Nessuno ti sentirà urlare, da qui

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Mentre lasciavamo la palazzina, Marianne ci spiegò quanto aveva scoperto da Roberto Salviati. Ci disse che il fratello di Roberto, Edoardo, insieme al papà Carlo, si era trasferito da tempo al sud, in Puglia, in una cittadina chiamata Porto Cesareo. Questo complicava tutto. Roberto, prima di salutarci, aveva lasciato a Marianne un recapito e un numero di telefono. Le aveva anche detto che purtroppo non era facile mettersi in contatto con loro telefonicamente, e questo era un altro problema. In ogni caso, sarebbe stato necessario incontrare Salviati di persona.
Avremmo dovuto viaggiare ancora.

Ci trovavamo in mezzo ad una situazione piena di interrogativi, e non avevamo ancora racimolato delle risposte utili. Avevamo scoperto che Carlo aveva due figli, Roberto ed Edoardo. Roberto era nato nel 1976, come Ray Dwight. Suo fratello era più grande di lui di quattro anni. Quindi, nel 1986, l'anno di fabbricazione del ciondolo- sempre ammesso che la data incisa si riferisse a quello- Roberto e Dwight avevano entrambi dieci anni. Il fratello Edoardo ne aveva quattordici, e c'era qualche possibilità che ricordasse qualcosa in più, forse. Anche se le nostre speranze più grandi continuavano ad essere riposte in loro padre, Carlo.

Attraversando le strade di Torino in cerca di un albergo, contattammo Miller e lo aggiornammo sulle novità. Lui ci disse che, a quel punto, la cosa più sensata da fare era continuare in quella direzione. Prenotò per noi un volo dall'aeroporto di Caselle, non distante da Torino, per la mattina seguente. Ci disse che per quanto riguardava l'ultimo cadavere- o meglio, le parti dell'ultimo cadavere rinvenute in un cassonetto- non era emerso nulla di particolare. Non erano ancora riusciti a identificare il corpo. La testa, il busto e le gambe non erano stati rinvenuti.
Pensai a quelle parole, e una fitta violenta di nausea mi assalì, senza preavviso.

<<Non ha alcun senso>> disse Ryan, guardando davanti a sé le luci che, da Piazza Castello, illuminavano una delle strade più conosciute della città, via Roma.
<<Che cosa vuoi dire?>> domandai.
<<Il modo in cui lui sta agendo. Il modo in cui sta uccidendo. È fuori dagli schemi. Fuori dalla logica, se così la possiamo chiamare, con cui si è mosso in passato. E continuo a pensare a Ray. A come, a modo suo, parlava delle vittime.>>
<<Pensi che sia qualcun altro a uccidere, oggi? Qualcuno... che è legato a Ray?>> gli chiesi.
<<È una delle possibilità. Il fatto è che non possiamo essere certi di nulla. Almeno fino a che non risaliremo a chi ha ordinato quel ciondolo. Sono sicuro che la sua storia contenga gran parte della verità che stiamo cercando anche noi.>>

Ryan aveva ragione. Il ciondolo ci avrebbe condotti a delle informazioni, e tutto dipendeva dalla memoria di Carlo e di Edoardo.

Ci sedemmo su di un muretto dal quale avevamo la piena visuale del centro. Torino era una bella città. Piazze, strade, colori. Tutto sembrava romantico e affascinante. Guardai Marianne. Si era seduta accanto a me e aveva appoggiato la mano sulla mia.

Il telefono di Ryan squillò e ci voltammo verso di lui.

<<Miller, dimmi>> rispose, guardandoci.

Ci fu un silenzio duro, carico di tensione, durante il quale Miller gli comunicò qualcosa che fece cambiare totalmente la sua espressione. Alla fine della conversazione, che fu più lunga delle altre che c'erano state in precedenza, Ryan- che non aveva quasi mai parlato, ma che si era limitato ad ascoltare - ringraziò l'ex collega e poi chiuse gli occhi per un istante.

<<Che cosa ti ha detto?>> gli domandai.


Lui sospirò, si accese una sigaretta.

