Parte 3.- Capitolo 1.- Il Mondo degli Umani

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Andrew non attraversava il Deserto Nero da parecchio tempo; l'ultima volta era stato in compagnia del Khose che lo aveva scortato da Edom al Cocito e il ricordo di quel viaggio lo tormentava ancora. Era stato terribile, un momento di incertezza, un salto nel vuoto che lo aveva portato a stravolgere quello che credeva essere un destino già scritto per diventare un Rhiel; ricordava ancora l'uggiolio lontano dei Dannati mentre il Khose lo trascinava con sè in quel luogo senza vita. 

Rimase del tutto spiazzato, ora, mentre si guardava attorno, nel constatare che le cose erano diverse. Le urla delle anime dei morti parevano più vicine, erano raccapriccianti e sembravano penetrargli dentro, insidiandosi in un angolino del suo cuore per continuare a torturarlo costantemente; aveva la bizzarra sensazione che tutte le Anime del Deserto li stessero osservando, pronti ad attaccarli... benchè fosse del tutto certo che i Dannati fossero esseri incorporei che non potevano toccare i visitatori in vita. Eppure continuava a guardarsi attorno, pronto a vedere un esercito demoniaco comparire da dietro ogni angolo oscuro; era come se qualcosa lo stesse osservando e intanto ridesse di lui, non poteva scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazione che il Deserto Nero non fosse più il luogo etereo che ricordava, ma un terreno di battaglia già schierato contro di lui.

Il cavallo camminava nervosamente nella sabbia arida, obbligando il ragazzo a piantargli nei fianchi i talloni degli stivali per farlo procedere più spedito, e Zefira, alla sue spalle, lo stringeva forte, le mani intrecciate sul suo stomaco con decisione.

-Pensate alla Casa.- ordinò la voce perentoria e roca di Portus da un punto imprecisato del buio attorno a lui. Non avrebbe saputo dire se fosse vicino, lontano, accanto a lui o qualche centinaia di metri più distante, semplicemente, sapeva che c'era, così come sapeva che le anime dei dannati ululanti lo stavano seguendo. -Pensate solo a quella o il Deserto non ci porterà dove vogliamo! Concentratevi! Grun e Zefira cercate di svuotare la mente se non avete visto la Casa...Non dobbiamo confonderlo!

Andrew infilò la mano nella tasca del mantello ed estrasse il disegno che Portus aveva rubato, osservandolo con intensità quasi dolorosa mentre stringeva le briglie di cuoio. Era troppo buio per distinguerne chiaramente i dettagli, ma riusciva a ricordarlo nel complesso: il cancello di ferro battuto che difendeva il Giardino, gli alberi stilizzati, la scalinata di marmo, la villa sontuosa... 

Zefira si sporse da sopra la sua spalla per sbirciare il disegno e sospirò al suo orecchio, facendolo rabbrividire, il corpo magro premuto contro il suo.- Sembra un posto molto bello.

-Vero?- Andrew chiuse gli occhi, stringendo con una mano il disegno e con l'altra le redini del cavallo.-Mi riesce quasi difficile credere che ci vivano dei guerrieri pericolosi.

Cercò di svuotare la mente da ogni altro pensiero, di lasciare fuori i suoi fratelli, suo padre, Edom, il Cocito e l'esercito che aveva scorto poco prima di gettarsi nel Deserto; cercò di ignorare la paura, l'ansia, l'ossessione per quello che sarebbe davvero successo se si fossero presentati dall'Ordine chiedendo rifugio. Pensò solo alla Casa, agli Armati, a quel poco che ne sapeva della loro esistenza; pensò ad Alysia, la misteriosa ragazza che combatteva contro un Khose e poi trascinava con sè Lilieth chissà dove nel Deserto Nero. Era l'unica Armata che avesse mai visto lottare e gli era bastato per decidere che una spada o un'arma qualsiasi nelle mani di quei guerrieri, era come un prolungamento del loro corpo.

Improvvisamente un vento freddo iniziò a spirare attorno a lui, facendolo sussultare: il cavallo nitrì, impennandosi improvvisamente come se fosse spaventato; Zefira rafforzò la presa attorno alla sua vita per non cadere, lasciandolo del tutto senza fiato, mentre cercava di tenere salde le redini tra le mani sudate. Attorno a lui sentiva gli altri trattenere il respiro mentre anche i loro cavalli si imbizzarrivano...e una luce accecante gli ferì gli occhi attraverso le palpebre socchiuse. Urlò, portandosi un braccio davanti al viso ed ebbe l'impressione di non essere stato l'unico sorpreso da quella luminosità repentina.

Sangue impuro.- Equilibrio spezzatoWhere stories live. Discover now