Capitolo 15

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La danza era una "meravigliosa maledizione" per me.

Il teatro in cui ero sempre stata, come tutti gli altri, era rigido e non transigeva che trascurassimo il nostro corpo. Tuttavia, l'ambiente in cui mi ero trovata non ci creava problemi fino a farci rasentare l'anoressia. Pretendeva solo che ci tenessimo in forma.

Io amavo la danza e avevo anche un metabolismo abbastanza veloce, per cui non ero molto limitata. Alzarsi sulle punte e volteggiare, come una delle più eleganti farfalle, era solo l'inizio del mio mondo. Saper controllare i propri movimenti, far trasparire i propri sentimenti ed essere leggiadri come l'aria erano decisamente parti più complesse dell'inizio.

Era questa la "meravigliosa maledizione" della danza: sacrificare molto per ottenere tanto. Di fatto, per essere perfetti, si doveva dare il massimo e sacrificare ogni cosa.

Sarebbe stato meglio, però, non avere anche la prima lezione di equitazione, dopo quattro ore consecutive di danza.

Mi trascinai con i muscoli stremati nei pressi delle scuderie. Pensai a Raphael, il quale mi aveva portata là il giorno prima. Mi sentii frustrata nel trovarmi sempre più debole all'idea di cedere.

Era stato gentile da quando eravamo arrivati all'Accademia, ma, dal momento che non accennava neppure al suo comportamento a Parigi, dovevo mantenermi lucida e astuta. Non potevo più perdere tempo dietro a lui e ai suoi baci.

Speravo che almeno il suo gruppo mi trovasse simpatica. Non sembravano male, anzi, rispetto al gruppo di amici di Raphael della città, erano molto meglio. Purtroppo, se avessi ferito Raphael, non avrei potuto avere un buon rapporto con loro. Perlomeno finché non ci fosse stato un legame forte.

Inoltre, la rabbia stava sparendo, ma, soprattutto, stavo cominciando a pensare che non fosse una buona idea ripagare Raphael con la sua stessa moneta. Aveva fatto in modo che mi ritrovassi sola, io non avrei fatto lo stesso. Ne avrei approfittato solamente per stringere nuove amicizie, non per toglierne a lui.

Avevo perso il mio migliore amico, colui a cui confidavo tutto e che, in gran segreto, avevo amato. Non lo avrei ferito per sentirmi meglio.

Per fortuna ero in anticipo, così decisi di andare un po' in giro, per distrarmi da quei pensieri estremamente nocivi.

Dopo aver gettato un ultimo sguardo alle scuderie dei cavalli, andai verso l'ingresso della scuola. Percorsi di nuovo la strada principale, da cui eravamo venuti il primo giorno, fino ad arrivare al labirinto di rose bianche. Non sembrava complicato come percorso e, in quel momento, avevo proprio bisogno di distrarmi.

Raphael, infatti, non era la mia unica preoccupazione, c'era anche un altro ragazzo. Un odiosissimo Azael dagli occhi dorati, che soffriva di personalità multipla, delle quali nessuna era gentile.

Mi morsi il labbro. Dovevo solo convincermi del fatto che non ci fosse di più di quel che sembrava. Trovavo incredibilmente strano che in pubblico dovesse dimostrare di essere freddo e distaccato, mentre in privato sembrava anche essere più profondo.

Inoltre, anche Adele sembrava tramare qualcosa. Non aveva accennato mai ad Azael prima di allora, nonostante sembrasse parecchio importante per lei. Inizialmente pensavo fosse una storiella di poco conto, ma lei era sempre più gelosa, per poter essere solo quello.

Confusa dai miei dubbi, mi avvicinai al labirinto, che era illuminato da un'insolita abbagliante luce e rinfrescato da un leggero venticello. Una volta che fui più vicina, il labirinto sembrava più esteso di quanto fosse da lontano.

Non volevo fare tardi alla prima lezione, per cui decisi solo di perlustrare da fuori la zona.

Un bagliore attirò il mio sguardo. Proveniva da qualche cespuglio accanto a me. Mi chinai e incominciai a cercare.

Era una rosa bianca enorme, che era piena di goccioline di rugiada, nelle quali si stava rispecchiando la luce del sole.

Allungai il dito e sfiorai i petali. Era certamente di una morbidezza insolita ed era perfino molto levigata. Quello che accadde dopo fu molto più sgradevole: mi punsi un dito con una delle sue spine. Feci una smorfia e mi portai il dito in bocca, per succhiare via il sangue. Non avevo proprio visto che, sotto all'ultimo petalo, avesse una spina.

«Dobbiamo stare attenti a ciò che è bello, poiché ciò che ci colpisce di più è anche quello che ci può fare più male.» Nefonos era esattamente dietro di me. Aveva le mani intrecciate sul grembo e un sorriso genuino sul volto.

«Non ti ho sentito arrivare.» Ero decisamente imbarazzata, dopo essermi voltata.

«In pochi ci riescono. Ora, forza! Andiamo a equitazione.»

«Anche tu hai la mia stessa lezione adesso?»

«Sì, le lezioni di equitazione sono obbligatorie, come se fosse una materia vera e propria.»

«E tu sai il perché?» chiesi, alzando un sopracciglio. Non sapevo che fossero obbligatorie. Nelle altre scuole c'era a stento un parco.

«Il preside ritiene che se vogliamo così tanto prendere la patente, dobbiamo perlomeno cimentarci attraverso ciò che praticavano i nostri antenati.»

«Strano... ma, almeno, è qualcosa di bello, non come le solite idee degli altri presidi, che mirano di più ad annoiare gli studenti con insolite attività.»

Mi sorrise. Era evidente che, seppur non avesse scelta, le piaceva cavalcare.

Dopo pochi minuti, raggiungemmo gli altri studenti. Erano arrivati quasi tutti e l'insegnante stava già controllando l'attrezzatura dei cavalli.

Mi avvicinai cautamente all'istruttrice, sapendo quanto potesse essere insolita la mia richiesta. «Mi scusi, volevo presentarmi. Sono Abigail Moore e fra poco farò lezione con lei. Tuttavia, dal momento che mi è stato detto che ci donerete un cavallo a nostra scelta, volevo dirle che ho già scelto il mio. Non vorrei sembrare pretenziosa, ma so che è importante la tempistica di questa richiesta.»

Lei continuò a verificare tutte le attrezzature, senza dar segno di starmi ascoltando. Evidentemente doveva fare in modo che nessun studente potesse cadere oppure farsi male, altrimenti la responsabilità sarebbe ricaduta su di lei.

Presi un bel respiro. «Vorrei il cavallo nero destinato al macello.»

Non si era neppure voltata, ma ero certa che mi stesse ascoltando, perché le caddero dei fogli che stava tenendo in mano.

Sopra uno di essi c'era un simbolo. Un segno che mi riportò alla memoria un ricordo lontano: il sogno dell'ultima notte a Parigi.

SWANWhere stories live. Discover now