"Era presa da quella bocca. Pura di forma, accesa di colore,
gonfia di sensualità, con un'espressione un po' crudele
quando rimaneva serrata".
Gabriele D'Annunzio
JACK
Forse le stringo troppo la mano perché emette un lieve verso di dolore, ma non posso farne a meno. Stanford non è mai stato un tale peso per la mia sanità mentale, o forse è il soggetto in questione che tengo per mano che mi sta facendo uscire fuori di me.
La domanda che sorge è cosa io stia facendo o dove di preciso la stia portando. La mia priorità ora è quella di non cacciare armi contro di lui e quella feccia di banda che si porta dietro e controllare questo strano istinto che ho di tenere lei per me, senza che qualcuno possa neanche azzardarsi a guardarla.
E ce ne sono in giro che la guardano.
Io, a malincuore, sono uno di quelli. E se non l'avessi fatto a quella ragazza, senza nessuno in giro, l'avrebbero invasa in maniera disgustosa e il solo pensiero aumenta istinti omicidi innescati nella mia mente contorta.
Spalanco una porta ed è un'aula per fortuna vuota, chiudo la porta dietro di me e finalmente la guardo. La spingo contro la parete perché deve spiegarmi il motivo della sua facilità a mettersi nei guai.
Sono furioso e ho bisogno di sfogarmi. Sento che il cervello non controlla più nulla, solo l'istinto. Ma l'istinto mi ha portato dritto da lei e non so cosa non mi fece emanare l'ordine di sparare seduta stante a quella gentaglia.
Il mio prossimo obbiettivo giornaliero sarà quello di sterminarli uno per uno per quello che hanno osato pensare di fare.
"Mi fai male". Con un filo di voce mi indica la mia mano sulla sua, lasciandogliela noto che si è arrossata e lei se la massaggia con una delicatezza che non mi appartiene.
"Perché?" Le alzo il viso per fare in modo che mi guardi. "Perché finisci sempre per andare da lui? Ti attrae per caso? Vuoi che ti ammazzi una volta per tutte o che ti prenda come ostaggio? Rispondimi".
La mia voce è alta e la vedo appiattirsi alla parete nonostante mantiene i suoi occhi caldi contro i miei.
"Non è colpa mia. Stavo semplicemente andando a lezione e ha cercato di aggredirmi. E tu stai facendo lo stesso".
Si mette le braccia al petto come per proteggersi e io prendo le distanze da lei. Sono fuori da ogni valore comportamentale che mi sono prefissato di mantenere. Ma con lei ogni mio principio imposto non esiste più. Questa cosa mi sconvolge.
"Sei stata avvertita, devi mantenere le lezioni a casa. Al sicuro". Le ricordo. "E se non ci fossi stato in quel momento? Cosa sarebbe successo, Madison?"
Cerca di andarsene ma poso entrambe le mani sulla parete attorno a lei, facendo rumore. Lei si immobilizza, attraversando con gli occhi le vene dalle mie dita fin sotto alla camicia. È in trappola. Di nuovo.
"Perché sei rimasta?" Dopo la vicenda in quel locale, non mi capacito di capire come non sia scappata. Perché non ha paura, perché si fida di noi.
E soprattutto, i miei fratelli la stanno condannando a morte consapevolmente e ne sono deluso. Sembro l'unico che cerca di salvarla. E non capisco perché io, ragazzo senz'anima, mi stia prendendo la briga di... proteggerla.
Mi disgusto solo a pensarci.
"Non sono affari tuoi".
"Questa cosa riguarda tutti noi. Non fare la difficile e rispondimi".
"Perché ti importa?" Alza il viso più vicino al mio. Il suo respiro profuma di pulito e gli occhi mi cadono sulle sue labbra. Sembrano soffici e lei le inumidisce quasi a volermi stregare, più di quanto non ci sia già riuscita. E io sto impazzendo.
"Perché se dovesse succederti qualcosa Stella ne rimarrebbe distrutta". Rispondo. Probabilmente mentendo.
Non mi credo, glielo leggo negli occhi. Si avvicina ancora più a me, sento i suoi battiti accelerati come il suo respiro. Le sue guance sono arrossate timidamente. Il suo corpo sta reagendo alla spropositata vicinanza al mio e non è la sola. Mi sussurra qualcosa e cerco di tornare al mondo reale.
"Stai mentendo".
"E non è la prima volta, tesoro".
Troppo orgogliosi, troppo testardi. Ci facciamo del male a vicenda ma nel profondo entrambi sappiamo cosa vogliamo e cosa vorremmo farci. L'unico sottofondo è quello dei nostri respiri confusi tra loro, accelerati. Le sue guance sono più rosse e cerca di andarsene ma mi ostino a tenerla ancora qui, sotto di me.
