CENTOOTTO

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Rick si era addormentato sul divano senza nemmeno rendersene conto. Controllò l'orologio appoggiato sul pianoforte e vide che doveva aver dormito poco più di un'ora, il tempo necessario perché si svegliasse con il collo decisamente indolenzito per la posizione innaturale assunta in quel seppur breve tempo. Piegò la testa a destra e poi a sinistra sperando di distendere un po' i muscoli, ne ottenne solo due fitte di dolore più intenso che gli fecero ben presto desiderare solo una doccia calda e riposo totale nel suo letto. Spense le luci del loft ed andò in camera, ripose con cura i vestiti sulla sedia e poi rinunciò all'idea della doccia calda attirato dal richiamo troppo invitante del letto. Senza Kate, però, era decisamente troppo vuoto e freddo. Non poteva però lamentarsi della sua assenza quando era stato lui stesso ad invitarla a rimanere con Joy: per nessuna ragione al mondo avrebbe distrutto quel magnifico quadro madre/figlia.Stava quasi per addormentarsi quando intravide nel buio della stanza la sagoma di Beckett ferma vicino alla porta della camera da letto.- Kate? - La chiamò sottovoce credendo di avere le allucinazioni- Non volevo svegliarti. - disse avanzando piano mentre lui si tirava su mettendosi seduto sul letto.- Va tutto bene? - chiese preoccupato.- Sì... - si sedette sul bordo del letto accarezzandogli i capelli spettinati.- Joy?- Dorme. Profondamente. - Precisò per rassicurarlo mentre nel buio trovava le labbra di lui con le proprie. Si fece spazio tra le sue braccia, adagiandosi sul suo petto. Si rilassò completamente, per la prima volta dopo tanto tempo mentre lui sorpreso di averla lì quando già si era rassegnato alla sua assenza, le accarezzava la schiena.- Grazie. - Gli disse strusciandosi con il viso sulla sua maglietta.- Per cosa?- Per tutto. - Rispose in un sospiro. Lo aveva già ringraziato non sapeva quante volte, eppure le sembrava sempre che non fossero abbastanza per tutto quello che lui aveva fatto per lei, per loro. Chiunque altro si sarebbe arreso molto prima, ma lui no, sapeva che non lo avrebbe fatto mai e lo aveva dimostrato, credendoci anche quando lei non riusciva a farlo più.A Rick nella penombra della stanza scappò un sorriso che lei non potè vedere e non le disse quanto fosse importante per lui quello che aveva appena fatto e se le parole di Martha anche non volendo avevano lasciato un ombra sopra molte cose, Kate aveva appena cancellato tutte le sue insicurezze.- Non devi ringraziarmi, tutto quello che ho fatto, l'ho fatto per noi.Era una parola che gli piaceva tanto, noi. Racchiudeva tutto quello che sempre cercava, quello che voleva costruire e non era mai riuscito a fare. "Noi" erano loro, era tutta la sua famiglia e non c'era niente che lo rendeva felice quanto adoperarsi per la felicità di tutti loro. "Noi" era un modo diverso di vivere la sua vita, era il Richard dietro i riflettori, quello che solo in pochi conoscevano, quello che riservava solo per le persone che amava veramente. "Noi" erano Alexis e Joy, erano lui e Kate, le colonne sulle quali si sarebbe poggiata la sua nuova famiglia, nata in mezzo alle più grandi difficoltà che l'hanno subito messa alla prova, ma che si stava dimostrando più stabile di qualsiasi altro rapporto avesse mai avuto prima. Sapeva che Kate era diversa da tutte le altre, che con lei poteva veramente realizzare quel sogno sempre rimasto tale ed ora era convinto che era perché il destino voleva che lui arrivasse a lei ed ora che c'era arrivato non aveva più nessuna intenzione di lasciarla scappare via. La strinse di più a sé e lei fu ben felice di aggrapparsi al suo petto dove trovava riposo il suo corpo e la sua anima. Non aveva mai pensato Beckett che nella sua vita la sua felicità sarebbe dipesa totalmente dagli altri e non da se stessa, da sua figlia e Rick, il nuovo centro del suo mondo.