Le vedi, adesso?

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Nessuno può prevedere di che cosa sia capace un cuore ferito: alcune anime sono quello che sono perché hanno perduto la pace per sempre, e Ryan Cooper era una di queste.

Aveva incominciato a prendere a pugni il vetro che ci separava da Ray Dwight con una violenza che non avevo mai visto in alcun essere umano prima di quel momento.

Picchiava con tutta la forza che aveva dentro di sé, e gridava.

Ray, invece, si era portato le mani sopra la testa, come in un gesto di resa, e rideva.

Rideva dell'ex detective, rideva di me e Miller e probabilmente rideva anche di tutte le ragazze che erano state uccise.


Nei suoi occhi c'era il male.


Lo sapevo, perché essere un cronista di nera mi aveva permesso di incrociarlo tante altre volte prima di quel momento durante la mia pur ancora breve carriera.


Ma la luce che brillava negli occhi di Ray non aveva precedenti; non riuscivo a paragonarla davvero a qualcos'altro. Era malata, nel senso più letterale del termine.

Ryan stava continuando a picchiare contro quel vetro, nonostante io e Miller ci fossimo scaraventati su di lui per trattenerlo.
Dopo qualche istante arrivarono due agenti che, a fatica, riuscirono a bloccarlo.

Ebbi una certezza, in quel momento: se Ryan lo avesse avuto tra le mani, lo avrebbe ucciso. Non avrebbe esitato neanche un solo istante, non ci avrebbe pensato. Lo avrebbe ammazzato. Un agente raggiunse anche Ray, che continuava a ridere mantenendo le braccia fisse verso l'alto.

<<Le vedi, adesso?>> gridò, continuando a delirare, rivolto a Ryan <<riesci a vederle anche tu? Sono tutte così bianche! Sono così belle! E loro, loro ti stanno osservando!>>

La guardia, senza dire nulla, lo trascinò via a forza.

Io e Miller ci voltammo verso Ryan. I suoi occhi erano sangue, fuoco.

<<È stato lui>> disse, cercando di calmarsi, in un sussurro <<l'ha uccisa lui.>>

Miller gli posò una mano su una spalla e non rispose.


Non era semplice mettere insieme i pezzi. Ray Dwight avrebbe potuto parlare di qualunque cosa. Non era stata una confessione, la sua.

Ci allontanammo dalla stanza dei colloqui e un agente, fuori dalla porta, si avvicinò a noi. Tra le mani teneva una busta di plastica trasparente.
Miller la afferrò e la aprì.
All'interno, c'era un ciondolo.
Lo guardammo con attenzione, ma impiegammo meno di un secondo a capire che era esattamente identico a quello che l'assassino aveva perduto la notte in cui si era scontrato con me fuori dalla scuola di danza.

<<Abbiamo controllato tra i suoi effetti personali, come ci avete chiesto>> disse l'agente <<e abbiamo trovato questo ciondolo. Non so se possa esservi utile.>>

Vidi la catenina d'argento e le due mezze lune che si incrociavano.
Miller annuì e lo ringraziò.

Adesso era chiaro che quel ciondolo era molto più importante, per qualche ragione, di quanto avessimo mai potuto pensare. Ed era chiaro anche che Ray Dwight fosse coinvolto in tutti gli omicidi. Non sapevamo in che modo, ma ci doveva essere un collegamento.

Prima che potessi mettere insieme altri pensieri, il telefono di Miller squillò.

Il detective parlò per qualche istante con qualcuno, poi riagganciò e si voltò verso di noi.

<<Era la Scientifica di Virginia. Abbiamo delle novità sul ciondolo.>>

La ballerinaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin