I bambini sono i missili nucleari nella guerra fredda del divorzio - F. Adam

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Nataša aprì la porta e Nikola entrò nell'appartamento, impaziente di vedere suo figlio. Più tempo passava insieme al bambino, più scopriva di volergli bene. Non aveva mai capito, fino a quel momento, cosa volessero dire i suoi genitori quando parlavano dell'amore incondizionato per il proprio bambino. Ma adesso che anche lui era diventato padre, seppur in modo inaspettato, gli era chiaro.

Nataša lo salutò con meno enfasi del solito, ma non se ne curò. Dopotutto, non era lì per lei.


Stava giocando con Matija da un po', ormai, e si sentiva sempre addosso gli occhi della donna. Non aveva pronunciato che poche parole, più che altro monosillabi in risposta alle sue domande sulla salute del piccolo, eppure era infastidito dal suo comportamento. Credeva che volesse dirgli qualcosa e, per quanto lo stato d'animo della donna non fosse la sua priorità, lei era pur sempre la madre del bambino e lui doveva essere sicuro che non ci fosse sotto qualcosa di grave.

Spostò per un attimo l'attenzione sulla riccia, andando dritto al sodo.

<<Perché non mi dici quello che ti passa per la testa?>>

La osservò mentre afferrava una busta e ne estraeva il contenuto, notando immediatamente i timbri postali e i francobolli serbi.

Nataša sospirò e gli porse gli incartamenti.

Nikola li prese e li appoggiò sul tavolino del salotto, a poca distanza da lui, dando loro un'occhiata veloce.

<<Che cosa sono?>>

<<Dragan ha chiesto il divorzio>> rispose sommessamente.

<<Dovevi aspettartelo>>

Nikola non aveva intenzione di consolarla, non sopportava il suo atteggiamento da vittima.

Si voltò verso Matija e riprese a giocare con lui.

Tuttavia Nataša riprese a parlare.

<<C'è dell'altro... Vuole disconoscere Matija, togliergli il suo cognome>>

Il ragazzo si immobilizzò, colto di sorpresa. Quell'eventualità, chissà perché, non lo aveva mai sfiorato; ma il comportamento di Dragan era legittimo e comprensibile.

<<Sai che cosa significa?>> lo incalzò la riccia.

Tornò lentamente a guardarla.

<<Che cosa diranno la mia famiglia e i miei amici?>>

<<Nataša, non sei tu la vittima!>> esclamò Nikola, arrabbiato. <<Dovresti pensare al suo bene!>> proseguì, indicando il piccolo.

La donna si zittì, ma gli indirizzò uno sguardo di fuoco.

Rimasero così, senza parlare, per alcuni minuti. Quando si furono entrambi calmati, il palleggiatore riprese a parlare.

<<Mi dispiace che sia andata così, Nataša, ma non possiamo cambiare il passato. Devi fartene una ragione e concentrarti sul bambino. E' lui la cosa più importante>>

Attese che lei gli desse ragione. Dopo che lei ebbe annuito, continuò:

<<La tua famiglia lo accetterà, col tempo, se davvero ti vuole bene. E i tuoi amici... Ormai vivi qui, potresti avere dei nuovi amici, se ti comportassi da persona matura. Amici a cui non importerebbe nulla del divorzio>>

La donna annuì nuovamente, anche se non sembrava del tutto convinta.

Il lamento di Matija interruppe il silenzio che si era venuto a creare.

<<E' l'ora della sua pappa>> gli comunicò lei, con tono piatto, prima di prendere in braccio il bambino.

Nikola controllò l'orologio e si alzò in piedi, baciando poi il figlio sulla fronte.

<<Io devo andare>> disse, raggiungendo l'ingresso e indossando il cappotto.

Le lanciò un'occhiata, ancora un po' preoccupato, dopodiché se ne andò.

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