sapevo se fosse la cosa giusta, e lui sembrava pensarlo al mio stesso modo, visto che stava tentando di trattenersi in tutti i modi. Per facilitargli il lavoro, mi alzai dalle sue gambe, lasciandogli una carezza sul viso, mentre facevo scorrere le mani via dalla sua nuca, e mi allontanai, diretta in camera da letto. Prima di andare nella mia stanza raccolsi da terra la felpa che, buttandomi addosso a Sebastian, avevo fatto cadere e la indossai. Era sicuramente di due taglie più grande, come piaceva a me, ed era anche molto calda e soffice. Frugai nella valigia, disseminando quei pochi abiti che erano rimasti in essa per il pavimento, e ne tirai fuori una scatola bianca, con un fiocco color oro sopra. Tornai in salone, dove tutti stavano chiacchierando allegramente, tranne Luca che parlava al telefono, seduto sul divano, e mi sedetti a gambe incrociate vicino a Eva, in un angolino un po' isolato dagli altri del salotto, in modo da poter stare tranquille. Le porsi la scatola, che lei non tardò ad afferrare, appoggiandola poi sulle ginocchia. Si sfregò le mani fra loro e mi sorrise, emozionata. –Aprilo. – dissi, ricambiando il suo sorriso. Il regalo di Eva era un po' più speciale degli altri e lo tenevo da parte già da un po'. Appena aprì la scatola le si illuminò il volto. –Il vestito vecchio di nonna. – sussurrò, estasiata, mentre sollevava dai lembi delle spalline l'abito, guardandolo in ogni suo dettaglio. –Sapevo quanto adoravi questo vestito, così l'ho portato da una sarta e l'ho fatto aggiustare, con qualche piccola modifica. – dissi, soddisfatta della sua reazione. Era un abito color azzurro chiaro, con una gonna a ruota che arrivava appena sopra il ginocchio e uno scollo a cuore tempestato di pizzi e merletti. –Grazie Chiara, io... non ho parole. – disse, con le lacrime agli occhi, coprendosi la bocca con una mano, mentre le prime lacrime le scendevano sulle guance, rigandole. Quel vestito apparteneva a sua nonna. Lo indossò il giorno in cui conobbe il nonno di Eva. Ricordavo perfettamente il giorno in cui ci raccontò quella storia, gli occhi sognanti di Eva, mentre immaginava la sua nonna, giovane e bella, mentre incontrava l'amore della sua vita, senza sapere ancora che lo era. Lei era sempre stata innamorata di quell'abito, ricordo le volte in cui lo indossava e fingeva di essere sua nonna, ma quando lei venne a mancare, e glielo donò in suo ricordo, non ebbe più il coraggio di indossarlo o vederlo, per questo lo aveva sepolto fra altri vestiti vecchi nell'armadio in soffitta. Così, perché non le ricordasse troppo sua nonna, ma in modo che la facesse sentire ancora la magia d quell'abito, lo avevo fatto modificare. –Ehi, non piangere. – dissi, asciugandole una lacrima con il pollice. Avevo tenuto conto della possibilità di un bel pianto, quindi poco prima di uscire dalla mia stanza avevo infilato nella tasca della felpa un pacchetto di fazzoletti di carta. L'aprii e ne tirai fuori uno, porgendoglielo. Lei mi sorrise e l'afferrò. –Grazie. – disse. Si asciugò le lacrime, tamponando gli occhi, e con un gran sorriso stampato in volto mi porse una busta da lettere bianca, che prese da sotto l'albero. La guardai, curiosa e confusa, e lei mi fece un cenno con la testa, come per dirmi "muoviti aprila!". La aprii, strappandola, visto che aprirla come una persona normale a me risultava impossibile, e ne estrassi due pezzi di carta. Aggrottai le sopracciglia, ancora più confusa di prima, li girai e vidi che erano due biglietti aerei per Barcellona. Sgranai gli occhi e spalancai la bocca. –Sono sempre validi, non ho fissato una data entro cui usarli. Quando avrai voglia di fare un viaggetto con qualcuno e cambiare aria potrai prendere l'aereo e scappare a Barcellona. – Alzai gli occhi su di lei, incredula, ancora a bocca aperta per lo shock. Non immaginavo nemmeno quanti soldi avesse speso per quello, ma immaginavo non fossero pochi. –Grazie. – sbottai, estasiata, tenendo fra le mani i biglietti aerei. Mi fu inevitabile chiedermi se Sebastian avrebbe accettato di venire a Barcellona con me. Anche se non ne comprendevo il motivo, avendo due biglietti aerei, la prima persona con cui pensai di partire fu lui. Subito, senza alternative, il che mi turbò non poco. –Vi va di uscire stasera? – sbottò Luca, attirando l'attenzione di tutti su di lui, staccatosi dal telefono per la prima volta in mezz'ora. Chiuse la chiamata e infilò il cellulare in tasca. –Ma è la sera di natale. – esordì Eva, confusa. –In centro c'è una festa a tema natalizio, al bar di un mio amico, e siamo stati invitati. Le ragazze devono vestirsi da elfi, mentre i ragazzi si dovrebbero vestire da babbo natale. Ma... non sono esattamente costumi normali. – disse, grattandosi nervosamente il collo, imbarazzato.

***

-Se vuole che sembri una che fa un porno natalizio ci ha azzeccato in pieno! – esclamai, indignata per il costume che ci aveva dato da indossare Luca. Consisteva in una tutina rossa, piuttosto aderente, in pelle. Era una specie di abitino, che al posto della gonna, aveva un paio di pantaloncini corti, a cui era attaccata una giarrettiera, per reggere le calze rosse con motivi natalizi a fiocco di neve bianchi e verdi. Le maniche erano lunghe e lo scollo ampio, decorato con delle applicazioni di tessuto verde scuro. In vita avremmo dovuto indossare un cinturino nero, in vernice, e in testa un cappellino a punta, anch'esso verde scuro, che terminava in un pon-pon bianco. L'unico merito che si potesse dare a quel completo era che teneva abbastanza caldo, quindi non saremmo morte di freddo con le bassissime temperature montane. –Non posso crederci. Danno anche la biancheria intima. Quanto sono squallidi. – esclamò Eva, disgustata, tirando fuori dalla busta che l'amico di Luca ci aveva personalmente portato a casa un paio di slip e un reggiseno rosso. –Ma dove diavolo hanno intenzione di portarci? In un bordello? – sbottò, schifata, lanciando la biancheria sul letto. –Quanto la fate lunga. È la sera di natele e andiamo ad una festa dove ci saranno altrettante ragazze vestite così. Basta lamentarvi e cambiatevi, per l'amor del cielo. – esclamò Christina, esausta a causa delle nostre lamentele, mentre si levava il cardigan, già pronta ad indossare i vestiti che ci avevano dato. Beh, lei era abituata ad andare in giro più nuda che vestita, quando partecipava alle feste, quindi immaginavo non si sarebbe fatta tanti scrupoli ad indossare quella striminzita tutina, considerando anche che aveva la forma fisica perfetta per farlo, con il seno non troppo sporgente e la pancia piatta, e che quindi poteva benissimo permetterselo. Ciò non toglieva che talvolta fosse davvero volgare. Circa mezz'ora dopo, fra urla esasperate e un mucchio di imprecazioni, eravamo vestite e truccate. Io avevo preferito non esagerare, mettendo solo la solita quantità industriale di mascara, ma nient'altro, per non esagerare troppo anche con il trucco. –Sembro una prostituta. – esclamai, osservandomi allo specchio, storcendo il naso in un'espressione di disgusto. Mi lisciai il pantaloncino con le mani, che avrebbe messo in vista gran parte della coscia se per disgrazia non avessimo indossato le calze. –Mh... non siamo così male. – mi contraddisse Eva, accanto a me, guardandosi il fondoschiena allo specchio. Mi coprii gli occhi esasperata e sbuffai, mentre Christina se la rideva, per l'improvviso cambio di opinione della mia migliore amica. –Andiamo, che i ragazzi ci stanno aspettando. – disse poi, avviandosi alla porta della camera, sculettando esageratamente. Roteai gli occhi al cielo e la seguimmo fuori dalla stanza. –Sapevo che non avrei dovuto accettare di venire. – borbottai fra me e me, sottovoce, in modo che le ragazze non mi sentissero. Non volevo farmi vedere vestita in quel modo, mi metteva tremendamente a disagio essere così esposta. Certo, anche a me piaceva provocare i ragazzi vestendomi in un certo modo, a volte, ma così era decisamente eccessivo. Appena fummo faccia a faccia con i ragazzi, e ci videro, smisero di colpo di parlare e si presero qualche minuto per guardarci meglio una ad una, come noi con loro. Il loro costume consisteva in un paio di pantaloni rossi, con delle bretelle, e un cappello come il nostro, solo più grande, floscio e rosso. Erano più nudi di noi, ciò mi consolò parecchio in quel momento, ma di sicuro avrebbero patito il freddo per tutta la serata essendo a petto nudo. Sentendomi osservata spostai lo sguardo su Sebastian, che trovai a squadrarmi da capo a piedi. Mi sentii avvampare, mentre le mie guance prendevano un colorito paonazzo, imbarazzata e a disagio, ma stranamente trovai l'insistenza del suo sguardo, cocente su tutto il mio corpo, anche leggermente piacevole e mi lusingò. Fu Christina, a quel punto, probabilmente infastidita e sentendosi anche leggermente messa da parte, a fargli distogliere lo sguardo da me, con un metodo molto poco ortodosso. Gli si lanciò letteralmente addosso, strusciandosi come un gatto sulle gambe del padrone, emettendo mugolii impercettibili, simili a fusa, mentre con sguardo da serpe mi fulminava con gli occhi. Se Luca non fosse venuto a parlarmi, proprio in quel momento, probabilmente le sarei saltata al collo e le avrei strappato tutti i capelli dal primo all'ultimo. Non capii bene se il ragazzo se ne fosse accorto e fosse venuto da me apposta per evitarmi di fare qualcosa di cui, in verità, non mi sarei affatto pentita, ma in tal caso lo nascondeva davvero bene. Iniziò a parlare, peccato che non stessi ascoltando neanche una parola di quelle che uscivano dalla sua bocca. Vedevo solo le sue labbra muoversi e con la coda dell'occhio la spudoratezza delle avance che Christina stava rivolgendo a Sebastian. Fra una toccatina e l'altra mi rivolgeva delle occhiate di sfida, unite a dei sorrisini strafottenti ogni tanto. Improvvisamente, accertatasi prima che li stessi guardando, mise una mano sul petto del ragazzo, afferrando le bretelle che gli reggevano i pantaloni, e lo baciò senza pudore, ostentando schifosamente la presenza della sua lingua nella bocca del ragazzo. A lui, dal canto suo, non sembrò nemmeno passare per la testa l'idea di togliersela di dosso, visto come le sue mani, dalla schiena di Christina, scivolarono fino quasi al suo fondoschiena. Era difficile mandare via il groppo in gola, a quel punto. Pensare che poco prima voleva bacare me e in quel momento stava baciando un'altra era devastante. Avrei dovuto fare come lei, prendermi ciò che volevo senza fare troppe storie, ma ci pensavo su sempre nei momenti sbagliati, come nei momento sbagliati agivo impulsivamente. Maledizione a me e alla mia testa dura. Ben presto, il dolore che quel bacio aveva procurato, iniziò a trasformarsi in un latro sentimento. Risentimento, rabbia. Mi si infiammò letteralmente il sangue nelle vene. Ormai fuori controllo, una volta che si furono staccati, dopo un'intensa performance di baci passionali, afferrai a mia volta le bretelle di Luca e lo tirai a me, baciandolo nello stesso identico modo. Non mi sfiorò nemmeno l'idea che tutto ciò appagasse Christina, l'unica cosa a cui pensavo erano le mani di Sebastian sul corpo della ragazza. Volevo farlo soffrire, volevo che fosse geloso. L'occhio mi cadde sul ragazzo in questione, mentre ancora baciavo Luca, e colsi perfettamente la sua espressione accigliata, che presto si trasformò nel ritratto della rabbia, una volta realizzato cosa stessi facendo e soprattutto con chi. Lo ammetto, per un secondo ne fui soddisfatta. Luca mi afferrò il braccio, interrompendo il bacio, e si avvicinò al mio orecchio. –Non usarmi mai più per ripicca. Non sono un giocattolo per far ingelosire Sebastian. – sussurrò duramente. Dalla sua voce percepii tutto il suo fastidio e solo allora realizzai l'infantilità delle mie azioni, solo allora finalmente me ne vergognai. Avevo imitato il prototipo di ragazza che disprezzavo. Rendendomi solo incredibilmente ridicola agli occhi di tutti. –Scusa, ma non ce l'ho fatta. – gli sussurrai a mia volta all'orecchio, lasciando trasparire il mio imbarazzo dal tono di voce. Si staccò e annuì. –Su andiamo. – sbottò Tom, a un certo punto, attirando l'attenzione di tutti su di lui e spezzando quella tensione che aveva iniziato ad appesantire l'atmosfera. Quasi non avevo notato che la stanza era calata nel silenzio, sembrava che tutti fossimo in trans, nessuno si muoveva di un passo. Infilammo i cappotti pesanti, appesi all'attaccapanni davanti alla porta, e ci dirigemmo alla macchina. Il viaggio fu piuttosto silenzioso, tranne per le indicazioni che Luca forniva a Tom sulla strada da seguire per arrivare al bar di questo suo amico. Una volta arrivato scendemmo dall'auto e noi ragazze ci dirigemmo direttamente al bar, aspettando i ragazzi, che si erano fermati a fumare una sigaretta. Avrei voluto unirmi a loro, ma non mi piaceva affatto l'idea di stare nello stesso luogo con Sebastian e Luca insieme, dopo la figuraccia di pochi minuti prima. Christina, senza dire niente a nessuno, se ne andò subito, disperdendosi nella folla di ragazzi e ragazze, tutti vestiti come noi, e Eva mi lasciò sola per andare al bagno, prima che tornasse Tom, con cui avrebbe passato tutta la serata. Mi rintanai in un angolino del bar, togliendo il cappotto e appoggiandolo sulle gambe, e misi le cuffiette che avevo infilato nella tasca di esso, ancora il giorno prima. La gente avrà pensato che fossi matta a mettere le cuffie in un bar con la musica, ma non me ne preoccupai affatto, troppo persa nei pensieri, che vorticavano da Sebastian a tutto ciò che mi stava accadendo in quel periodo, sempre riguardante lui, mentre il mio cervello gridava per avere un attimo di tregua, gridava "nicotina" una pausa per staccare.

