Capitolo 1 - Parte 1

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Macarena


"Macarena Ferreiro, lei soffre di Disturbo Post Traumatico da Stress." mi dice la psicologa, lanciandomi uno sguardo che esprime compassione.

Io la fisso, senza capire bene ciò che mi sta comunicando.

"Stia tranquilla, è un disturbo molto comune tra le vittime di tortura. Se vuole possiamo aiutarla con una psicoterapia e una cura farmacologica."

"Io non prendo farmaci, non voglio diventare un automa. Ho una figlia piccola, non posso permettermi di avere i riflessi rallentati."

"Lei è sola con sua figlia?"

"No, c'è anche mia moglie..."

"Sua moglie le può dare una mano, ma lei dovrebbe prendere i farmaci almeno per dormire, altrimenti la sua attenzione sarà compromessa maggiormente. Inoltre, il poco sonno può causare problemi fisici."

"Ci penserò..."

"Le scrivo delle gocce, può prenderle solo se e quando vuole, per quanto riguarda la psicoterapia..."

"Potrei fare qualche seduta e vedere come va."

Quando esco dallo studio della psicologa maledico me stessa per esserci andata.

Di sicuro cercherà di farmi rielaborare i miei traumi, ma io non voglio farlo.

Voglio solo cancellare tutto, voglio che i segni della tortura spariscano, voglio che i traumi causati dalla vicenda di Ramala spariscano.

Come quelli provocati dalla madre di Zulema.

Ricordo ancora i momenti in cui, dopo la sparatoria, ho cercato di rianimare Zulema, inutilmente.

Sento ancora il dolore al polmone, il sangue caldo che mi cola sul ventre e il cuore che mi martella nel petto. Vedo ancora la donna che amo, coperta di sangue e immobile, che non si sveglia.

Alle volte, quando ha il sonno più profondo, la scrollo forte. È come se avessi paura che possa andare in coma e magari morire.

Quando lo faccio, lei mi fulmina con lo sguardo e mi urla addosso, dicendo che le ho interrotto il pisolino e che sono paranoica.

So che sono paranoica, ma ho ancora addosso la paura di perderla.

Ciò che mi ha fatto Ramala poi si è insidiato dentro di me come un veleno.

Ogni colpo, ogni taglio, ogni bruciatura, ogni momento passato con la testa sott'acqua, ogni svenimento per il troppo dolore, ogni risveglio con una secchiata di acqua gelata in faccia, ogni minaccia, ogni istante di terrore vissuto in quel buco di merda mi si è attaccato addosso come una colla.

Zulema ne è uscita decisamente meglio, mi dice sempre di guardare avanti, di pensare alla vita che abbiamo adesso, ma io non sono forte come lei. Anche se so che dovrò diventare così.

Devo prendere Yasmin a scuola, quindi smetto di rimuginare su tutto questo e raggiungo la macchina.

Arrivata in aula, la maestra mi accoglie con un sorriso. È una ragazza giovane, molto dolce, con i capelli lunghi castani e un atteggiamento da fata. Si chiama Alba, so che anche lei ha origini spagnole ed è venuta a vivere in Marocco per amore, perché qui ha conosciuto il suo fidanzato e ha deciso di trasferirsi.

"Mamma!" urla Yasmin, correndo ad abbracciarmi.

"Tesoro mio, com'è andata a scuola?"

"Bene, ho fatto un disegno per te e per Zuzu."

Zuzu è Zulema.

Ha cominciato a chiamarla così un po' di tempo fa e questo nome ci è piaciuto, quindi è rimasta ufficialmente Zuzu.

"Yasmin, vai a prendere la tua cartellina con i disegni mentre parlo un secondo con la mamma?" le chiede la maestra.

Quando la piccola si allontana, Alba mi sorride nuovamente.

"Si è inserita bene insieme agli altri bambini di tre anni, adesso inizia a conoscere anche il resto della classe. È molto socievole, ha fatto amicizia soprattutto con una sua compagna che si chiama Fatima, quella laggiù." mi dice, indicando una bambina con i capelli neri corti, molto magra e con lo sguardo vivace.

Fatima, come la figlia di Zulema.

Sembra uno strano gioco del destino.

Non so come la prenderebbe mia moglie, visto che la perdita di sua figlia è una ferita che non si è mai rimarginata, ma cerco di non pensarci.

Mi concentro su Yasmin.

Ha solo tre anni, ma è già un peperino.

Ha i capelli che le arrivano alle spalle, riccioli e biondissimi. Non so da chi abbia preso, visto che suo padre era castano e io sono bionda solo perché faccio la tinta.

In ogni caso, è la bambina più bella del mondo.

"Yasmin parla sempre di una certa Zuzu, ha detto che è la sua altra mamma, parla della sua compagna?"

"Parla di Zulema, mia moglie. Lei la chiama sempre così."

"Che bello, un giorno potreste venire insieme, così la conosco."

"Sì, a proposito, le ho fatto la manleva nel caso in cui Zulema venisse a prenderla. Sulla carta, sua madre sono solo io, anche se in realtà lei è come una seconda mamma per Yasmin."

"Va bene, grazie." risponde la maestra.

"Ricordatevi la merenda." aggiunge.

"Ciao amici." urla Yasmin, mentre usciamo dalla classe.

Mentre le cambio le scarpe lei mi mostra il disegno che ci ha fatto.

"Mamma, guarda! Questa sono io, questa sei tu e questa è Zuzu."

"E quelli cosa sono?"

"Ho fatto gli omini e le macchinine, così giochiamo insieme a difendere il mondo dai cattivi. Spariamo ai mostri, così loro muoiono e non ci fanno più male."

"Quando ci giochi?"

"Ci gioco sempre con Zuzu, noi difendiamo tutto l'universo. Lei dice che dobbiamo essere sempre coraggiose e forti, anche quando abbiamo paura, così possiamo sconfiggere tutti i cattivi."

Gli insegnamenti di mia moglie.

Quelli che prova ad impartire anche a me.

Una volta Zulema mi ha detto una frase che mi ha colpito molto.

"Bionda, ci vuole coraggio ad avere paura."

Inizialmente, non ho capito cosa volesse dirmi, poi mi ha spiegato il significato.

Il vero coraggio non sta nel non avere paura, ma nell'averla e non lasciare che ti limiti. Non devi mai permettere che la paura ti impedisca di vivere, mai.

E io non lascerò che l'orrore e la sofferenza dovuti a ciò che ho vissuto si prendano la parte migliore di me.

I hate u, I love uTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon