Capitolo 16 - II

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La serata volò, fui felice anche di notare come sia Alice che Mete avessero ben accettato John e lo stesso Berk, che arrivò per un saluto, sembrò propenso a conoscerlo. Ormai avevano tolto il pregiudizio nei suoi confronti, soprattutto dopo aver conosciuto anche il suo punto di vista, avevano capito che entrambi avevamo commesso errori e schierarsi con l'uno o l'altra era sbagliato.
Poiché era un infrasettimanale la chiusura fu anticipata alle 23.00 e non all'una come nel weekend.
John si offrì di riportarmi a casa e ne fui felice, soprattutto perché volevo sapere quale sarebbe stato il verdetto per il suo rientro a Napoli. Era tutta la sera che ci giravo intorno, volevo invitarlo per il pranzo di Natale ma avevo paura di un un suo rifiuto o peggio ancora che sarebbe partito addirittura l'indomani.
Presi la palla al balzo e cercai di essere diretta.
"Andrai via domani?"
"No" Un no secco, con gli occhi fissi nei miei.
"Allora festeggi il Natale con me, cioè con noi? Ho organizzato un pranzo di Natale... "
"Si! Festeggio il Natale con te!" Sorrise dolce e lo ricambiai, non esagerai, anche se avrei voluto abbracciarlo e dimostrargli tutta la mia felicità.
Mi portò davanti casa.
"Ti va di entrare?" Chiesi senza farmi troppi problemi.
Alla mia domanda rispose d'istinto, senza parlare ma spegnendo il motore e scendendo dalla macchina, sembrava non aspettasse altro.
Una volta entrati in casa forse perché non c'erano rumori, forse perché eravamo finalmente solo noi due calò un grande imbarazzo. Sembravamo due adolescenti alle prime armi, lui impacciato camminava nel salotto guardando qua e là le foto sui mobili, io nel frattempo per rompere il ghiaccio avevo aperto un bottiglia di vino.
Ne bevve un sorso e andò verso il gira dischi. "Come si accende?"
"Ci penso io... "
Il disco di Mina era rimasto dentro e ripartì dalla canzone Mai così. Si avvicinò, prese dalle mie mani il calice di vino e lo posò sul tavolino da caffè insieme al suo, allungò la sua mano e mi invitò a ballare, mi lasciai trascinare da lui. Mi strinse, poggiai la testa sul suo petto e mi feci cullare dal suo movimento.
"John mi dispiace per tutto!"
"Shhh..." Anche se mi aveva fatto cenno di tacere continuai ugualmente.
"Ho riflettuto molto, sono stata un egoista! Sarei dovuta rimanere e darti il tempo per metabolizzare tutto. Mi dispiace è stata solo colpa mia!"
Con una mano alzò il mio viso per guardami dritto negl'occhi.
"Ascolta, hai sbagliato sì, ma credimi non quanto me. Se io non fossi stato così superficiale nel dire quelle parole forse tutto questo non sarebbe successo. Avrei dovuto difendere prima di ogni altra cosa la nostra storia e invece a causa mia si è creato l'ennesimo malinteso che ha reso tutto dannatamente complicato."
L'abbracciai stretto, avevo il disperato bisogno di sentirlo vicino a me e di fargli capire che io ero ancora lì per lui, volevo sentire il battito del suo cuore e i suoi respiro profondi.
Mi accarezzò una guancia.
"Sei gelata, hai freddo."
Annuii, effettivamente la casa era fredda, a quanto pare non ero stata in grado di impostare il timer per l'accensione dei termosifoni.
Lui diedi uno sguardo veloce al camino e mi chiese dove Rania tenesse la legna. Stavo per andare anch'io ma me lo impedì, voleva occuparsene lui e poi sicuramente le sue braccia avrebbero portato più legna delle mie.
Mentre aspettavo il suo ritorno mi sdraiai sul divano e probabilmente in quel frangente mi addormentai.
L'aver dormito poco la notte precedente, il lavoro e le troppe emozioni mi fecero cadere in un sonno profondo, così profondo che non mi accorsi neanche che John mi aveva portata nel mio letto, mi aveva tolto le scarpe e mi aveva coperto.
Me ne accorsi solo quando stordita mi sveglia.
Confusa mi tolsi quella gonna scomoda, il maglione e infilai qualcosa di piu confortevole, mi misi seduta sul letto e guardai l'orologio, erano le due di notte. Di colpò ricordai tutto, fino a tre ore prima John era in casa e io ballavo con lui nel salotto.

Era di MaggioWhere stories live. Discover now