- Mi piace quando parli di noi... - Gli disse mentre il sonno aveva la meglio su di lei e poco dopo si lasciò cullare dalle braccia di Rick e da quelle di Morfeo.—La vita al loft era tornata alla vecchia normalità, quella interrotta dall'arrivo di Connor. Joy ogni giorno riacquistava la sua vivacità e man mano che stava meglio cresceva anche l'insofferenza con quella situazione di riposo forzato imposto fino a quando non avesse superato i successivo controlli dopo la ricaduta pre natalizia. Rick e Kate erano molto scrupolosi, fin troppo a sentire Martha e Alexis, ma non volevano in alcun modo correre nessun rischio per la salute di Joy, anche passando per quelli esagerati. Allentarono la presa solo dopo una prima visita dal dottor Thompson che permettevano a Joy di uscire, ma con estrema moderazione. Il clima di quella primavera instabile non aiutava certo la piccola, sempre alle prese con le preoccupazioni di Rick e Kate che, di comune accordo, avevano posto il veto per mettere il naso fuori casa ogni volta che le condizioni atmosferiche erano o si annunciavano essere avverse. "E se viene un temporale all'improvviso?" "E se si alza il vento?" erano solo alcune delle frasi che accompagnavano Rick ogni volta che decideva che era il caso che rimanesse a casa, però non gli si poteva dire che non faceva di tutto, più del solito, per farla distrarre. Passava le ore a giocare con lei ai videogiochi, avevano ormai finito più di un puzzle, sperimentato ogni tipo di gioco da tavolo, si erano anche quasi messi in pari con il programma scolastico anche con l'aiuto della sua insegnante che era tornata a darle lezioni per tutte le materie scientifiche dove Castle era meno ferrato. Il tutta questa situazione Beckett aveva cominciato a fare i salti mortali per stare più tempo possibile con sua figlia e con Castle ma era sempre più difficile, soprattutto dopo che pochi giorni prima, il Killer delle Carte era tornato in azione concludendo, almeno così speravano, la sua sequenza mortale. Questo, però, voleva dire altre tre vittime, altre tre famiglie a cui dare giustizia, il fiato sul collo dei vertici della polizia e dell'opinione pubblica, che si aggiungevano ai suoi sensi di colpa per non essere riuscita a fermarlo prima, colpevolizzandosi perché credeva di non essere stata abbastanza brava, abbastanza concentrata, distratta dalla sua situazione personale. Rick si era accorto di questo suo malessere, di come anche se non lo voleva dare a vedere, questa situazione la logorava. Era fermamente convinta che se tutta quell'indagine fosse arrivata in un altro momento della sua vita sarebbe riuscita a trovare qualche particolare che adesso le sfuggiva, che sarebbe riuscita ad interrompere prima quella scia di sangue che sentiva in parte anche colpa sua e a nulla valevano le parole di Castle che le ripeteva che lei non doveva incolparsi di niente, che lei aveva fatto il suo meglio, come sempre, era solo questo serial killer ad essere particolarmente scaltro.L'unica cosa che Rick riuscì ad ottenere fu la possibilità di tornare con lei qualche giorno al distretto, con Martha che si era detta ben felice di occuparsi di Joy intenta a completare il suo programma di studio e così se Beckett da una parte era felice di poter contare di nuovo sull'ingombrante ed a volte fastidiosa presenza di Castle al distretto, dall'altra le sembrava di fare un torto a sua figlia togliendole oltre che la sua presenza anche quella di Rick. Era entrata in una spirale che le sembrava che qualunque cosa facesse, qualunque scelta prendesse, era sempre in difetto nei confronti di qualcuno. Viveva costantemente con il piede pigiato sull'acceleratore, imponendosi di non fermarsi mai: cercava di essere il miglior detective come era sempre stato, una madre presente ed una compagna attenta, ma quando si fermava un attimo per pensare le sembrava di non riuscire ad essere nessuna delle tre cose e la verità era che lei nella sua vita non si era mai dovuta concentrare su più di un obiettivo