Capitolo 2.- La Fata

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Dentro la tenda faceva ancora più caldo rispetto a fuori; delle lampade erano posate a terra e su dei precari tavolini dalle gambe traballanti, drappeggiate da sciarpe dai colori tenui, che conferivano al posto una lugubre luce cangiante e morbida, quasi dolce.

Il ragazzo fece una piccola smorfia quando sentì il profumo forte delle spezie e delle erbe che impregnavano tutto e sbuffò appena, stringendosi nelle spalle muscolose.

Era l'unico cliente: le Magie di Luce erano viste con sospetto dagli abitanti e dai clienti del Mercato, che pensavano sempre potesse esserci lo zampino di Natasha per controllare i loro movimenti. E avevano assolutamente ragione, come il giovane Mercenario sapeva fin troppo bene.

Dietro ad un tavolo di legno scuro su cui erano posate diverse ampolle, era seduta una figura fiocamente illuminata, il volto e le spalle completamente nascosti da un pesante e fitto velo bianco; poteva scorgere solo gli occhi di un grigio-verde chiaro e senza nubi: alzò la testa quando lo sentì camminare sul pavimento di terra battuta ed una luce morbida e dolce le illuminò lo sguardo altero e velato dalle preoccupazioni. Poteva quasi vedere il suo sorriso materno, celato dal velo pesante.

- Sapevo che saresti venuto.-disse alla fine, con voce suadente e intrecciò le lunghe dita sul pianale del tavolo, rilassandosi.

Lui fece una smorfia, lasciando cadere il cappuccio sulla schiena e fissando la donna velata con diffidenza.- Come dire che potrei mai mancare ad uno di questo appuntamenti.- disse irritato. Si sedette sulla sedia di legno davanti al tavolo ingombro, i gomiti sulle ginocchia.- Avanti, dammi quello che devi.

Lei inclinò di lato il capo, giungendo le mani come in preghiera sul  grembo.- Vederti è sempre bello, bambino mio. Vedo che le ombre hanno di nuovo...

-So come è la mia anima, grazie.- tagliò corto lui, infastidito; se avesse potuto smettere di vedere quella donna sarebbe stato felice, ma non poteva rinunciare alla sua medicina. Non avrebbe mai potuto vivere con i Rhiel senza il suo aiuto, avrebbe finito col diventare una bestia perfino per quel gruppo di raminghi. E la sua unica strada era restare con loro. - Voglio solo quella pozione. Mi serve, lo vedi anche tu che non mi so controllare.

La donna annuì, attenta a non lasciar veder altro che gli occhi affascinanti; dovevano aver fatto impazzire di amore più di una persona, pensò il ragazzo mentre lo fissava.-Ombra dice che mostri abilità per la caccia ai Demoni...buon sangue non mente.

-Chissà perchè, vero?-disse lui con uno scintillio nello sguardo, qualcosa che ricordava vagamente l'orgoglio, ma corrotto da una buona dose di ironia amara.- Sono il figlio di mio padre, purtroppo.

La figura allungò la mano, cercando di sfiorare il suo volto scavato, ma lui si ritrasse e non glielo permise; lasciò cadere sconsolata il braccio, scuotendo la testa.- Rifiuterai di ascoltare se parlerò di loro?

Lui rise amaramente, appoggiando i piedi sul tavolo e mettendosi comodo, con l'intenzione di farla arrabbiare; come sempre, però, lei si limitò a guardarlo.

- Come ho rifiutato per sedici anni.- in realtà, una parte di lui agognava e spasimava per notizie dal suo vecchio mondo, di qualunque genere. Una parte ben più forte sapeva che sarebbe diventato ancora più furioso se avesse saputo qualcosa: non poteva perdere il controllo, neppure tra i Rhiel.

Aveva già abbastanza problemi per colpa del suo viso.

 Quegli occhi che fulminavano uomini e donne, che squadravano Schiavi e fissavano nemici erano il simbolo della sua condizione, della sua maledizione, del perchè era lì; ed anche se nessuno lo sapeva, fatta eccezione per Ombra e la donna che ora gli sedeva davanti, non poteva permettersi errori se non voleva finire sulla bocca di tutti. Non poteva attirare l'attenzione.

Sangue impuro.- Equilibrio spezzatoWhere stories live. Discover now