Capitolo quarantadue

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C'è un motivo per cui la gente dice che il diciassette è un giorno sfortunato, ma il diciassette agosto di quest'anno ha in assoluto battuto tutti gli altri. Avrebbe potuto vincere un premio come giorno più sfortunato di sempre, se solo ne fosse esistito uno. Inutile dire che la notte, dopo quello che era successo con Harry, io non ho chiuso occhio. Ho passato una mezzora buona solo a piangere. Non riuscivo a smettere e non volevo farlo. Avevo bisogno di sfogarmi. Non era solo il fatto di sentirmi tremendamente delusa e presa in giro, ma anche il fatto che mi odiavo perchè ero scappata. Harry mi aveva detto che mi amava. Non sapevo bene quanto quella frase fosse vera e cosa potesse essere davvero l'amore per lui, ma forse, se non fossi così orgogliosa, tradizionalista e se semplicemente prendessi le cose più alla leggera come fanno tutti gli adolescenti di questo cavolo di mondo, avremmo potuto stare assieme. E magari non sarebbe stata la storia che avevo sempre sognato, ma sarei stata fidanzata con lui. Sarebbe durato poco, pochissimo, come la caduta di una foglia dai rami spogli di un albero che prima o poi tocca terra. La vacanza sarebbe finita e io non l'avrei più rivisto, ma intanto avrei potuto godermi il vento che mi accarezzava durante la caduta. Ero arrabbiata con me stessa perchè avevo scelto la strada sicura, quella che guardava al futuro e che preservava ciò che sarebbe stato giusto per me un giorno, ma non avevo provato neanche per un attimo a pensare di sentirmi viva, per una volta. Di cogliere l'attimo. Ho sempre pensato che nella vita ci volesse coraggio, e ho sempre pensato di averne, fermamente convinta che sarei stata Grifondoro se solo Hogwarts fosse esistita, invece non c'è nessun mondo magico, nessuna fiaba. Ci sono solo io, qui, e la verità è che non ho saputo prendere in mano il coraggio. Questo è quello che pensavo ieri sera, con la musica più deprimente che trovavo nel mio cellulare a pomparmi nelle orecchie. Poi però mi sono alzata in piedi, mi solo lavata la faccia e ho deciso che basta, non avrei pianto più, non per lui. Mi sono resa conto che tutte quelle accuse che stavo facendo a me stessa erano un modo per coprire quelle che in realtà erano le colpe di Harry. Lo stavo difendendo, ancora. Ancora dopo tutto quello che mi aveva fatto passare, dopo tutte le volte che lo avevo salvato per avere in cambio solo arroganza e dopo che avevo scoperto che l'unica cosa che ci legava e che credevo lui condividesse solo con me era in realtà una cazzata. Mentre la luna fuori dalla finestra della camera del mio college illuminava gli edifici pallidi mi ero ricordata che ero a Barcellona, nella vacanza studio che avevo sognato da così tanto e che avevo un sacco di amici. Sono andata a dormire con la consapevolezza che, anche se sarebbe stato difficilissimo, avrei superato tutto, piano piano. E avrei sì, colto l'attimo, ma per chi e cosa se lo meritava. Anche per me stessa. 

E poi eccomi qui, la mattina del diciassette, con una maglia a righe blu e i miei soliti jeans comodi che, dopo la colazione mi avvio verso il college, con un falso sorriso stampato in faccia. Non voglio che nessuno sappia di quello che è successo con Harry 1 perchè non voglio fare pena e 2 perchè meno penso a lui e prima me lo dimentico, spero. Grazie al cielo non lo incontro durante il tragitto che mi porta fino alla mia classe e mi siedo come di consueto accanto a Zayn. 

''Denise.. devo dirti una cosa importante..'' 

''Certo, cosa?'' appoggio la mia borsa a terra e cerco di rilassare la mia mente poco riposata. 

''Ecco, io..''

''Buenos dìas.'' la nostra inscenante, arzilla come sempre, fa il suo ingresso. 

''Te lo dico dopo.'' mi sussurra Zayn.

''No! Ormai sono curiosa!'' 

Zayn ride silenziosamente e poi prende un foglio, una matita e scrive due semplici parole: stop fumo

Lo guardo e spalanco bocca e occhi. 

''Veramente?'' esclamo

Zayn annuisce. 

Just promise... you'll remember. Where stories live. Discover now