contemporaneamente, aveva sempre vissuto dando il massimo per una cosa, una e solo quella, a cui dava tutte le sue attenzioni ed ora era convinta che non sapesse e non potesse fare la stessa cosa dividendosi su più fronti ed era tremendamente frustrante.Quella giornata, poi, aveva preso una piega del tutto sbagliata. Era uscita di casa presto senza nemmeno riuscire a salutare Joy che ancora dormiva tranquilla quando era entrata nella sua stanza, il tutto per seguire una pista che si era rivelata presto un buco nell'acqua e l'unico conforto era arrivato qualche ora più tardi quando Castle l'aveva raggiunta con la consueta tazza di caffè al quale aveva aggiunto anche una ciambella alla fragola, convinto che non si nutrisse a sufficienza. Le faceva piacere averlo lì, più di quanto ammettesse a lui per non far espandere il suo ego sempre proprio a dilagare appena ne avesse avuto la possibilità. Amava anche solo voltarsi e saperlo lì intento ad osservarla, cosa che faceva molto più spesso che non aiutarla a studiare le carte, giustificandosi con l'essere naturalmente distratto da lei per una questione di attrazione alla quale lui non poteva opporsi per sovvertire le leggi dell'universo. Ecco, quando faceva così lo avrebbe ucciso, ma era solo questione di attimi, poi tornava ad amarlo, come sempre e quello forse era il vero segreto per cui lo aveva minacciato tante volte di sparargli ma non lo aveva mai fatto.Poi si era scatenato l'inferno. Aveva subito senza fiatare prima le rimostranze, secondo lei anche più che giuste, dei genitori di una delle ultime vittime che si lamentavano di come la polizia di New York non facesse niente per loro e per trovare l'assassino. Esposito e Ryan prima e Castle dopo avevano provato ad intervenire per giustificare l'operato di tutto il distretto, ma Kate li aveva interrotti lasciando sfogare la coppia e prendendosi tutte le colpe, anche quelle non sue. Li capiva, anzi era certa che lì dentro fosse l'unica in grado di capire il loro dolore, il disagio e la frustrazione di non avere notizie, di non sapere né chi né perché. Accettò di prendersi passivamente tutta la loro disperazione senza trovare alcuna giustificazione o scusa, accusando colpo dopo colpo sotto gli occhi dei suoi colleghi e di Castle, fino a quando non intervenne Montgomery e li fece accomodare nel suo ufficio per parlarci di persona. Era stata dura per lei, come sempre, perché ogni volta rivedeva se stessa e suo padre non ricevere nessuna risposta a domande che erano ancora aperte. Sapeva esattamente come ci si sentiva, perché anche lei aveva ancora tanti perché irrisolti. Trovò breve conforto nella sala relax in un abbraccio di Castle più protettivo e intenso che mai, e mentre le accarezzava la schiena le continuava a ripetere che non era colpa sua e che non era sola. Lo sapeva, ma non poteva cambiare nulla di come si sentiva: inadeguata ed impotente.A peggiorare la situazione, proprio mentre Castle stava per tornare al loft, ci fu l'arrivo dei vertici della polizia di New York che senza troppi giri di parole, chiedevano a Montgomery la testa di Beckett, incapace di riuscire a trovare un colpevole per quel caso. Rick si bloccò e ascoltò insieme agli altri tutta la discussione che veniva dalla porta lasciata semi aperta. Nessuno riteneva giusto quel processo a Kate, forse solo lei che si sentiva responsabile del mancato arresto. Beckett ascoltava le parole dei suoi capi guardandoli negli occhi, non per sfida, ma perchè non aveva nulla di cui vergognarsi, ed anche se aveva mille dubbi lei stessa sul suo operato non trovava nulla di cui si doveva vergognare in un insuccesso. Forse avevano ragione loro, sarebbe stato meglio lasciar perdere, dare il caso a qualcuno più esperto, più anziano, qualcuno, magari un uomo, che non avrebbe suscitato ancora tutta quella diffidenza sessista che sentiva nemmeno troppo velatamente dalle loro parole. Forse avrebbe dovuto farlo, ma sapeva che quella macchia nella sua