Il presente è nel sangue

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Dove si nasconde l'orrore, Ethan?

Era stato un attimo. Un attimo soltanto.

Avevo lavorato a tanti casi in passato, a New York. Avevo incontrato persone di ogni genere. Assassini, truffatori, ladri, prostitute, psicopatici, malati mentali. Di tutto. Ma c'era una cosa che -mi aveva insegnato l'esperienza - accomunava tutte le persone colpevoli, in un modo o nell'altro. E non aveva nulla a che vedere con le prove scientifiche, le confessioni spontanee o forzate, le scene del crimine; no. Niente di tutto ciò.

L'orrore era così chiaro, così ben visibile.

E io l'avevo avuto sempre davanti agli occhi, in tutte quelle fotografie.

Lo sguardo.

Come hai fatto a non capirlo subito, Ethan?

Avvicinai quell'immagine ai miei occhi e la fissai a lungo. Il cuore aveva incominciato a pulsare con impeto dentro il mio petto. Sentivo i battiti, potevo percepire l'adrenalina.

Evelin era seduta su di una sedia, accanto al grande specchio all'interno di quel camerino. Osservai le persone che le erano vicino. Diverse altre ballerine, e poi quell'uomo alto, magro, bello, elegante.

Non era lui il problema.

I miei occhi si spostarono rapidi da Evelin alle altre ragazze.

Che cosa VEDI, Ethan? Che cosa?

Ebbi un flash. Una di loro, quella più vicina a lei nell'immagine, l'avevo già vista nello scatto che avevo trovato nella camera di Christopher. Era sempre accanto a Evelin, e come nella fotografia che avevo davanti agli occhi, anche nell'altra la osservava con quello sguardo.

Era tutto lì. Era il suo sguardo.

Mi aveva fatto scattare qualcosa dentro. Una sensazione di allarme e sconforto al tempo stesso. Qualcosa di terrificante e negativo. Maligno.

Non avevo paura di sbagliarmi né di essermi lasciato suggestionare o influenzare dall'ansia, o magari dal fatto che Marianne in quel momento si trovava insieme al serial killer, o dalle circostanze. No. Ero sicuro di ciò che sentivo dentro di me. Adesso riuscivo a riconoscermi davvero.

Sfogliai rapidamente le pagine dell'album fotografico, tornando indietro fino alla prima.

Ritrovai quella ragazza in altre immagini. E ogni volta, ogni singola volta, nei suoi occhi c'era quella luce.

L'oscurità.

Provai un brivido intenso lungo tutto il corpo. Sentii i battiti del cuore accelerare.

La osservai più da vicino.

Era una bella ragazza, senza dubbio, ma non quanto Evelin. Non possedeva né il suo fascino né il suo magnetismo.

Era mora, aveva gli occhi scuri, i capelli lunghi. Un neo appena sopra le labbra, sul lato destro del volto. Si distingueva dalle altre ragazze, ma Evelin restava irraggiungibile.

La guardai attentamente, anche nelle immagini seguenti. Era il modo in cui lei, invece di fissare l'obiettivo, spesso fissava Evelin ad avermi inquietato. Come se la sua mente non fosse interessata al fotografo o a ciò che stava succedendo in quel momento, ma fosse invece del tutto assorta dall'altra ragazza.

I suoi occhi, incollati ad Evelin, erano vivi, ma rimandavano un riflesso triste e carico d'inquietudine al tempo stesso. Conoscevo quella sensazione.

Continuai a sfogliare le pagine e trovai altre immagini che le ritraevano insieme, vicine. E più proseguivo con quella ricerca, più il malessere che avevo provato la prima volta nell'appartamento di Cristopher aumentava.

Come puoi dirlo davvero, Ethan? Ne sei proprio sicuro? Non pensi che forse la tua mente stia lavorando un po' troppo? E Marianne? Il tempo, Ethan. Il tempo vola. Ne hai sempre meno.

Volevo allontanare quei pensieri da me, ma era impossibile. Sapevo che Marianne si trovava da qualche parte insieme a quell'uomo, se così si poteva definire la persona che stavamo cercando. In realtà non potevo neanche avere la presunzione di pensare che fosse ancora viva. E stavo indagando su qualcosa che, in apparenza, sembrava non potermi condurre a lui. Eppure ero convinto di trovarmi sulla strada giusta. Era come se sentissi che, in qualche modo, tutto era collegato. Il presente che stavamo vivendo era conseguenza diretta del passato in cui stavo scavando.

Il presente annega nel sangue, Ethan. Non dimenticarlo. E ti resta sempre meno tempo.

Presi il telefono e composi il numero di David Hattinson alla redazione del Virginia 24. Per la prima volta ero io a cercare lui e non il contrario.

Mentre il cellulare aveva iniziato a squillare, il mio sguardo si posò su una fotografia che ancora non avevo visto. Ritraeva Evelin e la ragazza mora sedute insieme, sulla veranda di quella che sembrava essere una grande villa.

La staccai con delicatezza dall'album e la avvicinai il più possibile ai miei occhi.

Era l'unica immagine in cui tra le due ragazze sembrava non esserci quella sensazione di angoscia che avevo notato invece nelle altre.

La voltai sul retro e lessi una scritta. Era a biro, di un blu ormai fiacco e un po'sbavata, ma si capiva ancora.

"Rose Haven, Maryland, ottobre 1983. Un weekend a casa della mia amica Norma."

Lasciai che l'immagine scivolasse sul tavolino di fronte a me.

<<Norma>> dissi, lentamente.

<<Che cosa?>> domandò David all'altro lato del telefono. Non mi ero accorto che aveva risposto.

<<Ethan? Mi senti?>>

Chi sei tu, Norma?

<<Ciao, David>> dissi, pronto a chiedere il suo aiuto per trovare ciò di cui avevo appena scoperto di aver bisogno.

Ma il presente è adesso, Ethan. Ed è nel sangue. Il presente è nel sangue. Non dimenticarlo.

Sapevo di avere davvero poco tempo, ma dovevo provarci.

Chi sei, Norma?

La ballerinaWhere stories live. Discover now