Capitolo 1

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Corsi velocemente fra i vicoli della grande Parigi.
Ero in ritardo come al solito e arrivai a teatro con il fiatone.

Una volta che entrai, sia nell'edificio che nei camerini, indossai la divisa da ballerina e acconciai i miei capelli castani in uno chignon.

La struttura era davvero imponente e si presentava come un edificio in pieno stile francese ottocentesco. L'ingresso era decorato con elaborati fregi in marmo, colonne e moltissime statue.

L'interno era costituito da un dedalo di corridoi, scale e pianerottoli e nicchie volte all'agevolazione della socialità degli spettatori.

Il camerino, invece, era caratterizzato da un sistema di interfono, per ascoltare quello che avveniva sul palcoscenico, tavoli per il trucco, specchi corredati da file di lampadine e un armadio appendiabiti.

Appena feci il mio ingresso nella sala delle prove, sentii le occhiatacce degli insegnanti e delle altre ballerine su di me. Abbassai lo sguardo e andai alla mia postazione, iniziando a fare i movimenti indicati.

«Se le bacchettate fossero ancora permesse agli insegnanti, tu non avresti più le mani, Abigail» affermò Chanel, ridacchiando sottovoce.

Era la mia migliore amica, ci conoscevamo fin dall'asilo. Aveva occhi blu elettrico, capelli neri come l'ebano, la pelle ambrata e un corpo formoso.
Adoravo la tonalità rara del suo sguardo azzurro. Purtroppo, le mie iridi color nocciola non avevano una sfumatura così particolare.

«Non è colpa mia se l'autobus mi odia!» protestai, rivolgendole un sorriso impacciato. Era diventata ormai un'abitudine aspettare alla fermata del bus per diverso tempo, a meno che non fossi io a non essere puntuale con l'orario del mezzo di trasporto. In quel caso il veicolo era solito a sfrecciarmi davanti, lasciandomi inerme sul marciapiede, senza fermarsi.
Era talmente ingiusto che avevo iniziato a sospettare di una possibile cospirazione fra gli autisti contro di me e i miei programmi.

«Signorina Moore presti attenzione!» tuonò la signora Roux, la mia insegnante di danza, quando vide che non stavo più seguendo i passi.

Mi affrettai a mettere i piedi in prima, a flettere le ginocchia, mantenendo il braccio curvato verso l'alto, restando vicina alla sbarra di metallo.

Roger, il nome in codice che avevamo dato io e Chanel al neo sulla guancia della vecchia insegnante, era più brutto del solito oggi.

Durante la lezione comparvero tre uomini in giacca nera.
Avevano espressioni indecifrabili sul volto.

La nostra insegnante non proferì parola, anzi ci incitò a continuare quel che stavamo facendo.

I signori in nero passarono fra le file, osservandoci una per una. Colui che sembrava il leader toccò la spalla ad alcune di noi, compresa Chanel, ma non dissero nulla alle dirette interessate. Quando arrivarono a me, sentii la tensione farsi sempre più pesante. Avvertivo i loro sguardi indagatori.

Per fortuna riuscii a riprendere il controllo del mio corpo, sebbene fossi ancora nervosa.
Mi esibii come meglio potei, finché la musica non cessò.

Non mi avevano selezionata, ma non avrei saputo dire se fosse un fatto negativo o positivo, dato che avevano fatto lo stesso con Adele, mia cugina.

Quella ragazza era perfetta: occhi azzurri, boccoli d'oro e un corpo tonico al punto giusto. Dentro di sé, però, era decisamente discutibile e il suo passatempo preferito era cambiare ragazzo ogni settimana. Ovviamente il caso aveva voluto che, oltre ad avere forme divine, avesse anche un'inimitabile eleganza nel danzare.

Anche io praticavo quell'attività piuttosto discretamente, ma ero decisamente meno aggraziata rispetto a lei.

Mi voltai verso quegli individui, erano uomini adulti di una bellezza stravolgente.

Non ero l'unica ad averlo notato. La sala fu riempita da brusii sempre più insistenti, rivelando il lato più perverso delle ballerine.

I tre signori si avvicinarono alla signora Roux e le sussurrarono qualcosa all'orecchio, dopodiché se ne andarono, lasciando la stanza nella curiosità e nell'ignoranza più totale.

Ovviamente non ero la sola che si stava ponendo un sacco di domande.
Dopo che gli uomini misteriosi se ne furono andati, vennero richieste delle spiegazioni.

«Ogni cosa a suo tempo, signorine. Rimangano qua coloro che sono state selezionate. Le altre possono andare» si limitò a dire Madame Roux.

Mentre mi cambiavo nel camerino, ripensai per tutto il tempo a quell'insolita situazione: degli estranei entravano nel bel mezzo della lezione di danza, si mettevano a osservare e a valutare le allieve.
Assolutamente senza senso. Per quanto ci rimuginassi su, non riuscivo a trovarne il significato.

Delle risatine giunsero dal corridoio ed eccolo lì.

Occhi azzurro oceano, capelli biondo miele e un fisico perfetto... Raphael Vangelion era arrivato.

Sbuffai. Tutte quelle smancerie nei suoi confronti mi irritavano.

Era il figlio bello e ricco del direttore, però un ragazzo avrebbe dovuto essere più profondo di così per risultare attraente. In passato avevo avuto una cotta per lui e mi vergognavo ancora a dirlo. Lo conoscevo da parecchi anni ed eravamo stati sempre insieme, fino a due anni fa, poi era diventato troppo popolare per passare del tempo con me.

Raphael provava qualche volta a frequentarmi ancora, ma per i suoi amici risultavo troppo "sconosciuta" per farmi vedere con lui. Una sera mi avevano addirittura intimorita per non farmici più uscire. Così, a un certo punto, siccome il mio migliore amico non dava segno di vedere nulla, avevo messo fine a quella follia. Avevo tagliato tutti i ponti con Raphael.

Retrocedetti verso l'uscita del teatro.

«Abby, aspetta!»

"Abby", solo lui mi chiamava in quel modo. Non potevo ignorarlo, così mi voltai.

Ebbi una fitta al cuore. Mi mancava da morire, era stato uno dei miei amici più stretti per anni.
Gli confidavo sempre tutto, eppure lui, una volta che mi ero allontanata due anni fa, non aveva mai chiesto spiegazione. Non gli importava di me.

«Perché stavi scappando? È successo qualcosa?» Era inutile nascondere la mia preoccupazione, aveva un sesto senso per le bugie, specialmente per le mie.
Gli raccontai tutto l'accaduto con la massima indifferenza.

Lui parve perplesso. «Chiederò a mio padre. Ti farò sapere al più presto.»

Mi sorrise con le sue bellissime labbra e scomparve in fondo al corridoio.

Non mi sorprendevo più così tanto. Era un doppiogiochista, ma il mio cuore era così fragile da pensare che ci fosse del vero in quello che diceva.
Lui faceva finta di essere ancora gentile con me, perché al pubblico piaceva la sua "benevolenza". D'altra parte, io non riuscivo ad essere più forte di così, il mio debole per quel ragazzo persisteva e non aveva intenzione di andarsene.

Quando uscii dal teatro, aspettai Chanel per quasi un'ora e le mandai moltissimi messaggi con il telefonino, provando anche a chiamarla, ma non rispose nemmeno una volta.

SWANWhere stories live. Discover now