La camera numero due

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Il male non ha forma. Non ha nome e non ha colore. Non ha genere, non ha sesso, non ha età. Il più delle volte, non ha neanche ragione di essere. Non ha bisogno di moventi validi, non cerca giustificazioni e non offre spiegazioni.

Soltanto, esiste.

Lo sapevo bene. Era stata una delle prime cose che avevo imparato quando avevo incominciato a lavorare per il Times, a New York.

Non cercare di trovare sempre una spiegazione per tutto. Racconta una storia, ma cerca di mantenere la lucidità. Non impazzire scavando a fondo nel baratro per cercare di dare una risposta a ogni omicidio, a ogni crimine, a ogni abuso o a ogni violenza. Spesso, la verità è che una risposta non c'è.

Ricordavo le parole del mio primo caporedattore a New York, Kevin Larsson. Non le avevo mai più dimenticate. Molte volte mi erano state di grande aiuto, eppure non ero mai riuscito a seguirle alla lettera.

Perché la ricerca della verità, per me, era sempre stata il cuore di tutto.

Avevo bisogno di trovare una motivazione dietro le azioni delle persone; e soprattutto dietro quelle più atroci.

Continuavo a pensarci mentre insieme a Ryan e Miller mi avvicinavo alla BMW nera ferma nel parcheggio del Western Motel.

Camminavamo lentamente, guardandoci intorno ad ogni passo. Quando fummo abbastanza vicini all'automobile da poter osservare l'abitacolo interno, Ryan e Miller puntarono le pistole ai finestrini e illuminarono il veicolo con una piccola torcia.

Dentro non c'era nessuno, ma il sedile del guidatore era sporco di sangue.

Eravamo nel posto giusto. L'avevamo trovato.

Mi domandai per quale ragione, sapendo di essere inseguito, Thomas Lee Grayson non si fosse preoccupato affatto di nascondere l'automobile in un posto meno semplice da scoprire.

Non aveva alcun senso.

O forse si?

Forse era tutto voluto. Forse lui voleva che lo trovassimo?

Un brivido percorse la mia schiena. Le mie mani erano gelide.

Poteva essere ovunque.

<<Resta qui>> disse Miller, guardandomi.
<<No, no. Vengo con voi>> risposi.

Non c'era tempo per discutere così Miller annuì. Prese in mano la radio e, mantenendo il tono della voce basso e calmo, spiegò alla centrale che c'era bisogno di rinforzi nel parcheggio del Western Motel, sulla Superstrada dei minatori.

Ci guardammo intorno. Le camere erano disposte in fila, a pochi metri da noi, una accanto all'altra. Ce n'erano circa una decina, forse qualcuna in più.

Raggiungemmo l'ingresso del motel, dove c'era la reception.

L'uomo dietro al bancone era calvo e grasso, sulla cinquantina. Miller gli si avvicinò e gli mostrò il distintivo, poi gli porse una fotografia che ritraeva Lee Greyson.

<<La BMW di quest' uomo è ferma nel parcheggio del suo hotel. Lui è qui?>>

Il portiere guardò l'immagine e scosse la testa, lentamente.

<<Voglio trovare qui, tra pochi minuti, un elenco con i nomi e i cognomi di tutte le persone che alloggiano al motel.>>

<<D'accordo>> rispose l'altro, masticando una gomma e passandosela sopra e sotto la lingua. Aveva gli occhi stanchi e lo sguardo poco sveglio. <<Dove diavolo state...?>> domandò, ma ormai eravamo già fuori.

Ryan decise che saremmo entrati in ogni stanza. Eravamo fermi accanto alla porta della prima camera quando ci accorgemmo che quella accanto, la numero due, era socchiusa.

Miller indicò a Ryan l'esterno destro dell'entrata e vi si posizionò. Io e l'ex detective rimanermi accanto a quello sinistro.

Ryan tolse la sicura alla pistola e Miller fece lo stesso. Trassi un respiro profondo e pensai a Marianne.

<<Ci siamo>> dissi, tra me e me.

L'attimo seguente Ryan colpì la porta con un calcio violento, spalancandola. Lui e Miller entrarono insieme, dai due lati opposti dell'ingresso, con le pistole puntate verso l'interno.

<<Polizia!>> gridò Miller, <<che nessuno si...>> poi, di colpo, si fermò.

La stanza era vuota.

Sul pavimento, una grossa pozza di sangue si allargava di secondo in secondo sempre di più.

Stesso sul letto, con la gola tagliata e la testa rivolta all'indietro, c'era un uomo. Aveva ancora gli occhi aperti. Fissavano il soffitto sopra di noi mentre il sangue continuava a cadere a terra.

<<È lui>> disse Ryan abbassando la pistola e inginocchiandosi accanto al cadavere. <<Thomas Lee Greyson. È il serpente.>>

La ballerinaWhere stories live. Discover now