TRENTANOVE

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Sollecitato dalla esaustiva lettera di spiegazioni del dottor Thompson e dalle pressioni di Castle fatte tramite il suo amico giudice, il tribunale dei minori aveva risposto molto velocemente e positivamente alla richiesta di autorizzare il protocollo per il trattamento sperimentale su Joy.

Kate nei giorni successivi alla sua rivelazione a sua figlia non l'aveva più vista. Joy non aveva chiesto di lei e Kate aveva evitato di farle pressioni. Si era comunque sempre informata sul suo stato di salute tramite Martha che non le faceva mai mancare aggiornamenti su quello che faceva sua figlia. Avevano deciso di farla rimanere in ospedale, in modo che cominciasse subito il trattamento preparatorio al trapianto.

Beckett quella mattina era andata in ospedale ed aveva finalmente scoperto in cosa consisteva quella fase della quale aveva avuto solo notizie frammentarie e vaghe da Martha che non era mai stata troppo specifica nel dirle cosa stava accadendo. Quando Thompson le disse che avrebbero sottoposto Joy ad un ciclo di chemioterapia, anche se leggera, si sentì quasi svenire, benché sapesse che tutto era finalizzato per far guarire sua figlia, quella parola associata a lei ebbe un effetto devastante, come se in quel momento avesse preso coscienza delle reali condizioni di Joy e di tutto quello che sarebbe cominciato da quel momento in poi per lei e non sapeva se lei stessa era pronta ad affrontarlo, con tutte le conseguenze del caso.

Kate era lì per fare le ultime analisi prima del prelievo, ma non stava più nemmeno ascoltando quello che doveva fare, sentiva tutte le parole mischiarsi nella sua mente ed annuiva passivamente, avrebbe accettato che le avessero fatto qualsiasi cosa in quel momento. Dopo pochi minuti ebbe finito e le diedero appuntamento per il giorno seguente per il suo ricovero, sarebbe stata una cosa molto veloce, solo un paio di giorni per tenerla sotto osservazione dopo il prelievo del midollo.

Uscita da lì passò di nuovo davanti alla camera di Joy e questa volta non si trattenne. Bussò e sentì una voce amichevole che la invitava ad entrare. Si affacciò appena, per vedere la reazione di Joy: non si aspettava di vederla lì, ma non la respinse.

- Posso? - Chiese timidamente.

- Ma certo Katherine, cara, vieni. - La accolse Martha lasciandole il suo posto vicino a Joy. Lei si avvicinò timidamente, controllando ogni minima variazione sul volto di sua figlia che seguiva i suoi movimenti attenta, pronta a fare un passo indietro in caso l'avesse vista turbata. - Vi lascio sole, ok?

Joy annuì e Kate la ringraziò mentre l'attrice passando le accarezzò le spalle.

- Come stai? - Le chiese Beckett intimidita da quella piccola donna davanti a lei.

- Ancora bene. Dicono che poi potrei stare un po' male, ma è normale. Tu cosa hai fatto? - Le chiese indicando il braccio fasciato.

- Qualche analisi. Domani faccio il prelievo. - Le disse minimizzando il tutto.

- Per me?

- Certo, per te. - Era ovvio, per lei, ma non riusciva a spiegare a sua figlia tutto quello che stava provando.

- Quei signori che sono venuti l'altro giorno con Rick, quando eri qui anche tu... Hanno detto che non posso più dire nulla a te di quello che è successo, perché tu non sei più una poliziotta, è vero? - A Kate sembrò di trovare nella sua voce oltre che la curiosità per quella situazione anche un po' di preoccupazione.

- Sì, è vero. Per ora non lo sono.

- Mi dispiace Kate, Rick dice sempre che tu sei la più brava di tutti. È colpa mia? - La sola idea che Joy pensasse di essere responsabile per qualcosa la fece scattare e risponderle con decisione.

- No Joy, tu non hai colpa di nulla. - Le fece una carezza e questa volta se la lasciò fare. Kate mosse la mano con delicatezza ed estrema lentezza sul suo volto, sforzandosi di non far vedere quando questo la emozionasse.

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