<<Dice che una ragazza si è presentata in centrale poco fa. Ha denunciato la scomparsa della sorella, una certa Laura Warren. Vent'anni, residente a Virginia. Quando le hanno chiesto di descriverla, o se avesse segni particolari per riconoscerla, lei ha detto che aveva una voglia simile a un cuore sulla mano sinistra.>>

Sospirai. Avevo già capito come si sarebbe concluso il racconto.

<<La mano sinistra che hanno trovato nel cassonetto aveva una voglia identica a quella descritta dalla ragazza. Le hanno fatto vedere la mano, e l'ha riconosciuta. Non so se sia possibile identificare un corpo da una sola mano, ma in un caso del genere resta ben poco margine di errore.>>

Ryan aveva ragione. La ragazza assassinata doveva essere proprio Laura Warren.

<<C'è dell'altro. La sorella di Laura, che si chiama Stephanie, dice che Laura sembrava inquieta durante i giorni precedenti al momento in cui poi è scomparsa. Si era confidata con lei e le aveva detto di aver conosciuto un uomo. Non abbiamo un nome, ma Stephanie dice di averlo visto una volta.>>
<<Che cosa?>> domandai, mentre sentivo che il mio cuore stava accelerando i battiti.
<<Sì. Sembra che questa Stephanie abbia visto l'assassino. Non per molto tempo, ma abbastanza per riuscire a descriverlo.>>
<<Ha detto che aspetto ha?>> chiesi.
<<Sì. Dice che era andato a prendere sua sorella a casa la sera prima che scomparisse, e che si sono incrociati mentre lei stava rientrando. Ha detto che sembra un uomo sulla quarantina. Alto, magro. Capelli corti, scuri. Ha parlato di una persona che apparentemente sembra non avere nulla di strano. Poi ha raccontato a Miller del suo sguardo.>>
<<Che cosa significa?>> domandai.
Ryan si fermò per un istante, lasciando che il fumo della sigaretta uscisse dal naso.
Mi guardò.
<<La sua espressione. I suoi occhi. Stephanie... Stephanie ha detto di aver provato un brivido nel momento in cui l'ha guardato negli occhi. Come se in quell'espressione fosse racchiuso qualcosa di...malato, in modo irreparabile. Miller ha detto che era terrorizzata mentre lo raccontava. Terrorizzata dallo sguardo di quell'uomo. Ha detto che era uno sguardo vuoto, come perso nel nulla, in una dimensione impossibile da comprendere.>>
<<Come possiamo essere certi che quell'uomo sia l'assassino?>> chiesi.
<<non possiamo, naturalmente. Ma Miller ha detto che Stephanie lo era. Lei ne era certa, senza ombra di dubbio. "Ho avuto paura a guardare all'interno dei suoi occhi, anche se è accaduto tutto in fretta."
Pare che questo sia ciò che gli ha detto Stephanie, in lacrime.>>

Sospirai. Sapevamo che Miller avrebbe continuato a interrogare i famigliari di Laura Warren, adesso. Sapevamo che forse stava spuntando questa nuova pista da seguire, e in un certo senso si trattava di una buona notizia.
Per contro, invece, mi sentivo inquieto anche io. Ripensai alle parole di Ryan, a ciò che aveva detto la sorella dell'ultima vittima.

Ho avuto paura a guardare all'interno dei suoi occhi.

Sapevo cos'era.

Il male, quello più oscuro. La follia che non è possibile arginare. La perdita del controllo.
Durante i casi che avevo seguito in veste di reporter, mi ero imbattuto tante volte in quel tipo di terrore. Eppure c'era una sensazione che, in profondità, mi sussurrava che adesso era tutto diverso.

Ancora peggio.

Ancora più giù, nell'abisso.

Un punto sperduto nel mondo in cui esistono soltanto più vittime e carnefici, colpevoli e innocenti.

Un buco nero dal quale, ne ero certo, anche le grida di terrore sarebbero state impossibili da sentire.

Immaginai l'assassino in un flash che mi sembrò durare all'infinito.

Lo vidi mentre camminava davanti a Laura Warren e si chinava accanto al suo orecchio.

<<Nessuno ti sentirà urlare, da qui.>>

La ballerinaWhere stories live. Discover now