"Come aeroplanini di carta"

Per ChinaNera

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Un amore sfortunato, nato in una pozza di fango, in un giorno piovoso. Un amore maturato nel tempo. Un amore... Més

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[52-The End]
Ringraziamenti &... Sequel(?)^
Squel^
SEQUEL CANCELLATO^

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Per ChinaNera

SEBASTIAN POV'

Non avevo chiuso occhio tutta la notte. Pensavo e ripensavo all'abbraccio che avevo dato a Chiara, la sera prima. Perché? Mi chiedevo. Perché l'avevo abbracciata? Perché le avevo chiesto scusa? Perché l'avevo seguita? Perché ci stavo così male nonostante non fossimo nemmeno più amici? Aveva creato uno spiraglio nel muro che mi ero costruito attorno, era entrata nella mia testa e in nemmeno 24 ore aveva stravolto le mie convinzioni. Mi aveva spinto a fare cose che non avrei mai fatto, se solo avessi avuto la mente lucida nel momento in cui mi aveva detto che ero la sua rovina. Se solo me l'avesse detto in un atro momento, e non quando ero nel panico per la paura che qualcuno mi scoprisse, avrei agito diversamente. Probabilmente non le sarei corso dietro e probabilmente non mi sarei nemmeno sentito troppo in colpa. Era assurdo farsi tante seghe mentali per uno stupido abbraccio, ma per me era un problema. Mi ero mostrato debole e patetico, mi ero mostrato vulnerabile. Ma soprattutto le avevo dato false speranze, avevo dimostrato che a lei ancora ci tenevo, e l'ultima cosa che volevo era illuderla e farla soffrire di più, non potendole dare quello che voleva. Un'amicizia. Ero talmente perso nei miei pensieri che il suono ridondante della sveglia, in un primo momento, mi arrivò ovattato. Man mano che passavano i minuti, però, era sempre più chiaro e nitido. Quando mi resi conto che stava suonando già da un pezzo voltai la testa verso di essa e vidi che erano già le 8 di mattina. Spalancai occhi e bocca contemporaneamente, allibito. Saltai in piedi e di tutta fretta iniziai a vagare per la stanza, non sapendo da dove iniziare. Raccattai da terra un paio di jeans a caso, una t-shirt che trovai appallottolata sulla scrivania, e infilai tutto, non preoccupandomi se fosse roba sporca. Infilai in fretta dei libri a caso nello zaino e dopo aver preso il telefono dal comodino, staccandolo dal carica batterie, corsi fuori di casa, senza far caso alla donna che stava pulendo il salotto. Mi fermai solo un secondo all'entrata, per prendere le chiavi dell'auto, e dopo qualche minuto ero davanti al portone della scuola, accaldato e in tremendo ritardo. Infatti, appena entrai in classe, la professoressa di latino mi incenerì con solo uno sguardo. –È in ritardo. Che sia l'ultima volta signor Stark. – Mi squadrò da capo a piedi, da sopra gli occhiali. Fra noi c'era sempre stato odio. Io odiavo la sua materia e lei odiava me. Senza nemmeno degnarla di risposta, con uno sguardo di sfida, le passai davanti, guadagnandomi un'occhiataccia omicida da parte sua. Il mio sguardo cadde su una folta chioma di capelli lisci e lunghi color biondo scuro, qualche banco più in giù del mio. Andai a sedermi accanto a Luca, che giocava col telefono. –Hei, che faccia. Che ti è successo, seratina? – mi chiese con sguardo malizioso, ammiccando. –Si, in bianco. – borbottai, mettendo la testa fra le mani e sospirando rumorosamente, tanto da farlo staccare dal suo giochetto insulso. –Dai, dimmi che succede. Lo sai che puoi dirmi tutto. – mi disse con voce comprensiva, ruotando sulla sedia verso di me. –Lo so, solo... non ne voglio parlare. Magari dopo. – cercai di sviare il discorso. Se glielo avessi raccontato mi avrebbe preso per pazzo. Cosa che avrei fatto anch'io in quella situazione. –Okay amico. – disse, alzando le mani in segno di resa, e con un ultimo sguardo tornò a giocare sul suo telefono. Le ore passarono in fretta, e fra l'una e l'altra vidi Chiara lanciarmi strane occhiate di tanto in tanto. Quando suonò la campanella che determinava la fine delle lezioni, come pensavo, andò nell'aula di musica. La seguii per... non sapevo perché, la seguii e basta. Mi affacciai alla porta della stanza e la trovai immobile, a pochi passi da me. Il suo viso annegava nelle lacrime e le mani erano appena adagiate sulle labbra, coprendole. Poi mi accorsi che le sue non erano lacrime di tristezza, i suoi occhi brillavano, quei suoi grandi occhi marroni sembrava splendessero di luce propria, e tolte le mani le comparve un sorriso gigantesco, uno dei più sinceri che le avessi mai visto fare. Presto mi accorsi che non era sola. C'era un ragazzo, vicino al pianoforte. Un tipo abbastanza alto, biondo e riccio, con degli occhi di un verde intenso, che splendevano di una strana luce. Lui le sorrise e in quel momento mi chiesi se non gli facesse male la faccia a sorridere in quel modo. Chiara cacciò un urlo, distraendomi dall'osservare la figura del ragazzo, che doveva avere più o meno l'età di Chiara, e gli corse in contro, saltandogli in braccio.

