Parte 4. Capitolo 1.- Nella notte tibetana

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"Lilieth era a Parigi, di nuovo; si trovava di nuovo sul tetto del misterioso palazzo che non sapeva riconoscere, mentre la tempesta stava per scoppiare. I tuoni echeggiavano alle sue spalle, sempre più vicini ed i lampi illuminavano il cielo ad intervalli regolari; stavolta però non stava guardando la Senna che si snodava come un elegante nastro o le luci che vi si riflettevano pallide. La città era alle sue spalle, sotto di lui; stava invece fronteggiando qualcuno o qualcosa. Era una figura alta, avvolta n un mantello che nascondeva il corpo e aveva un cappuccio calato sul viso. Era immobile, come una statua sul tetto della cattaderale di Nitre Dame.

-Non vuoi scappare?-chiese lo sconosciuto, facendo un passo avanti.- Non hai paura?

La bocca di Lilieth si mosse e lui parlò, con una voce profonda che non assomigliava affatto alla sua.- Non fa parte della nostra natura, la paura. Perchè sei qui, Yerathel?

-Sono qui per te.-rispose la figura misteriosa e calò il cappuccio, rivelando un viso strardinario che era insieme familiare e sconoscuto per Lilieth; aveva gli occhi illuminati da un bagliore così vivido che tutto il suo volto pareva risplendere nel buio tetro della notte parigina.-Dorth ha emesso una sentenza.

Lilieth sentì un brivido violento percorrergli la spina dorsale.-Conosco già la mia punizione; la sto scontando, Yerathel.

-No.- fece ancora un passo avanti, mentre le prime gocce di pioggia iniziavano a cadere; il suo viso impassibile era scosso da uno spamso nervoso.- Non basta.

-Stai cercando di dirmi...-la voce gli si ruppe e Lilieth avvertì dentro sè un misto di rabbia e tristezza.- Che non posso neppure amarla ora che sono Umano?

-Non sarai mai Umano, fratello.- rispose Yerathel, avicinandosi.-Quelli come noi non possono diventare Umani. La tua anima non sarà mai come la sua.

Lilieth avvertì dentro sè un senso di malessere che cresceva,mentre immagini che non gli erano familari ma che allo stesso tempo lo straziavano gli inavdevano la mente: un fiume freddo da cui emergeva gociolante, tenendo in braccio una piccola figura che respirava appena; un luogo tra le nubi dove veniva condannato a quell'esilio, un viso bellissmo e sorridente posato su un cusino acanto al suo...-Non è giusto.

Yerathel esitò.- No. Non lo è.- da sotto il mantello estrasse un oggetto che Lilieth non aveva mai visto prima, una sorta di spada lucente, la lama di pura luce bianca che illuminava il tetto deserto attorno a loro; nel farlo, il mantello scivolò a terra e sotto la pioggia le sue ali si spiegarono come fossero due luminosi fari nella notte,accecandolo. Era un Angelo, comprese, anche se non era così sorpreso come avrebbe dovuto. Una parte di lui lo sapeva.-Puoi lottare, se credi.

Lilieth non voleva lottare, sapeva che era inutile combattere contro un Vendicatore..lui stesso lo era stato, no? Anzi, secondo Yerathel lo sarebbe stato sempre. Ma non poteva neppure restare immobile, a morire senza tentare di salvarsi. Non poteva perchè aveva qualcuno per cui tentare di vivere, anche se la sola idea era risibile; sapeva bene quale era il compito dei Vendicatori, tanto nell'Empireo quanto sulla terra.

Mosse un rapido passo indiero e dispiegò le ali, gettandosi dal palazzo. Yerathel lo inseguì.

-Lilieth!-una voce lo chiamava, una voce che non apparteneva al sogno, ma alla realtà.-Lilieth svegliati!



Il ragazzo si destò con un scatto, sedendosi ansante; si guardò attorno: era nella sua stanzetta spoglia alla Casa Tibetana. Nel sonno aveva gettato di lato la pesante coperta di lana ed ora era coperto da brividi leggeri, causati in parte dallo strano incubo ed in parte dal vento gelido che entrava da sotto la porta. Si voltò, le ciglia aggrottate ansante: Alysia era inginocchiata accanto a lui, una mano teso posata sulla sua spalla; si scosse di dosso le sue dita come se scottassero e si tirò le ginocchia al pett, fissando risentito la ragazza. Era la seconda volta che si svegliava da quei misteriosi incubi un passo prima di capire cosa stesse effettivamente sognando; non che lo volesse davveo capire: Natasha avrebbe potuto drglielo, ma lui si era rifiutato di ascoltare.-Cosa vuoi?

Sangue impuro.- Equilibrio spezzatoWhere stories live. Discover now