Prima ti taglierò la gola, poi ti vestiró di bianco

1.3K 134 75
                                    

<<Sei bella, davvero. Mi devi credere, lo sai. Perché sembra che tu non voglia credermi? Sono una persona sincera. Non lo vedi? Non si capisce dai miei occhi?>>
<<Forse... forse lo sei, sì. E mi fai ridere. Sei bravo. Ti comporti così con tutte?>>
<<Oh, sì. Ci puoi giurare. Proprio con tutte.>>

Le strade di Porto Cesareo si incrociavano in un via vai pieno di colori e luci natalizie. Camminavo accanto a Ryan e a Marianne e intanto respiravo il profumo del mare che, a pochi passi da noi, si scuriva di secondo in secondo, annunciando l'arrivo della sera.

Marianne parlava, spiegava ciò che aveva scoperto da Carlo, senza fermarsi, come se fosse un fiume in piena. L'ascoltavo con attenzione, cercando di non perdere alcun dettaglio di quel racconto. Mi resi conto quasi subito di aver avuto ragione: aveva domandato tutto ciò che andava domandato, e l'aveva fatto nel modo migliore possibile. Sarebbe stata un detective eccellente, davvero.
Anche Ryan ascoltava, ma in una maniera diversa dalla mia.

Non annuiva, non interagiva, non commentava.

Ascoltava e basta.

Perché in verità, la sua testa non era lì. Era da qualche parte, in un buco nero di un tempo lontano, intangibile.
Stava pensando ad Evelin e ai suoi due gemelli. Pensava ai demoni che la tormentavano; a quel terrore invisibile che, per qualche ragione, all'improvviso sembrava essersi impossessato di lei, della sua gioventù, della sua spensieratezza. Un mostro invisibile che in silenzio le aveva rubato la felicità, costringendola a scappare lontano, dalla parte opposta dell'America.

Le persone sfioravano Ryan con il corpo, ma lui sembrava non rendersene conto. Aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, come se tutto il resto del mondo avesse cessato di esistere.

Nuove luci e decorazioni natalizie in strada continuavano ad accendersi, e i pescatori stavano abbandonando le proprie barche lungo il molo del porto, preparandosi a rincasare. Marianne continuava a parlare, e lo faceva con decisone, entusiasmo. Io guardavo Ryan di tanto in tanto e quasi percepivo ciò che doveva provare in quei momenti. La voglia di essere già in California, già su quella nuova pista. Ma no, non era voglia. Era di più. Era ossessione.

Ma quella sensazione - la percezione di avere tra le mani un nuovo obiettivo da raggiungere, da inseguire - era totale, devastante, quasi violenta. Dovevamo a tutti costi trovare la sorella di Evelin, in California. Ma ci saremmo dovuti muovere con prudenza.

<<Puoi salire sulla mia auto, lo sai? Ti posso accompagnare. Se non abiti troppo lontano, certo.>>
<Mmm. E lo faresti davvero, per me? Fino a dove arriveresti?>>
<<Non lo so. Fino a dove vuoi tu.>>
<<Abito dalla parte opposta della città. Forse è un po' troppo distante. Non mi va di farti fare tanta strada.>>
<<Lo faccio volentieri, devi credermi. Chiunque lo farebbe, per te, non trovi?>>
<<Perché pensi questo?>>
<<Per via dei tuoi occhi. Sono così belli. Di che colore sono? Non riesco a capire se è verde o... grigio, forse?>>
<<Sono verdi. Ma è un verde molto raro. Hai ragione, tutti mi dicono che ho degli occhi bellissimi. Ma tu... sei bravo, con i complimenti.>>
<<Non è un complimento. È la verità. Andiamo?>>
<<Non lo so. Ti conosco appena. Eppure... c'è qualcosa che mi piace, in te. Potrei... chissà. Potrei anche diventare una cattiva ragazza. E non mi capita quasi mai.>>
<<Correrò il rischio. Sono preparato a questo.>>
<<Va bene. Andiamo, allora.>>
<<Andiamo, sì. Andiamo.>>

Ci fermammo a mangiare qualcosa in un ristorante sul mare. Durante la cena, però, Ryan sembrò distante, assente. Come se quel poco di leggerezza che aveva acquistato durante il viaggio in Italia fosse d'un tratto scomparsa, dopo la vista a Carlo Salviati.