SEBASTIAN POV'

-Sei un idiota. – sbottò Luca, guardandomi esasperato, facendo un tiro della sua sigaretta. Appoggiato con la schiena al muro si stringeva le braccia al petto, per placare in vano il freddo. –Concordo. – gli diede man forte Tom, buttando a terra la sua sigaretta, ormai finita, e schiacciandola con un piede. Li guardai uno ad uno, confuso. –Che ho fatto ora? – chiesi esasperato, sbuffando e alzando gli occhi al cielo. Sentiamo perché sarei un idiota... pensai, mentre mi sfregavo le braccia con le mani. Si moriva di freddo lì fuori, nonostante i cappotti, l'assenza di una maglia si sentiva. –Se ti piace così tanto Chiara perché diavolo baci Christina davanti ai suoi occhi. Ci sta piuttosto male sai? – Ed eccolo, Luca in versione fratello maggiore protettivo. Come se Chiara già non ne avesse uno, che per giunta mi odiava. Mi dava talmente tanto fastidio il rapporto che Luca aveva con Chiara. Non solo ero geloso di lei, ma lo ero anche di lui. Perché sì, mi dava fastidio che avesse certi comportamenti con lei, che la chiamasse piccola, la abbracciasse, tutti quei baci sulla guancia, ma era il mio migliore amico, non mi andava a genio neanche che il loro rapporto fosse migliore del nostro. –Vedo come ci sta male. Si spalma sulla tua faccia per la troppa tristezza. – esclamai sprezzante, facendo l'ultimo tiro alla sigaretta e buttandola a terra. Con il sangue che mi ribolliva nelle vene girai i tacchi ed entrai nel bar, lasciandoli fuori al freddo. Fanculo loro. Fanculo quello che pensavano. Magari avevo fatto un'idiozia a baciare Christina, ma una volta che le sue mani erano finite al cavallo dei miei pantaloni non avevo capito più niente, quella stretta così familiare e piacevole aveva risvegliato in me istinti che non ero riuscito a controllare. Non andavo a letto con nessuna ragazza da mesi, almeno non da quando Chiara era rientrata nella mia vita, con una tentazione di quel genere era impossibile trattenersi. E forse era proprio quello di cui avevo bisogno; andare a letto con una ragazza per togliermi Chiara dalla testa, o per lo meno per non pensare a lei per qualche ora. Andai a sedermi al bancone del bar, trovando il resto della sala troppo chiassosa e affollata, e poco dopo, lo sgabello accanto al mio fu occupato da una ragazza. Mi volai verso di lei e la osservai. I capelli corti e biondi le incorniciavano il viso, esaltando il verde delle sue iridi, come il trucco marcato che, nonostante fosse eccessivo, portava benissimo. Sentendosi probabilmente osservata posò gli occhi su di me, lo sguardo magnetico, ipnotizzante, mi causò un brivido lungo la schiena. Sul suo viso apparve un sorriso, una volta che si fu accorta del mio sguardo persistente su di lei, che, differentemente da come avrebbero fatto altre ragazze, non ebbe paura di nascondere. Passò la lingua sulle labbra, in modo sensuale, e finì mordendosi il labbro, voltandosi di nuovo verso il bancone, con un sorriso sghembo provocatorio. Alzò una mano, richiamando l'attenzione del barista, e gli fece un segno strano, che il ragazzo interpretò alla perfezione, iniziando a prepararle un cocktail. Era sicuramente una cliente abituale. –Continui a fissarmi o ti decidi a parlare tesoro? – mi provocò, prendendo un sorso della bevanda che, proprio in quel momento, il barista le aveva messo fra le mani. Di sicuro non aveva la mia età, era più grande di almeno tre o quattro anni, come minimo. Sbuffai una risata, ma non le risposi, voltandomi verso il barista, osservando i movimenti veloci che faceva per accontentare le richieste dei clienti. –Giù di morale? Sei di compagnia quanto un pesce rosso. – continuò la ragazza, ridacchiando fra se e se, prendendo poi un altro sorso del suo drink. –Giornataccia. – sospirai, prendendo il viso tra le mani, frustrato. Sfregai le mani sugli occhi e tornai a fissare il barista, ancora intento a preparare cocktail. –Ti serve una scopata tesoro. – sbottò lei, senza peli sulla lingua. –Eh già, mi ci vorrebbe proprio. – dissi sovrappensiero, sbuffando una risata. Scese dallo sgabello, spingendo in avanti il bicchiere ancora mezzo pieno, e si avvicinò di qualche passo. –Hai i preservativi con te? – mi chiese, frugando nella sua borsa, concentrata sul suo contenuto. Aggrottai le sopracciglia e la guardai accigliato. –Stai scherzando? – chiesi, sgranando gli occhi. La sola idea di farmela, dopo un astinenza così lunga, bastò a farmelo venire duro. Cacciò il portafogli dalla borsa e allungò una banconota sul bancone, facendo un occhiolino al barista. –Ti sembro una che scherza? – Si voltò verso di me, aggrottando le sopracciglia. –Senti, tu hai bisogno di scopare, io ho rotto stasera con il mio ragazzo e non ho intenzione di rimanere a compiangermi al bancone di un bar, qui c'è un bagno, fa due più due, ne verremmo fuori entrambi bene. – argomentò, infilando di nuovo il portafogli nella borsa. Quando non ricevette risposta alzò gli occhi su di me e mi guardò interrogativa. –Allora, li hai o no i preservativi? – Ero davvero sicuro di voler fare sesso con lei? I pantaloni, decisamente molto più stretti, e il membro duro mi dicevano di sì, anzi, urlavano di sì, ma la mia mente non ne era così certa. Già sentivo i sensi di colpa affiorare. Nonostante ciò annuii e la seguii in bagno. Sapevo fin da subito che di lì a poco me ne sarei pentito, amaramente.