"E allora perché hai tentato di salvarmi, Madison? L'ho notato, sai? Quando Stanford stava per venirmi contro. Adesso vuoi proteggere anche me?"
Sgrana gli occhi, il suo respiro è fuori controllo. Cerca di ricomporsi.
"E allora tu smettila di prendermi per mano, so camminare da sola".
Inclino il volto, mordendomi il labbro. Due problematici che desiderano avere l'ultima parola, mentalmente instabili sicuramente.
"La prossima volta, te la caverai da sola". Le dico, cercando di chiudere il discorso.
I suoi occhi scintillano. Un intero universo di stelle che mi conquista e non riesco a connettere, non riesco a respirare.
"Non ho mai neanche pensato al tuo aiuto". Bugia, la sua trasparenza mi rende il gioco più semplice. Sono addestrato per questo.
Tolgo le mani ai lati del suo corpo e le lascio il passaggio libero. Lei esita, abbassa la testa e va a passo svelto verso l'uscita.
Insieme a lei fugge anche il sollievo nel mio petto.
MADISON
Impiego tutte le mie forze per non piangere.
Corro nel primo bagno del campus che trovo e mi chiudo dentro.
Sono tremendamente imbarazzata, perché mi guardo allo specchio e non posso fare a meno di notare i segni di un corpo che è attratto e desideroso irrimediabilmente di un altro.
Le guance sono rosse, le labbra anche.
Il respiro è accelerato e sento la risposta del mio cuore alla vicinanza del suo petto contro il mio, le sue labbra vicine quasi un soffio ed è stato alto l'istino di poggiale sulle sue.
Ma questo istinto non deve avvenire. No, è terribile.
Il ragazzo sbagliato in un contesto in cui non potremmo mai essere niente, siamo due mondi opposti e due caratteri che si scontrano continuamente. Due paesi distinti e un giorno dovrò andarmene.
E allora perché le mie gambe vorrebbero tornare da lui, perché il mio corpo freme vicino al suo e perché mi sentivo al sicuro con la sua mano intrecciata alla mia. Con il suo corpo dietro e contro il mio.
Perché nel momento in cui stava per essere attaccato mi sarei sacrificata?
Nel suo mondo, se io dovessi reagire così in una sparatoria, morirei.
Devo stare lontana da lui, non devo provare emozioni di questo tipo perché non voglio soffrire, non più. Ho promesso a me stessa che questo sarebbe stato un anno di rinascita emotiva, nuovi inizi. E invece potrei aver trovato la causa della mia fine, del mio colpo di grazia.
Non solo probabilmente sto provando sentimenti per un ragazzo, perché il ragazzo in questione è un criminale.
Scivolo sul pavimento appoggiandomi alla parete e metto le mani sulla testa spettinandomi i capelli. Potrei aver combinato un disastro, il mio cuore vuole essere davvero ucciso.
La consapevolezza si prende gioco di me e mi vergogno. Persone del genere, come lui, dovrebbero essere odiate. Ha ucciso sicuramente il fratello di Derek a sangue freddo per il gusto di farlo, perché i suoi amici sono gentili, altruisti, si pentono di tutto questo al contrario suo. A lui piace.
Lui uccide e tortura le persone ma io sono irrimediabilmente attratta da lui. In tutto.
Non deve proteggermi, deve starmi lontano eppure lui si avvicina e una parte di me lo cerca, lo vuole vicino a me.
Piango silenziosamente, l'adrenalina di questi giorni è grande e ora anche questo si è aggiunto come problema. Immaginavo che sarebbe stato un anno ricco di sorprese ma non mi aspettavo certamente tutto questo.
"Madi!" Sento dei passi e una vocina familiare mi ha trovata.
La sua luce mi illumina e i capelli biondi e morbidi mi solleticano il viso. I suoi occhi dorati sono come miele appena prodotto e le sue belle mai mi tirano su e mi abbraccia forte. Quello di cui avevo bisogno, un punto di riferimento in questo 'Nuovo Mondo'.
"Sono scappata il prima possibile dalla lezione. Jack mi ha raccontato tutto e ti ho sentita per caso piangere. Mi dispiace Madi, di nuovo" mi stringe. "Le nostre guardie del corpo vi hanno seguiti".
Mi guarda e annuisco. "Non mi sono spaventata, so che dovrò abituarmi a tutto questo".
Mi asciugo le lacrime e lei sembra dunque non capire. "E allora perché piangi?"
Tiro su con il naso e mi porto le braccia al petto per proteggere quel poco di cuore che è rimasto, ma non ammetterò mai cosa credo mi stia succedendo. Non posso.
"Sono pronta a parlarti, Stella".