E se diventi farfalla nessuno pensa
a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali.
Alda Merini
MADISON
Sono seduta a tavola e davanti a me ho la sua schiena con qualche graffio rosso.
È impegnato ai fornelli mentre io mi beo della sua vista.
Gli ho raccontato il significato della mia collana: da piccola sono sempre stata una sognatrice come ora e tendevo sempre a distrarmi e fissare il cielo. Persino gli insegnanti mi dicevano 'Madison, smettila di guardare le farfalle'.
La farfalla che porto al collo è anche simbolo di rinascita dopo ciò che ha comportato la mia esperienza passata a dir poco traumatica sulla mia violenza psicologica e gli spiegai dettagliatamente i fatti. La farfalla è delicata ma riesce a superare intemperie climatiche fino a volare ancora più in alto di prima.
L'ho ascoltato con attenzione durante la sua di storia e ho versato qualche lacrima insieme a lui, nonostante si ostinasse a non farmi vedere i suoi occhioni rossi.
Ma io gli spiegai ciò che dissi a Stella: piangere vicino a qualcuno significa fidarsi e abbandonare le parti più intime di noi stessi per condividere non solo momenti gioiosi, ma anche fatti di dolore.
Io lo condivisi con lui, lui con me. Ora ci sento più uniti come non mai.
Lui si volta con due piatti di pasta al sugo e polpette sorridendomi e non posso fare altro che pensare a quanto sia maledettamente bello.
"Voi italiani la mangiate così la pasta, vero?" Si siede vicino a me.
"Più o meno, però ammetto che ha un aspetto delizioso".
Lui non mangia, mi guarda aspettando la mia reazione. Imbocco imbarazzata una forchettata ed emetto un mugolio di piacere. È davvero buona.
Lui nota sull'angolo delle mie labbra una macchietta di sugo e non esita a pulirla. Con la lingua.
"Hmm, hai ragione è ottima".
Si lecca il labbro e con le mie guance piene di pasta potrei aver assunto un'espressione ebete.
Mi posa un bacio sulle guance piene.
"Sono riuscito a far impostare una linea telefonica privata a cui possiamo accedere soltanto noi e il contatto di Simon, in questo modo potremo comunicare con loro senza essere scoperti".
Ormai sono circa quasi tre giorni che siamo qui e mi mancano da morire i miei amici. Non so che fine abbiano fatto.
"Chiamiamoli ora". Dico con la bocca piena.
Lui prende dalla tasca dei pantaloni della tuta un cellulare che però non è il suo senza smettere di guardarmi.
Non ho visto bene, ma credo di aver notato una mia foto come sfondo.
Poi digita un numero, alza il volume e posa il telefono sul tavolo.
Squilla e sento una voce familiare.
"Jack? Sei tu? Mi senti?"
"Forte e chiaro, Simon". Dice lui.
Lo vedo... sereno.
"Oh, sia lodato il cielo! Ma dove diamine sei finito? Noi... Dammi questo benedetto telefono, Simon. Devo parlare con lui. Jack? Jack mi senti?"
Sento la voce della mia migliore amica che si è intromessa nella chiamata e per poco non mi emoziono.
"Stella! Sono io!" Dico e per poco non mi va la polpetta di traverso.
"MADISON! Stai bene? Dimmi di sì, ti prego".
"Sto benissimo, Stella" dico mentre lo guardo. Lui sorride e io arrossisco. "Dove siete, ragazzi?"
"I nostri genitori ci hanno costretto ad uscire dalla casa di Alex. Ci hanno staccato i telefoni ma per fortuna che ne abbiamo sempre uno di scorta" è Simon a parlare. "Alex e Liam sono rimasti in casa sua e i loro genitori sono insieme ai tuoi, Jack. Non so dove".
Jack torna serio. "E i vostri, invece?"
Simon risponde. "Credo siano insieme anche loro. Ci hanno imposto di separarci quindi io e Stella ce ne siamo andati. Stanno tutti portando avanti una sorta di riunione. Adesso siamo a casa mia perché non mi fido a far tornare Stella nonostante dicono che l'area del loro edificio sia sicura. Abbiamo cancellato ogni prova della presenza di Madison e abbiamo mandato una guardia a nascondere i suoi effetti personali. Dobbiamo cercare di calmare le acque. Non so cosa stiano tramando i nostri genitori".
Jack si inumidisce le labbra e sembra pensieroso. "La situazione si calmerà solo quando io avrò calmato mio padre. Potrebbero essere tutti in casa mia ora. Controllerò le telecamere".
Stella interviene. "Scusa, Jack. Noi ci stiamo facendo il culo da due giorni e tu neanche controlli le telecamere? Che cosa sei stato a fare fino ad ora?"
"Sono stato impegnato". Mi guarda ancora e sorride. Ma come diavolo fa a sorridere in una situazione del genere? Però le farfalle nel mio stomaco si sentono eccome.
Era impegnato a farmi vedere le stelle.
"Oh, uhm... capisco. Cerca di essere operativo. Più tempo ti nascondi e più tuo padre sarà furioso".
