Capitolo 14

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Azael aveva picchiato due ragazzi e ovviamente non era stato punito. Quel ragazzo aveva sicuramente qualche problema.

Mi sarebbe piaciuto davvero scoprire quale fosse la causa del suo comportamento.

Da quanto avevo potuto vedere finora, sembrava essere impulsivo e molto egocentrico. Pareva essere anche incline alla violenza e desideroso costantemente di attenzioni.

Purtroppo, però, non avevo le giuste competenze per designare un profilo psicologico.

Guardando l'ora sul cellulare, capii che stava per iniziare la prima lezione, così mi affrettai ad andare in aula.

Il resto della mattinata fu tranquillo, quasi insolitamente piacevole. Non che mi divertissi, ero pur sempre a scuola, ma, data l'eccellente preparazione, comprensione e passione degli insegnanti, ogni lezione trascorreva velocemente e con utilità. Però, non mi sarei ancora fidata. Solitamente i primi giorni erano quelli nei quali si testava un po' il terreno da entrambe le parti: gli studenti cercavano di capire quanta libertà avessero e con chi, gli insegnanti comprendevano quanto potere potessero esercitare.

Il primo giorno stava andando sin troppo bene, ma, ovviamente, avevo parlato troppo in fretta. Appena uscii dalla classe, infatti, sbattei contro qualcuno. Assurdamente non caddi neppure, ma l'impatto fece cedere la mia presa sui libri di testo, che un momento prima erano fra le mie mani.

Erano racconti abbastanza spessi e finirono tutti sui piedi della persona, contro cui mi ero scontrata. Sapevo chi fosse, ancor prima di alzare lo sguardo. La figura muscolosa e snella di Raphael si riconosceva anche semplicemente dalle sue gambe.

Dopo che i miei occhi incontrarono i suoi, sentii, oltre che alle solite fastidiose farfalle, anche l'impotenza di non essere un po' più forte sentimentalmente. Potevo accettare di essere maldestra, ma non debole.

Fece solo una smorfia, ma, oltre a non lamentarsi, si chinò a raccoglierli.
«Solo per questo dovrai accettare per forza il mio invito a pranzo.»

Il divertimento era percepibile nella sua voce.

«Strano, a quanto pare non è solo Hunter che recita alla perfezione. A qualcuno piace farlo proprio sempre.» Gli lanciai una frecciatina impulsiva, non considerando neppure l'idea di scusarmi.

A me faceva persino comodo averlo come amico, però non riuscivo proprio a fingere che nulla fosse successo. Soprattutto, io non riuscivo a fare finta con lui. Ogni mio sentimento era estremamente reale.

Inclinò la testa, passandomi i libri di scuola. Ovviamente non aveva capito o non voleva volutamente farlo.

Decisi di ignorare i brividi elettrici che scatenarono le sue dita alle mie, mentre mi ripassò i volumi fra le mani.

Distesi le labbra in un sorriso non molto veritiero. «Ma tu non dovresti proteggerci? Non sei mai di turno. Anche io voglio essere pagata per non fare nulla.»

La mia protesta lo fece solo divertire di più. «I miei orari variano da giorno a giorno. Mi dicono loro quando essere di pattuglia. Alcune volte lo faccio anche di notte. Per cui non sarei così ingrata a un tuo guardiano così previdente, se fossi in te.»

Il cambio di discorso aiutò quella tensione che si era venuta a creare.

Dopo aver messo i libri nell'armadietto personale, presi una borsa più piccola e mi feci accompagnare da Raphael in mensa. La sala era la stessa, ma cambiava decisamente molto con così tanta luce. Stavolta c'era un self-service gratuito.

Sentii un improvviso fastidio sulla nuca, come se qualcuno mi stesse fissando.

Chanel mi strinse in un forte abbraccio, prima che io potessi vederla.

SWANWhere stories live. Discover now