QUARANTASETTE

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Kate aspettò.

Aspettò che il respiro di Joy diventasse lento e regolare e la sua mano appoggiata sul petto scivolasse più in basso, come lei era piano piano scivolate nel sonno. La prese racchiudendola nella sua mentre osservava i lineamenti del suo volto che sembravano ancora più fanciulleschi con quella tenue luce di un lilla appena accennato che veniva dalla piccola lampada sulla cassettiera.

Aspettò che i suoi pensieri trovassero il filo logico di quanto accaduto nelle ultime ore. Era stata sopraffatta da tutto, da emozioni troppo forti per essere elaborate correttamente ed il solo ripensarci le faceva di nuovo aumentare il battito del cuore. Non avrebbe dimenticato mai per tutto il resto della sua vita il volto di Joy quando l'aveva vista entrare in camera e la prima volta che l'aveva chiamata mamma. Non se lo aspettava, non era pronta. Pensava di doverle parlare, di doverle spiegare, invece lei non aveva voluto nulla quella sera, solo la sua presenza. Aveva pianto, tanto, di gioia, come forse non aveva mai fatto. Aveva pianto per sua figlia e con sua figlia. Si era fatta asciugare le lacrime e lo aveva fatto a lei, le aveva potuto dimostrare il suo amore senza essere rifiutata, anzi Joy sembrava averne bisogno tanto da non lasciarla andare quella notte. Sapeva Kate che non sarebbe stato sempre così, che non era tutto in discesa, che l'emotività quella sera aveva rotto barriere e aperto argini emotivi in tutti, che passata l'onda, poi, ci sarebbe stato da lavorare, da sistemare le cose, da rimettere tutto a posto, anche tutto quello che quella sera aveva spazzato via, inondando le loro vite. Sapeva che ci sarebbe dovuto essere il momento delle parole che seguiva quello degli abbracci e che anche quella che con Castle era solo una tregua. Ci sarebbe stato tempo, poi, per tutto, ma quella notte voleva solo godere della presenza di sua figlia, voleva sentirsi per la prima volta madre a tutti gli effetti. Quella notte Joy dormì tra le sue braccia, consapevole di essere sua figlia, senza nessun inganno e Kate la potè tenere a se, per la prima volta, con più di dieci anni di ritardo, capendo che quel senso di colpa non le sarebbe passato mai.

Kate non dormì mai quella notte, sussultando ad ogni movimento di Joy, sorrise quando lei si voltò e le diede le spalle, ma si strinse al suo braccio, abbracciandolo e non lasciandola. Rimase immobile per non svegliarla, nonostante il dolore aumentasse minuto dopo minuto, man mano che l'effetto degli antidolorifici passava. Aspettò che Joy decidesse di staccarsi da lei per alzarsi. Si mosse lentamente, per non far sobbalzare troppo il letto ed anche perché ormai faticava a contenere il dolore al petto ed anche respirare era diventato difficile in quella posizione distesa. Trovò a tastoni i pantaloni e prese dalla tasca una delle altre pasticche che le aveva lasciato il medico dell'ospedale. Aveva bisogno di un bicchiere d'acqua per farle sciogliere e silenziosamente uscì dalla stanza scendendo le scale, un'altra tortura che si sarebbe evitata volentieri, perché ad ogni scalino sentiva il dolore propagarsi per tutto il corpo. Trovò la cucina senza troppa difficoltà, le vetrate del soggiorno lasciavano che le luci di New York illuminassero anche quel grande ambiente. Si appoggiò al bordo del lavello, lo strinse forte e fece qualcuno di quegli esercizi di respirazione che le avevano consigliato, buoni anche per scaricare la tensione.

- Perché non me lo hai detto che hai una costola rotta?

Kate sobbalzò nel sentire la voce di Rick. Non si era accorta che era seduto sul divano ed ora nel buio stava avanzando verso di lei con un bicchiere vuoto in mano.

- Cosa ne sai? - Rispose sussurrando.

- Fatichi a respirare, la tua postura, il busto rigido e... il tuo corpo è... diverso... - Non poteva non notare la fasciatura, conosceva il suo corpo bene, lo aveva osservato a lungo e lo aveva anche accarezzato e stretto a se, imprimendo ogni curva nella sua memoria.

- Sono due, in realtà, ma non totalmente rotte.

- Mi dispiace. - Sussurrò anche lui. Gli dispiaceva che stava male, sì. Ma gli dispiaceva anche per tutto il resto, ma non aveva il coraggio di dirglielo.

YouthWhere stories live. Discover now