"Lo so. Voi rimanete a casa e non create ulteriori disagi. Ottimo lavoro, ragazzi. Adesso ci penso io".
"Stai attento, Jack. Bada a Madison". Dice Stella. Quanto vorrei abbracciarla.
"Sarà la mia priorità assoluta, fidati di me".
"O Cristo, ci ha fatto davvero un complimento? Dovrebbe stare con Madison più spesso". Sento la voce di Alex. Jack torna serio e alza gli occhi al cielo.
"A dopo, fratello". Simon chiude la chiamata.
Sento tornare la paura e l'adrenalina. I nostri aguzzini potrebbero essere sotto il nostro stesso tetto ma Jack sembra non preoccuparsi.
Mi prende e mi posa sul suo ventre. "Sento il tuo battito accelerare, voglio che tu sia tranquilla vicino a me".
Gli poso un bacio dolce sulle labbra. "Voglio che non ti succeda niente, promettimelo".
Lui mi guarda ma esita. Il petto mi sprofonda.
"Ci proverò, amore. A costo di salvare te".
Lo stringo forte a me, devo essere forte. Per lui.
Mi alzo e lui si alza con me.
"Possiamo farcela". Dico.
Gli stringo la mano, poi lui la lascia. Va verso la parete di legno e tocca una manopola nascosta.
Si apre una parte enorme di muro. Davanti a lui c'è una distesa di armi appese.
Iniziamo a fare sul serio.
JACK
Dico a Madison di prepararsi mentre io carico le armi. Non so cosa succederà, ma è meglio essere preparati.
Lei non sa ancora usare le armi, ma comunque le consegno un paio di pistole cariche se dovesse difendersi mostrandole velocemente come impugnarle. Io faccio lo stesso, solo che mi equipaggio con armi più pesanti. Sono abituato a sopportare questo peso sui vestiti, con abiti creati apposta per camuffare qualsiasi forma sospetta sulla superfice della giacca. Ho equipaggiato guardie che ci aiuteranno a fuggire, come disattivato diversi sistemi di sicurezza nelle vie di fuga e per farlo ho impiegato ore.
Controllo le telecamere dalla stanza di sorveglianza. E li vedo.
Tutti.
I nostri genitori sono nella sala riunioni, mio padre a capotavola e non sembra molto quiete. Sento la loro conversazione. Madison è dietro di me che mi stringe le spalle mentre sono seduto davanti agli schermi.
Appena lo trovo me la pagherà. Ma che cazzo sta facendo? Spara alla figlia del mio collega, crea una scappata amorosa con una sconosciuta e ora non so dove sia e non riesco ad individuare la sua posizione?
Come è possibile che i vostri figli non sappiano un cazzo? Stanno mentendo! Devo parlarci...
Allora vedi di calmarti, William. Mia figlia mi serve viva.
Anche mio figlio. Sono sicura che Jacob te la stia facendo pagare per come lo tratti, neanche noi ci siamo spinti a tanto. Fingiti pentito e poi gli farai il culo.
William, non devi fare del male a nostro figlio. Quando uscirà lo priveremo di vedere i suoi amici per un po', ma se dovesse mostrare dei segni di violenza potrebbero diventare sospettosi i media. È un volto troppo noto e i fotografi lo seguono ovunque!
Credi che non lo sappia? Credi che non abbia visto le centinaia di foto con quella ragazza italiana? Credi che il mio collega non mi abbia chiamato per chiedermi spiegazioni siccome sua figlia è appena uscita dall'ospedale per colpa sua e frigna da giorni? Ma cosa gli è preso? Lo ammazzo...
Non sono turbato dalle sue parole, però sento Madison sussultare quando si ricorda del mio presunto matrimonio. Le stringo la sua mano sulla mia spalla.
Stiamo perdendo tempo dal lavoro vero, William. Quando uscirà allo scoperto ci penserai tu, ma non ho intenzione di perderci tempo. Non ho neanche voglia di indagare su quella ragazza e neanche tu dovresti farlo. Pensa a rimetterti in pari con il lavoro.
Iniziano ad alzarsi dal tavolo e capisco che è il momento di andare.
Mi alzo dalla sedia e prendo Madison per mano. Iniziamo a correre fino ad arrivare ad una porta chiusa a chiave in fondo al corridoio.
Dopo aver superato altrettante porte ci troviamo in dei condotti di aereazione, abbastanza grandi da passarci stando in piedi. Li feci costruire apposta in caso sarei dovuto scappare e questa mi sembra l'occasione giusta.
Madison non parla, si limita a stringermi la mano.
Dopo metri di strada arriviamo ad una scalinata che ci permette di scendere fino al mio garage privato con tutte le mie macchine. Non ho paura, ma ammetto di aver temporeggiato il tempo necessario perché la mia squadra agisse senza i miei ordini.
Perché?
Stare qui nascosti, con il dolce far niente, cosa che mi è capitata solo per questa volta nella vita, è stata una sorta di vacanza.
E poi, avevo Madison tutta per me. Quindi ne ho approfittato.