CHIARA POV'

-Luca non deve più baciarti. Capito? Posso farlo solo io. – biascicò Sebastian, sventolandomi una mano davanti al viso. Era ubriaco fradicio e ormai da venti minuti continuava a ripetermi sempre le stesse parole, come un fastidioso disco rotto. Lo avevo perso di vista solo due ore prima e già era andato fuori di testa, un miracolo che stesse ancora in piedi. –Sebastian, vieni. Calmati. Ora io e te andiamo a casa e dormi un po'. Sei ubriaco, andiamo. – dissi, con tono accondiscendente, pensando che inveire su di lui, come volevo fare in quel momento, non sarebbe stata una buona idea. Si sarebbe meritato solo di essere lasciato ubriaco, a girovagare per il locale, ma mi faceva pena ed ero troppo buona per lasciarlo lì da solo, a badare a se stesso. Lo presi per un braccio e lo accompagnai fuori dal locale, a prendere un po' d'aria, tanto per cominciare, mentre preparavo un piano d'azione. Come prima cosa scrissi un messaggio ad Eva, in cui le spiegavo che ce n'eravamo andati e di non preoccuparsi, e come seconda cosa cercai un posteggio taxi su internet, trovandone uno giusto pochi metri più avanti. Diedi l'indirizzo della casa di Tom al tassista e aiutai Sebastian a salire, facendogli poi appoggiare la testa sulle mie gambe. Lui con gli occhi socchiusi e le guance paonazze allungò una mano verso il mio viso, accarezzandomi una guancia. –Chiara, sei così bella. Wow, sei bellissima. Ti voglio. Posso mangiarti? – chiese biascicando, mentre gli accarezzavo i capelli soffici. Quella sua espressione sfatta e leggermente ebete era la cosa più dolce che avessi mai visto in vita mia, davvero tenero. –Voglio una capra. Una capra marrone col naso rosso. Poi la chiamo Romoaldo. Chiara, comprami una capra. – si lamentò, chiudendo gli occhi, facendo scivolare la sua mano dal mio viso al mio ventre, iniziando ad accarezzarlo inconsciamente con i polpastrelli. Sorrisi, accarezzandogli la tempia, e mi chinai a lasciargli un bacio sulla fronte. –Okay Sebastian, ti comprerò una capra. – sussurrai. Dopo svariati minuti, in cui il conducente non fece altro che lamentarsi per il baccano che stava facendo Sebastian, improvvisamente messosi a cantare, e io che mi scusai in continuazione, arrivammo finalmente davanti casa. Pagai l'uomo, rinnovandogli le mie scuse e ricevendo da parte sua solo un grugnito, trascinando poi il ragazzo fino alla porta di casa ed entrando con le chiavi che trovai nelle tasche del suo cappotto, che gli avevo messo a forza prima di trascinarlo fuori dal bar. –Casa dolce casa! – esclamò e inciampò sui suoi stessi piedi, facendo un volo a terra, iniziando a ridere senza alcun controllo. Nella stanza riecheggiò un rumore sordo, che si propagò poi per tutto il resto della casa, insieme al rumore delle sue risate. –Alzati e andiamo a letto dai. – dissi, sospirando, sporgendomi in avanti per aiutarlo ad alzarsi. Con un po' di difficoltà riuscii a farlo collaborare e a metterlo in piedi, prima di trascinarlo in camera mia. Tolsi il braccio con cui si reggeva al mio collo e lo feci stendere sul letto. –Ora tu ti stendi qui, mentre io vado a cambiarmi. Non ti muovere, intesi? – Annuì, borbottando qualcosa di incomprensibile, e chiuse gli occhi. Presi il mio pigiamone, sfilandolo da sotto il corpo del ragazzo, andai in bagno e, pensando