CHIARA POV'

Come il giorno prima, terminate le lezioni, andai nell'aula di musica, del tutto all'oscuro di quello che mi sarei trovata davanti. Quando vidi Adam, di fianco al pianoforte, non ragionai più. Subito sentii le lacrime iniziare a scendere dai miei occhi, solcarmi il viso, infrangendosi poi a terra con dei tonfi sordi. Coprii la bocca con le mani, incredula, e mi venne spontaneo sorridere. Gli corsi incontro e gli saltai in braccio, stringendogli le braccia al collo e affondando il viso nell'incavo del suo collo. Ricambiò l'abbraccio circondandomi la vita con le braccia e stringendomi possessivamente. –Tu non dovevi tornare fra due settimane? – mi staccai di poco e gli presi il viso fra le mani, facendo scorrere gli occhi su tutto il suo viso, mentre ancora mi teneva stretta a lui. –Sorpresa! – esultò con un sorrisetto compiaciuto. –Perché non me l'hai detto prima?! Dobbiamo dirlo ad Eva, sarà felicissima. – sciolse le braccia dal mio corpo e mi prese il viso fra le mani, come stavo facendo io. Mi asciugò le lacrime con i pollici e mi premette un bacio sulla fronte. –Lo sa già, ha avuto lei l'idea di farti la sorpresa. – disse sorridendo, allontanandosi di poco dal mio viso per guardarmi meglio. –Si può sapere perché sono sempre l'ultima a sapere le cose!? – chiesi, sbuffando. –Adesso tu mi racconti ogni minimo dettaglio della tua vacanza in Svizzera. Voglio sapere tutto. Tutto! Soprattutto quante belle svizzere hai conquistato. – conclusi la frase con un sorrisetto malizioso, alzando un sopracciglio, e sventolandogli un dito davanti al viso. Ridacchiò e annuì. Ci sedemmo sullo sgabello, davanti al pianoforte, e lui iniziò a spiegarmi tutto quello che aveva fatto in quei mesi per filo e per segno. –Ah, quindi nessuna ragazza in vista. Sei proprio una delusione. – non potei non lasciarmi scappare una risatina, che venne subito ricambiata. Era strano, era sempre stato un rubacuori con quei suoi occhioni verdi e i suoi capelli ricci e biondi. Non aveva il fisico di un modello, ma aveva il viso di un angelo e la dolcezza di un barattolo di nutella. Insomma, chi non se lo sarebbe voluto mangiare? –Già, nessuna ragazza. E qui, come è andata? – chiese, giocherellando con il braccialetto in pelle che aveva al polso. –Non si può dire che sia andata bene, ma nemmeno male. Le solite cose, ma per ora nessuna presa in giro. Magari è la volta buona... – dissi speranzosa. Sospirò e mise una mano sulla mia spalla. –Spero davvero che sia così. Sono stanco delle cavolate che sento dire quando gli passo vicino. Sono solo degli stronzi. Per divertirsi hanno bisogno di far soffrire qualcuno. Sicuramente avranno trovato qualcun altro da prendere di mira. – scrollò le spalle, guardando il vuoto. Avevo parlato di alcune persone che non venivano considerate ne sfigate ne popolari. Lui ne era l'esempio. Aveva i suoi amici, viveva normalmente e