carriera difficilmente l'avrebbe lavata e che sarebbe stata la pietra tombale sulle sue aspirazioni di promozioni future: sarebbe sempre stata quella che non era riuscita a prendere il Killer delle Carte e che aveva gettato la spugna. Montgomery non le diede tempo di valutare questa opzione, perché la difese a spada tratta dalle loro accuse: lei era la migliore detective del distretto e se volevano estrometterla dal caso, avrebbero dovuto assegnarlo ad altri, perché fino a quando lui era lì e poteva decidere, quel caso sarebbe rimasto a lei.Le concessero altro tempo, ma quella frase sapevano benissimo entrambi, lei e Montgomery, che voleva dire che a breve si sarebbe ripresentato il problema e non sarebbero stati così accondiscendenti. Il capitano le diede il resto della giornata libera, aveva subito abbastanza pressioni per quel giorno e non sarebbe riuscita a concentrarsi su nulla, lei protestò ma Castle non se lo fece ripetere due volte e la trascinò via da lì.Kate era convinta che sarebbero andati subito a casa, invece Rick non era dello stesso avviso, ma Beckett era troppo presa dai suoi pensieri che non si era nemmeno accorta il momento preciso in cui lui aveva deviato allontanandosi dalla strada per il loft, fino a quando non spense il motore dell'auto in un parcheggio che costeggiava un piccolo parco. La invitò a scendere e a seguirlo fino ad una delle poche panchine lasciate libere dai tante genitori e bambini che correvano tra i giochi felici urlando anche troppo per come erano abituati.Kate osservò la scena con un misto di felicità e malinconia, pensando a Joy ancora chiusa a casa che non poteva vivere la spensieratezza della sua età.- Tra qualche mese potremo portarci anche Joy, magari subito dopo l'estate, quando non sarà più troppo caldo. - Le disse Rick cogliendo i suoi pensieri nascosti tra sospiri ed occhi lucidi che Beckett andò immediatamente ad asciugare.- Ce la porterai tu, io sarò sempre troppo impegnata per essere presente con lei. Non so se riuscirò mai a far conciliare tutto. Ad esserci per Joy e per te... ad essere un bravo detective... Non credo che posso farcela... - Si sfogò.- Certo che ce la farai. Smettila di criticarti ingiustamente! - La riprese bonariamente.- Forse dovrei lasciare il caso e forse dovrei pensare di farmi trasferire, fare qualcosa di meno impegnativo.- Kate, te l'ho già detto tante volte. Non devi. Tu sei la migliore. E il fatto che adesso hai anche una vita fuori dal lavoro, non vuol dire che non lo sei più. Fai solo quello che fanno tutti, vivono e lavorano. Era prima che era sbagliato, quando pensavi solo al tuo lavoro. Tutte le persone che lavorano con te usciti dal distretto hanno le loro famiglie di cui occuparsi e tu non ti sogneresti mai di dire a qualcuno che non fa bene il suo lavoro per questo. - Le prese la mano stringendola tra le sue. Come doveva farglielo capire che era straordinaria?- Non ci sono abbastanza per te e per Joy. Non come vorrei... Non voglio che pensi che è in secondo piano. - Disse con la voce rotta dall'emozione.- Tu pensavi che tua madre ti metteva in secondo piano? Anche lei aveva un lavoro importante, che la teneva molto tempo fuori casa, non è così?- No, no, lei c'era sempre quando avevo bisogno e...- Pensa a tutti i ricordi che hai con lei, scommetto che quando non lavorava passavate tanto tempo insieme. Per Joy sarà lo stesso. Tu ci sarai sempre quando lei avrà bisogno, ci sarai quando sarà importante e lei apprezzerà ogni momento che sarete insieme. Come lo faccio anche io. Non cercare di essere perfetta, Kate. Cerca di essere te stessa e sarai perfetta per noi.Appoggiò la testa sulla sua spalla senza rispondergli, mentre lui le cingeva la schiena in un abbraccio. Sapeva esattamente che aveva bisogno di qualche minuto per riprendersi prima di tornare a casa e le lasciò tutto il tempo di cui aveva bisogno, fosse stato per lui, anche tutta la sera.

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