DICIASSETTE

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Da quando Kate era andata via dalla festa di Joy sentiva dentro di se un mix di emozioni che la tormentavano. Era felice ogni volta che poteva passare del tempo con Joy, ma non era mai una felicità completa: era piena di rimorsi, rimpianti, di tutto quello che sarebbe dovuto essere e non era stato, per colpa sua. Era una felicità incompleta, perché non era sincera con lei, perché non poteva esserlo o non voleva, non lo aveva ancora capito. Perché ascoltare le parole di sua figlia ogni volta la faceva sentire ancora più meschina, perché sapeva che stava abusando della sua fiducia, mentendole, perché così era più facile avere un po' di quell'affetto del quale egoisticamente aveva bisogno e si sentiva per l'ennesima volta una persona ignobile che pensava prima a sè stessa poi a sua figlia.

Si portava stretto dentro di se il ricordo degli abbracci di Joy, del suo bacio, degli occhi splendenti nel prendere il suo regalo, delle sue confidenze, dell'andare insieme in altalena. Era stato tutto come sarebbe sempre dovuto essere, se ne rendeva conto solo adesso.

Quando la chiamarono dal distretto quella notte non aveva ancora chiuso occhio. Le immagini di Joy continuavano ad alternarsi ai sensi di colpa e non era riuscita a dormire, come spesso le stava capitando, andando avanti a caffè.

La scena del crimine era un camerino del Metropolitan Opera House ed il cadavere era quello di Theresa Fullerton, una delle più importanti mezzosoprano del panorama lirico. Proprio in quei giorni stava mettendo in scena la "Madama Butterfly" nel ruolo della protagonista Cio Cio San.

- Carotide e giugulare recise. Quella è l'arma del delitto. - Le disse Lanie indicando un pugnale giapponese in una busta che Kate prese osservandone il contenuto.

- È un tanto, un pugnale tradizionale che veniva usato per il jigai, l'antico rituale di suicidio delle donne. - Le disse Ryan.

- Sì è suicidata quindi? - Chiese Kate

- No, il taglio è stato praticato da sinistra verso destra, con estrema precisione e la Fullerton era mancina. - Le rispose Lanie mentre si alzava dal corpo togliendosi i guanti.

- Guarda Beckett, si può vedere anche da questo video di scena. La Fullerton qui interpreta Cio Cio San che proprio nel finale dell'opera si uccide allo stesso modo e vedi, il suo movimento naturale è con la mano sinistra. - Le disse Esposito mostrandole un video che andava sullo schermo della tv.

Beckett scosse la testa amaramente. Una cantante lirica uccisa nel suo camerino con le stesse modalità del personaggio che interpretava. Quel caso sarebbe piaciuto particolarmente a Castle. Già, Castle... doveva smettere di pensare a lui, ma la sua assenza su quella scena del crimine si faceva sentire. Le mancavano anche tutte le idiozie che avrebbe detto, le sue teorie assurde, la sua logica stramba, ma geniale doveva ammetterlo ed il suo aiuto qualche volta in quei mesi era stato determinante, non glielo aveva mai detto, non voleva gonfiare il suo ego o forse solamente non voleva ammetterlo a se stessa.

Si soffermò a guardare il corpo facendo attenzione a non avvicinarsi troppo per non contaminare la scena del crimine.

- Quei lacci alle gambe? - Chiese ancora la detective.

- Fanno sempre parte del rituale del jigai, per preservare l'onorabilità della donna, ma nella rappresentazione non ce n'è traccia. - La aggiornò Ryan.

- Dai segni sulla pelle posso dire che sono stati applicati post mortem. - Concluse Lanie.

- Quindi da qualcuno che conosceva non solo l'opera ma anche il rituale ed ha voluto riproporlo... - Osservò Kate. Parlò poi con i presenti ancora a teatro, solo un paio di inservienti, due tecnici del palco, il regista e l'agente della Fullerton che erano stati richiamati dalla polizia. L'omicidio era avvenuto circa quattro ore prima, un'ora dopo la fine dello spettacolo, ma nessuno sapeva dire altro. Per quella notte non avevano altro da fare lì e tornò ancora una volta a casa per riposarsi qualche ora, pensando che solo fino a poche settimane prima non avrebbe chiuso occhio continuando a pensare a quel delitto, quella sera, invece, uscita da lì, Joy tornò subito prepotente tra i suoi pensieri. Ormai era una priorità impossibile da scalzare.

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