<<Che cosa c'è, Ryan? Non hai ancora detto una parola>> gli dissi, avvicinandomi a lui, facendo dondolare leggermente la sedia.

<<Non è niente. Sto pensando che dobbiamo trovare prima possibile la sorella di Evelin. È tutto lì, Ethan. L'origine del male. Deve essere partito tutto da lei. Da Evelin. Sento che per la prima volta siamo davvero vicini a qualcosa di importante.>>
<<Lo penso anche io. Troveremo sua sorella. Le chiederemo di Evelin. Vedrai che ce la faremo. Ne sono sicuro.>>
Ryan annuì e finì di mangiare le cozze che avevano ordinato. Non disse altro né noi cercammo di farlo parlare ancora.
Durante la cena telefonammo a Miller e lo aggiornarono su tutto. Gli spiegammo che sarebbero ritornati negli Stati Uniti il giorno dopo, ma che saremmo andati direttamente in California. Miller fu d'accordo, e ci disse che per il momento le indagini a Virginia non avevano portato a nulla. Aggiunse che avrebbe cercato informazioni su Evelin, e che ci avrebbe chiamati appena possibile per fornirci delle notizie che la riguardassero. Ci disse anche che le ricerche nei pressi della miniera stavamo continuando, ma che da tutti i sopralluoghi non era emerso nulla.
Ci salutammo con la promessa di risentirci il prima possibile.

<<È straordinario qui, non trovate?>> dissi, finendo di bere un calice di bianco, guardandomi intorno.
Marianne sorrise, poi appoggiò gli occhi sulle strade di quella piccola cittadina, sul mare, sulle barche ferme lungo il porto.
<<Lo è davvero>> rispose.

<<Non credi che passando da questa parte allungheremo?>>
<<No, no. Conosco molto bene la zona. Questa è la via più breve.>>
<<Se è così, significa che insieme a te ho appena imparato una cosa nuova. Lo sai, sei molto bello. E stasera fa caldo per essere dicembre, non trovi? Penso che mi toglierò il giubbotto.>>
<<Sì, fa caldo. Certo, toglilo pure. È così che si incomincia a diventare cattive ragazze. Togliendo il giubbotto.>>
<<Ah ah ah. Forse hai ragione. Ma ti avevo avvisato, no? C'è qualcosa in te... che per qualche motivo... sembra volermi portare sulla cattiva strada. Chissà che cosa penserai di me, adesso.>>
<<Nulla, davvero. Toglilo pure. Voglio che tu ti senta a tuo agio. È importante, sai?>>
<<Però... la strada... non la conosco. Ma ti stai sbagliando, non porta a casa mia. Non è che hai qualche idea strana in testa, per caso?>>
<<Oh, sì. Ci puoi giurare. Più di una.>>
<<E sono idee pulite? O forse non tanto?>>
<<Non lo so. Sono idee rosse. Sono idee piene di rosso, questo sì.>>
<<Idee rosse?>>
<<Sì, hai capito bene. Non farmi ripetere le cose. Non devi mai farmi ripetere le cose, è chiaro?>>
<<Eh?>>
<<Divento nervoso, quando devo ripetere le cose. E allora poi ti farà più male. Te ne farà così tanto...>>
<<Che cosa diavolo stai dicendo?>>
<<Allora proprio non capisci. Stupida, stupida. Ho detto che ti farà male. Sarà lento e doloroso, e griderai. Griderai così forte che le tue corde vocali si spezzeranno.>>
<<Mi stai facendo paura, adesso. Dove stiamo andando? Dove... dove siamo? Dove mi stai portando? Mi manca... mi manca il respiro. Ferma l'auto. Fermati, ti prego!>>
<<Non gridare. Non gridare. Non gridare. Mi dà fastidio. Devi restare in silenzio. Lo capisci, almeno questo?>>
<<Ti prego... lascia che scenda. Non parlerò con nessuno. Non lo racconterò a nessuno. Ma lasciami andare, per favore... dove siamo? È tutto così buio qui... dove siamo? Non dirò nulla a nessuno, TI PREGO!>>

<<Siamo quasi a casa. E no, non dirai nulla a nessuno. Lo so. Non lo farai.
Perché prima ti taglierò la gola, poi ti vestirò di bianco, infine ti racconterò del fuoco.>>

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora