Deglutii, cominciando a capire solo in quel momento che ci potessero essere più versioni della realtà.

«E tu non potevi stare sola pochi attimi?! No! Dovevi farti investire» continuò a urlarmi contro, ma per me era come se non lo sentissi più.

Azael era preoccupato. Si era preoccupato per me.
Mi morsi il labbro e lo interruppi in uno dei suoi mille rimproveri.

«Allora dov'eri?»

«Cosa?» ribatté.

«Se eri sparito per cinque secondi, dov'eri andato? Perché mi hai lasciato da sola?»

«Avevo sentito qualcosa e in quei boschi, oltre che il preside, ci possono essere anche gli orsi come pericolo. Quindi li stavo attirando da un'altra parte. Alla fine, però non era nulla, probabilmente solo il vento.»

«Perché sento che mi stai nascondendo qualcosa?» chiesi acida.

«Non ti si può proprio celare nulla... L'anno scorso c'è stato l'attacco di un animale, che non si è riuscito a riconoscere,» sospirò profondamente «E una ragazza è scomparsa. Probabilmente morta.»

Sbarrai gli occhi. Quell'animale era ancora vivo e in circolazione. «Ecco perché quest'anno hanno aumentato le sentinelle.»

Ed ecco cosa stesse facendo Azael: eseguiva il suo lavoro. Invece di avermi abbandonata, fregandosene di dove fossi, mi stava proteggendo.

Arrossii di colpo e imparai una dura lezione: non si deve mai giudicare una persona dalle prime apparenze.

«Immagino che tu abbia pensato tutto il contrario, dopotutto sono lo stronzo, no?» Stava ricominciando ad arrabbiarsi.

Lo zittii posando un dito sulle sue labbra. Non volevo mentirgli, ma neanche dirgli che aveva centrato pienamente il punto.

«Non ti conosco Azael, è un po' normale avere queste prime brutte impressioni. Non avrei dovuto giudicarti così... Solo che mi sono spaventata e non dovevi lasciarmi da sola.»

«Queste sono le tue scuse?» Mosse le sue labbra carnose con molta lentezza, lasciandomi un po' di umidità sul dito, facendomi arricciare il naso.

«Diciamo di sì» risposi, per poi pulirmi sulla sua maglietta.

Mi voltai, dandogli le spalle. Era stata una lunga serata, Azael un po' l'aveva migliorata, ma ero stanca comunque.

Il ragazzo se ne approfittò per abbracciarmi da dietro e iniziò a canticchiare.

«Non ti facevo un tipo romantico.» Iniziai a prenderlo in giro scherzosamente.

«Dormi gattina» bofonchiò lui.

«Non ci riesco.»

«Perché?»

«Non so se sia giusto dirti una cosa.»

«Dimmela.» Gli piaceva in particolar modo darmi ordini.

Non lo decisi di fare perché me l'aveva ordinato, ma poiché tanto lo avrebbe scoperto comunque.

«Raphael mi ha baciata.»

Il silenzio seguente fu assordante.

«Tanto peggio per lui» disse il ragazzo dopo un po'.

«Prego?» Inarcai un sopracciglio.

«Puoi negarlo quanto vuoi, ma se avessi dei sentimenti per lui, non ti saresti sentita in dovere di dirmelo. Lo avresti tenuto per te e saresti molto più felice ora. Inoltre se avessi ricambiato, avresti probabilmente detto "ci siamo baciati", non "mi ha baciata". Quindi dormi, io aspetterò di piacerti, facendo finta di non sapere che io ti piaccia già.»

Assottigliai gli occhi.
«Come sei presuntuoso.»

«Sta pure tranquilla. Lo pesterò anche, ma non suonava romantico.»

«Dai! Non fargli nulla» esclamai subito allarmata.

«Non posso prometterti nulla, ma farò del mio meglio. Ora dormi.»

Chiusi gli occhi, tranquillizzata e caddi fra le tenebre del sonno.
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La luce del sole era particolarmente fastidiosa oggi. Detestavo chiunque avesse lasciato la tapparella aperta.

Azael non c'era, ma al suo posto avevano lasciato la lettera delle dimissioni dall'ospedale.

Presi tutto ciò che avevo e uscii dalla porta.

«Già scappi, Abby?» Proprio l'ultima persona che avrei voluto vedere.

Azael non aveva fatto altro che confondermi di più.

Raphael era lì, fresco di doccia e con dei vestiti nuovissimi. Mi sorrise.

«Tu non faresti lo stesso?»

Corrucciò le labbra seducenti. «Senti, Abby, mi dispiace. Non avrei mai voluto farti del male. Non avrei dovuto prendere la macchina.»
Aveva omesso il bacio. Tanto meglio.

«Raphael, va bene... cioè no, però è già tutto dimenticato.» Chiusi gli occhi, prendendo un bel respiro.

«Non è nemmeno colpa tua, anche io non avrei dovuto trovarmi lì. Ora possiamo andare? Non mi piacciono gli ospedali.»

Il viaggio in macchina fu tranquillo.

Raphael e io non parlammo molto, ma scoprii che amava cantare le canzoni della radio ed era pure bravo. Inoltre con frequenza mi lanciava occhiate cariche di preoccupazione. In un certo senso mi sentii bene, coccolata e al sicuro.

Le lezioni a cui ero mancata non mi erano state segnate come ore di assenza.

E, per ora di pranzo, avevo chiamato i miei genitori. Raphael non era riuscito a convincere il preside a tacere, per cui erano preoccupatissimi. Volevano anche venire qui, ma fui piuttosto convincente nel rassicurarli nel non farlo.

In ogni caso volevo vedere Leslie.
La notizia del mio incidente non si era ancora sparsa, ma uno come Hunter poteva già essere al corrente tutto e quindi anche lei. E volevo controllare che stesse bene.

Per questo però serviva Azael.
Mi aveva promesso che, se fossi uscita con lui, mi avrebbe detto dove fosse mia sorella.

Salii le scale. Presupponevo che la stanza di Azael, così come per tutte le sentinelle, si trovava un piano sopra alla mia.

Prima di arrivare alla porta, mi giunsero le voci dietro di essa.

«Peccato che non abbia funzionato.» Adele ruppe l'atmosfera di silenzio del corridoio.

Mi misi ad origliare, senza chiedermi se fosse la cosa giusta o meno. Riuscii anche a gettare un occhio al di là della porta accostata.

Una figura alta e muscolosa mi dava le spalle, mentre mia cugina era rivolta nella mia direzione e sta conversando con il ragazzo misterioso.

«Già, ma ci andrà meglio la prossima volta.» Sembrava essere la voce di Azael.

«Raphael è inutile anche come assassino involontario» protestò Adele con la sua voce stridula.

«Avevamo programmato tutto così bene. Raphael doveva ucciderla. Cosa non ha funzionato?» chiese mia cugina.

«Perché Raphael non è andato fino in fondo con la macchina. La prossima volta, me ne occuperò io stesso» disse la voce fredda e imperturbabile di Azael.

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