Capitolo 15

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Mi svegliai il giorno dopo con un umore ambivalente. Avevo una voglia matta di rivederlo ma allo stesso tempo anche paura. Mi opprimeva una pesante sensazione di angoscia. Forse mi ero caricata di troppe aspettative, avevo ridato vita a quel desiderio o vana speranza che lui fosse interessato a me, senza avere delle prove tangibili. Sarei dovuta tornare con i piedi per terra ed essere meno istintiva, ma rimettere nascosta quella fantasia nella parte più remota della mia testa e del cuore, dove la reprimevo da tempo, sembrava troppo difficile se non impossibile.
Arrivai in ufficio stranamente in anticipo, metà dei miei colleghi non erano ancora arrivati. Andai diritta alla mia scrivania e posai le cose tra le mille scartoffie e cartelle che tenevo disordinatamente. Non lo vidi subito, me ne accorsi solo quando accesi il computer. Sulla tastiera era poggiato un pacchetto paffutello con un incarto tipico di una pasticceria.
Lo aprii piano, facendo attenzione, anche se già avevo intuito cosa contenesse, era un babà.
Mi guardai subito intorno cercando John, non poteva non essere che un suo pensiero, ma non lo trovai. Decisi di non mangiarlo, lo avrei condiviso con lui appena fosse venuto in ufficio.
Leila arrivò poco dopo. Alla fine il giorno prima non ci eravamo più sentite, non sapeva nulla di cosa fosse successo e decisi di non farglielo sapere. Non volevo sentire prediche e rimproveri, né tantomeno perdere la felicità di quel momento.
Non ero una sprovveduta, sapevo che forse sarebbe finita lì, non mi aspettavo nulla o meglio mi imposi di non sperare in nulla, ma non ero ancora pronta a mettere da parte tutte le emozioni che stavo vivendo.
Parlammo del più e del meno, di cose banali e poi lei cambiò argomento.
"Comunque scusa se ti interrompo ma John Masi è tutta n'ata storia! Bello, proprio bello." Leila e la sua napoletanità.
Capii al volo, mi voltai di scatto.
Anche con una semplice maglia e jeans sembrava l'uomo più figo che avessi mai visto, non solo per la sua bellezza, ma anche per il suo modo di fare, di camminare e di muoversi.
Mi sganciai da Leila con la scusa di dover preparare il caffè per il sig. Masi e enfatizzai la parola signore in modo che capisse che ormai adottavo un approccio professionale con il mio capo, volevo farle credere che fossi riuscita a distaccarmi da lui, cosa che invece diventava sempre più difficile. Solo a vederlo il cuore mi arrivava in gola e lo stomaco era sottosopra.
Corsi a preparare l'espresso, divisi il babà, lo misi su un piattino e andai verso il suo ufficio.
Attesi un po' prima di entrare, non perché fossi imbarazzata o preoccupata, semplicemente perché mi resi conto che avevo entrambe le mani occupate e mi era impossibile aprire la porta. Diedi un colpetto alla porta con il tacco della scarpa per attirare la sua attenzione.
Rimase per qualche secondo seduto divertito della mia goffaggine, continuava a guardarmi e a ridere e poi decise di venir in mio soccorso ad aprire la porta.
"Oggi la casa passa caffè e babà!"
"Direi che non poteva andarmi meglio..."
Bevve il suo caffe senza mai togliere gli occhi su di me. Mi imbarazzava quando lo faceva così insistentemente, poi con la punta delle dita prese un pezzo di babà dal piattino e lo avvicinò alla mia bocca. Voleva che lo mordessi e lo feci, concentrandomi a non sporcami di nuovo.
"L'avevo preso per te!" E di nuovo allungò le sue dita per togliere una mollica rimasta sulle mie labbra. Era tutto così eccitante, mi tremavano le gambe e se avesse continuato a parlarmi con quel tono seducente avrei perso i sensi. Deglutii cercando di ritrovare un po' di salivazione. Era così difficile stargli accanto soprattutto perché continuava ad avvicinarsi sempre di più, il mio spazio vitale era diventato molto ridotto ma non mi dispiaceva affatto.
"Cosa fai oggi?" Chiese mentre giocherellava con una ciocca dei miei capelli.
"Lavoro..." Sussurrai con un filo di voce tremolante.
"Giusto bisogna lavorare!"
"Perché?"
"No niente..." Sbuffò quasi seccato di un pensiero che gli era palesemente passato per la mente. Si vedeva che voleva dire altro ma non lo fece. Succedeva spesso, quel suo cambiare sempre atteggiamento mi stava sfinendo. Ma che gioco terribile era quello. 

Era di MaggioWhere stories live. Discover now