Saltiamo su un modello di Maserati particolarmente veloce, mi accerto che Madison abbia la cintura ben stretta e le sorrido sulle labbra mentre la bacio, catturando il suo respiro ansante per la corsa.
"Sai amore, quando si fa un determinato tipo di lavoro, cose del genere sono all'ordine del giorno. Abituati".
Lei rimane stordita dalle mie parole o dalle mie labbra tanto che non risponde. Le poso una mano sulla coscia fino a partire a tutta velocità da un'uscita nascosta sul retro dell'enorme struttura. Con il mio Apple Watch disattivo le videocamere della zona e altri allarmi.
Imbocchiamo la strada principale e a tutta velocità fuggiamo dalla casa degli orrori.
Il mio obbiettivo è che Madison sia al sicuro e che mio padre non la veda ancora, potrebbe iniziare a pedinarla e ricattarmi con la sua incolumità. Esattamente come fece con mia...
Non riesco neanche a nominarla. L'ho ricordata troppo ultimamente e ora Madison condivide il mio dolore.
Stringe la mano che ho poggiato sulla sua coscia e mi guarda con uno sguardo di solidarietà. Spero di rivederla presto. Purtroppo, non posso evitare che mi vedano con lei per ora.
"Promettimi che sarai al sicuro". Mi dice.
Esito e cerco di essere convincente. "Prometto che se proveranno ad uccidermi, li ucciderò per primo".
Lei mi stringe la mano ancora. "Dove mi stai portando?"
Tramite lo schermo dell'auto, chiamo Simon.
Squilla per alcuni istanti. "Jack?"
"Ho fatto esaminare nuovamente l'area attorno la loro casa, possono tornare. Le guardie tappezzano la zona. È meglio che stiano lì e voglio che Madison sia con Stella. Non può più stare con me, devo vedere mio padre".
Madison inizia a respirare velocemente e percepisco la sua angoscia. So che è preoccupata per me, ma devo saperla al sicuro e al momento con Stella è l'unico posto dove può stare.
"D'accordo. Saremo lì tra poco". La linea si interrompe.
Lei si gira verso di me. "Non andrai da lui da solo, Simon e gli altri verranno con te".
Scuoto la testa. "Devo vedermela io, tieni sempre le armi vicino a te. Stella saprà come proteggerti. Non dovrai uscire di casa per nessuna ragione al mondo, stamattina mi sono permesso di memorizzarti il mio numero in caso ti servisse qualcosa" lei mi guarda con questi occhi che cerco di evitare. "È lo stesso numero con cui parlo con Simon, così non sentiranno o rintracceranno le telefonate".
Noto che sta trattenendo il pianto, è il suo modo per sfogare il turbine di emozioni che sta provando questi giorni.
"Quando tornerai da me?"
"Il prima possibile".
Sento il suo cuore che batte forte. "Puoi baciarmi?"
Sto andando a tutta velocità ma fermo la macchina non badando alle mie guardie incaricate di seguirmi. Fermerei il mondo intero per darle un bacio.
Lo faccio e sento che il mio sangue è più caldo, il suo tocco mi fa sentire più forte e ho voglia di schiacciare il mondo. "Devi essere protetta per me. Promettimi che sarai al sicuro".
Lei annuisce e poggia la sua fronte sulla mia. "Te lo prometto".
"Amore".
Mi risponde. "Cosa?"
Nel disastro più totale, voglio proporle qualcosa che spero le dia forza. Ma soprattutto, spero che lo voglia anche lei. "Vorrei ufficializzare la nostra relazione".
Lei si allontana da me, scioccata. Gli occhi sgranati e la mano sul cuore. "C-che vuol dire?"
Con le dita le prendo il mento e la riposiziono vicino a me. "Potrebbe essere un momento sbagliato, potrebbe non essere come lo vorresti. Ma mi è stato insegnato il caos e sono abituato a questo. Vorrei che tu fossi la mia ragazza".
Emette un sospiro di sorpresa e io inalo il suo profumo. Mi sento teso all'attendere la sua risposta.
La guardo sperando che voglia iniziare qualcosa con me, pregando che mi voglia quanto la desidero io. Nonostante quello che sono.
"Certo che lo voglio" respira a fatica. "Mio Dio, certo. Io... non potevi chiedermi qualcosa di meglio".
Sorrido in maniera così spontanea che mi spavento, lei sembra ancora scioccata.
Poi unisce la sua mano alla mia e rimaniamo a guardarci con le nostre fronti poggiate. Ci stiamo dicendo così tante cose solo con lo sguardo, perché comunichiamo meglio in questo modo. In silenzio.
Il silenzio è il linguaggio delle forti passioni.
Purtroppo, sono costretto a staccarmi da lei e accelerare fino ad arrivare a destinazione.
Parcheggio davanti all'ingresso dell'edificio dove abita e non posso fare a meno che ricordare tutte le volte che litigammo qui davanti, invece ci guardo ora: scappiamo in maniera ribelle a imposizioni altrui e combattiamo per amarci. Questa si chiama voglia di riscatto, lei me l'ha ispirata.
Si guarda attorno quasi come se non riconoscesse questo posto e appena vede Stella le si illuminano gli occhi.