nessuno lo infastidiva. Diedi un'occhiata al telefono, per vedere l'ora. –Wow, sono già le cinque e mezza, ci siamo davv... - non mi lasciò finire la frase, cosa che succedeva spesso. Sgranò gli occhi e mi strappò il telefono di mano per controllare lui stesso. –Le cinque e mezza!? – urlò a pieni polmoni, appoggiandomi il telefono in mano. –Merda. – imprecò infilandosi le mani fra i capelli e tirandoli. –È tardi, devo scappare! – mi lasciò un bacio veloce sulla fronte e senza aggiungere altro sparì oltre la porta. Decisi di andarmene, anche se proprio non avevo suonato, e tornare a casa. Mi avviai fuori, con lo zaino in spalla, ma appena varcai la soglia dell'aula andai a sbattere contro una figura alta e snella che mi apparse davanti. –Hei, sta più attento. – avvertii l'individuo. Quando riuscii a vedere meglio il suo viso mi bloccai. Ero andata a sbattere contro Sebastian. Con voce profonda e durissima, tanto da farmi accapponare la pelle, chiese –Chi era quello? – era serio e scuro in volto. La mascella serrata e i pugni stretti lungo i fianchi lasciavano intendere il fastidio che provava. –Che t'importa? Sono fatti miei! – ribattei con il suo stesso tono, fulminandolo con gli occhi. Provai ad andarmene, spostandomi di lato e proseguendo per il corridoio, ma mi prese per le spalle e mi spinse contro il muro, bloccandomi con le sue forti braccia. Gli occhi erano fissi nei miei, il suo viso era talmente tanto vicino che potevo benissimo sentire il suo fiato imbattersi sul mio naso. –Lasciami andare! – urlai, ma questo non servì a niente se non a far sì che lui si avvicinasse ancora di più a me. –Rispondimi! – urlò a sua volta. Feci appello a tutto il mio autocontrollo per non tirargli un calcio nelle palle tanto forte da togliergli il fiato e mi morsi la lingua per non urlargli le cose più brutte che mi venivano in mente in quel momento. –È il mio migliore amico, brutto testa di cazzo. Che te ne frega? Non sarai... Geloso? – il mio tono di voce andava mano a mano ad affievolirsi. Lui non disse niente. Rimase lì fermo a guardarmi, immobile. –Allora? – lo incitai, aggrottando le sopracciglia, ma niente, non parlava. Provai a spingerlo via per andarmene, ma facendo così mi avvicinai solo di più a lui. Un brivido mi percorse tutto il corpo quando per sbaglio sfiorai il suo naso col mio, diventando poi completamente rossa. Si staccò da me, dandosi una leggera spinta sul muro, e se ne andò, sparendo in fondo al corridoio. Rimasi immobile per un minuto, tentando di realizzare cosa fosse appena accaduto, ma la troppa vicinanza a lui aveva mandato a quel paese i miei ormoni, che ora erano a mille. Sembravo un dannato cane in calore, accaldata e rossa in viso. Cosa diavolo mi stava succedendo?

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Lidia00x
Inchiostroalpostodelsangue//


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