Capitolo 6

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Finalmente dopo un lungo periodo di durissimo e sfiancante lavoro riuscimmo ad organizzare un week end degno di nota. Il precedente era saltato per causa mia e di Sara, ne avevamo approfittato per andare a trovare i nostri genitori a Roma, quello prima ancora invece eravamo talmente stanchi che terminato di cenare scappammo tutti a casa a dormire.
Ma quella volta no, non avremmo commesso lo stesso errore, l'unica nota negativa era che avrei dovuto aspettare 48 ore per rivedere John.
Mi stavo abituando alla sua presenza e più stavamo insieme e più la mia dipendenza per lui aumentava e in contemporanea anche una notevole confusione.
Un po' a causa della mia fantasia, che probabilmente mi faceva fraintendere le situazioni e mi faceva illudere, un po' anche a causa del suo atteggiamento ambiguo, del tipo stammi vicina anzi no allontanati.
Specialmente nell'ultima settimana era stato particolarmente strano, mi aveva riempito di complementi, aveva lanciato frecciatine in continuazione e poi all'improvviso aveva mutato il suo atteggiamento. Si era incupito, era diventato indifferente alla mia presenza, come se non esistessi.
A quel punto l'uscita di quel sabato sera divenne anche un buon pretesto per svagarmi da tutta quella confusione.

Di solito il fine settimana ci si organizzava con un gruppo di amici e colleghi tra cui Leila, saltuariamente mia sorella con Gennaro, e da quando lo avevo conosciuto, anche Michele con la sua fidanzata Chiara.
Adoravo quella ragazza, aveva un gran senso dell'umorismo, carina, gentile e intelligentissima, era una ginecologa all'Ospedale Cardarelli di Napoli.
Mi preparai con calma, mia sorella e Gennaro erano usciti con un'altra coppia di amici, quindi potevo rubacchiare qualcosa di suo, probabilmente avrei preso i suoi orecchini a cerchio.
Scelsi un look un po' più audace, misi un tubino nero e dei sandali molto vistosi, indossai gli orecchini rubati a mia sorella e non esagerai troppo con il trucco.
Capii di avere azzeccato il mio abbigliamento solo quando i miei amici mi videro fuori il locale e si lasciarono andare a vari complimento.
Ma lo scopo primario, che io e Leila ci eravamo prefisate, non era ricevere dei complimenti dai nostri amici o parenti, piuttosto da qualche bell'uomo magari incontrato durante la serata.
"Come sei bella!" Urlò Leila quando mi vide.
Anche lei non era niente male, con quei suoi bei capelli rossi e gli occhi verdi, non passava di certo inosservata.
"Grazie, speriamo che ne valga la pena. Ho proprio bisogno di distrarmi!" Confessai.
"Se si tratta del signor Masi non voglio neanche sentirti. Ti vedo in ufficio sai... Come lo guardi!"
"È così palese?" Chiesi preoccupata, non volevo diventare lo zimbello dell'ufficio né tantomeno dare modo a lui di accorgesene.
"No non è evidente, certo che no! Però io ti conosco e so come ragiona quel tuo cervelletto contorto! Fatti passare subito questa cotta che questa volta ti bruci!"
"Hai ragione ma è una cosa che non riesco a controllare, quando sono nel suo radar non capisco più nulla. Non mi era mai successo, non sono capace di gestire questa cosa!"
"Ma cosa dici, come mai successa? E con Dario allora?"
"No neanche con lui, altrimenti stavamo ancora insieme che dici?"
"Ripensandoci è stato un peccato che vi siate lasciati, non che adorassi tutti i lati del suo carattere, però era un buon partito ammettiamolo. Avvocatone di successo, bello, stabile e poi mettici anche che ti venerava e ti adorava, certo a modo suo, però ti venerava!"
Feci spallucce.
Dario era stata l'unica storia, chiamiamola seria o duratura della mia vita, neanche un anno di fila a dirla tutta, vissuti ben poco causa mia e del mio lavoro, perché il lavoro per me è sempre stata una priorità indiscussa.
Mia sorella era convinta che mettevo al primo posto il lavoro solo perché non avevo ancora incontrato qualcuno in grado di coinvolgermi abbastanza, anzi sconvolgermi a tal punto da perdere la testa. Un po' come quello che era successo a lei che aveva lasciato tutto per amore e si era reinventata, adattata senza pensarci due volte.
E forse Sara aveva ragione, non c'era mai stato nessuno che avesse riempito ossessivamente i miei pensieri, nessuno fino a quel giorno in biblioteca.
Nessuno prima di John.
Dario, sembrava brutto dirlo, mi aveva fatto compagnia e aiutato in un periodo di transizione della mia vita. Ero appena arrivata a Napoli, mi sentivo spaesata e sola, il suo modo di gestire la vita e la nostra relazione, molto schematico, tradizionale, decisamente prevedibile, all'inizio mi rassicurò, inoltre mi serviva ordine nella mia vita e lui era in grado di darmelo.
Però il ritrovarmi sempre davanti al fatto compiuto mi fece capire che più che un fidanzato avevo vicino un uomo ingaggiato per riorganizzarmi la vita. Glielo avevo lasciato fare senza accorgermene, pian piano la situazione era sfuggita di mano, era passato dal semplice starmi accanto allo sfrenato tentativo di plasmarmi e adattarmi alle sue esigenze e preferenze. Alcuni cenni mi avevano già fatto accendere il campanello di allarme ma le conferme piu videnti avvennero a distanza di poco tempo.
Una fu quando cominciò a farmi pressione affinché lasciassi il mio lavoro per andare a lavorare in una galleria d'arte di persone di sua conoscenza e l'altra fu quando mi portò in una concessionaria convinto che fossi disposta a lasciare il mio motorino per una macchina, che tra l'altro avrebbe scelto e comprato lui per me. Probabilmente non lo faceva neanche con cattiveria era il suo modo per dimostrarmi affetto, perché di quello non ne avevo mai dubitato, però non era l'uomo giusto per me e la certezza mi fu davanti quando pronunciò ti amo e non provai nulla, nessun trasporto, nessuna emozione se non il disagio nel sentirlo.
Lui tentò di tutto per continuare, penso ci credesse davvero e che provasse un sentimento serio nei miei confronti ma dal canto mio non aveva molto senso farlo.
Ci mise un po' ad accettarlo ma alla fine capì. Non dico che ci lasciammo da amici, però rimasi convinta che se mai un giorno, per caso, ci fossimo inontrati avremmo anche potuto prendere un caffè e scambiare quattro chiacchiere cordialmente.
Opposto era quando mi ritrovavo vicina a John, mi eccitavo, mi emozionavo, diventavo goffa e impacciata, sentimenti e sanazioni nuove a cui non ero abituata. Nulla era prevedibile, tutto era enfatizzato dal caso e dalle coincidenze .
Nella mia vita avevo sempre gestito tutto con il massimo controllo, nessuna distrazione solo io e il mio lavoro. E in quel momento mi ritrovavo sopraffatta da quei nuovi eventi e per la prima volta avevo una distrazione che aveva nome e cognome: John Masi.

Era di MaggioNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