che tanto Sebastian si fosse addormentato, mi cambiai con calma. Tolsi quell'orrenda tutina che avevo addosso, faticando a farla scivolare via dal mio corpo, e indossai il mio caldo pigiama in pile, riuscendo a respirare decisamente meglio. Raccolsi i capelli in una crocchia disordinata e mi struccai, rimuovendo i residui di trucco che durante la serata erano leggermente colati Tornai nella mia stanza, ma Sebastian sembrava essere sparito. –Sebastian, dove sei? – chiesi, in preda al panico, preoccupata che, ubriaco come era, si potesse fare del male da solo. Iniziai a cercarlo per la stanza e pensai "dove si sarebbe potuto ficcare un idiota ubriaco?". Poi lo sentii. –Dove cazzo sta Narnia!? – sbraitò. Andai nella direzione da cui proveniva il suono e lo trovai dentro all'armadio, mentre bussava e urlava a squarciagola. –Razza di idiota, torna a letto. – sbottai, artigliandogli il braccio per tirarlo fuori dall'armadio. Quando cavolo mi era venuta la malata idea di portarlo a casa. Avrei potuto farlo fare a Luca, se solo non fosse scomparso, o forse avrei dovuto asciarlo al bar e continuare con la mia serata. –No, prima voglio vedere Narnia. – obbiettò, cercando in vano di strattonare via il braccio dalla mia presa. Strinsi la presa e con un colpo secco lo feci uscire dall'armadio, rischiando di farci cadere entrambi a terra per l'impeto dell'azione. –Ora, tu ti fai una doccia fredda e ti fai passare la sbornia. – Lo portai in bagno e lo spogliai, lasciandogli addosso i boxer, per poi infilarlo in vasca. Accesi il getto freddo, puntandolo su di lui, e subito lui iniziò a lamentarsi, dimenandosi come un'anguilla. –Basta, ti prego. – mi pregò, afferrando il mio braccio e stringendolo. –Porta pazienza, ancora un po'. – dissi, accarezzandogli i capelli bagnati. Speravo che l'acqua fresca attenuasse gli effetti dell'alcool, facendolo tornare in se, e sembrava funzionare almeno un po'. –Non ce la faccio più. – biascicò. –Solo un altro po'. Poi potrai uscire. – sospirai, continuando ad accarezzargli i capelli. –Non ce la faccio più a vederti con Luca. Non ce la faccio più a vederti con qualsiasi altro ragazzo. Non ce la faccio più a continuare così. – disse, sull'orlo dell'esasperazione, portando le mani fra i capelli, scacciando la mia che fino a poco prima li accarezzava. Trovai le sua parole, così sincere e disperate, infinitamente dolci e vere, tanto da farmi restringere il cuore. Sospirando mi alzai in piedi e mi infilai in vasca, sedendomi davanti a lui, ranicchiato con le ginocchia strette al petto, mettendomi nella sua stessa posizione. –Ehi, tranquillo. Sono qui ora, con te. – misi le mani sulla sue, spostandole dalla sua testa, e gli divaricai le gambe, infilandomici in mezzo. Gli presi il viso fra le mani e lo portai nell'incavo del mio collo, avvolgendogli le braccia attorno al torace. E restammo lì, io che lo stringevo più forte che potevo e lui che sussurrava parole sconnesse sul mio collo. Eravamo due idioti sotto una doccia fredda. Due idioti innamorati sotto una doccia fredda. Due idioti innamorati che non potevano stare insieme. Sempre sotto una doccia fredda.

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Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//

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