Gli amici veri sono quelli che puoi chiamare alle quattro del mattino-M.Dietrich

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Non si capacitava di averlo fatto davvero. Non l'aveva programmato, non ci aveva mai nemmeno lontanamente pensato, eppure era accaduto.

Rimase a fissare la porta con un nodo in gola e un morso allo stomaco. Sarebbe stata quella l'ultima immagine che avrebbe avuto di lui? La sua schiena?

Dargli un ultimatum non era stato giusto, lo sapeva, ma il suo inconscio aveva prevalso e aveva finito per metterlo di fronte ad una scelta. E lei sapeva cosa avrebbe scelto. Nonostante qualche piccolo progresso negli ultimi mesi, il loro rapporto non si era magicamente trasformato in ciò che lei aveva sperato e per cui aveva combattuto; avrebbe sofferto senza di lui, ma era conscia di non poter sopportare oltre quella situazione. Che Alessia fosse stato il motivo della loro rottura era solo una coincidenza - o un segno del destino? Sarebbe successo in ogni caso.

Deglutì per scacciare le lacrime che minacciavano di bagnarle il volto, imponendosi di non pensare a tutti i bei momenti che avevano trascorso insieme.

Sbirciò verso la sala da pranzo: i suoi genitori erano ancora in attesa, il dolce già pronto sul piatto di portata. Non sapeva che cosa avrebbe detto loro.

Raddrizzò la schiena e inspirò, poi tornò di là.

La cena non era andata esattamente come aveva sperato.


Appena entrato nel locale cercò con gli occhi la figura di Aleksandar. L'ambiente era abbastanza piccolo e lo individuò subito.

Si diresse verso di lui e, una volta raggiuntolo, non perse tempo in convenevoli.

<<Mi spieghi che diavolo è successo?>> si rivolse subito all'opposto, puntando gli occhi su Alessia, ancora piegata sul bancone del bar e incosciente.

<<Non lo so! L'ho vista uscire da sola dal palazzetto e l'ho seguita, perché mi era sembrata una cosa strana>> si difese il più giovane. <<Ho cercato di non farla bere troppo, ma non mi ha ascoltato. E non ha voluto parlare di quello che le era successo>>

Goran si avvicinò alla ragazza e le accarezzò i capelli, preoccupato.

Nessuna reazione.

<<Perché non hai telefonato a Nikola?>>

<<E' stata lei a pregarmi di non farlo, quando non era ancora completamente ubriaca. Credo che lui c'entri qualcosa in tutto questo casino. Non sapevo chi altro chiamare>>

Lo schiacciatore annuì in silenzio. Se davvero ci fossero stati dei problemi tra Alessia e Nikola, tali da rendere necessaria una sbronza del genere, l'amico l'avrebbe avvertito in qualche modo. Ne era certo. Non le avrebbe mai permesso di andarsene da sola per rinchiudersi in un bar e sedersi davanti a una bottiglia.

Questo poteva significare solo una cosa: Alessia aveva deciso di andarsene per chissà quale motivo, ma non a causa di un litigio. Inoltre, doveva avere avvisato Nikola, altrimenti era sicuro che il palleggiatore avrebbe tempestato chiunque, lui compreso, di telefonate e messaggi per scoprire cosa fosse successo alla ragazza.

<<Puoi andare ora, Alek. Grazie>>

Il ragazzo recuperò il suo giubbotto e si affrettò a tornare in hotel.


Caricarla in auto non era stato semplice: aveva dovuto letteralmente sollevarla tra le braccia e poi farla sdraiare sul sedile posteriore. Aveva cercato nella sua borsa le chiavi dell'appartamento e aveva guidato fino a lì. Alessia non si era mai svegliata.

Dopo aver parcheggiato, la prese di nuovo in braccio e salì la rampa di scale che portava al pianerottolo; con qualche difficoltà, aprì la porta e poi la richiuse con un piede.

Non aveva le mani libere per accendere la luce, così cercò di orientarsi col chiarore generato dai lampioni che filtrava dalle tapparelle.

Si diresse lentamente verso la camera da letto e adagiò Alessia sul materasso. La giovane avrebbe avuto bisogno di una doccia e di vestiti puliti che non odorassero di alcol, ma avrebbe dovuto aspettare.

Le si sedette accanto, osservandola.

Durante il tragitto aveva tentato di ipotizzare il motivo di quel comportamento, ma non gli era venuto in mente nulla di plausibile.

Le toccò la fronte, trovandola imperlata di sudore.

In quell'esatto istante lei aprì gli occhi e lo riconobbe, nonostante la penombra. Si alzò di scatto, mettendosi seduta, e provò a parlare, ma le parole le morirono in gola, sostituite da un'espressione che lui non faticò a riconoscere.

L'aiutò a raggiungere il bagno il più velocemente possibile e la sostenne mentre vomitava, trattenendole i capelli per evitare che si sporcassero.

Sarebbe stata una lunga notte.

Finish LineWhere stories live. Discover now