Le sale d'attesa degli ospedali non indicano cosa dobbiamo attenderci-C.Gragnani

219 15 12
                                    

Non sapeva da quanto tempo fossero seduti in corridoio ad aspettare. Ad aspettare un medico, un infermiere, qualcuno che dicesse loro cosa fosse accaduto e, soprattutto, quale fosse la situazione.

Le luci al neon le avevano fatto venire il mal di testa e il continuo vociare in sottofondo, nonostante l'ora tarda, le riempiva le orecchie.

Sentiva un peso alla bocca dello stomaco e si stava sforzando di rimanere calma, ma sapeva di essere quasi giunta al suo limite di sopportazione.

Lasciò la mano di Nikola e si alzò, iniziando a camminare avanti e indietro lungo quei pochi metri di corridoio che odoravano di disinfettante.

Le tornò in mente la scena dell'incidente e rabbrividì. Quando aveva riconosciuto la cornice, mezza distrutta, sull'asfalto le era sembrato che il mondo si fosse fermato. Poi la corsa in ospedale e i tentativi di ottenere qualche informazione, che nessuno voleva dare loro perché nessun legame di parentela li legava a Goran. Cosa ne sapevano i medici di quanto lui fosse importante per loro? Nikola era praticamente il fratello che il ragazzo non aveva mai avuto, eppure nessuno gli diceva niente.

Alessia lo guardò: era ancora pallido e la mascella era contratta, fissava il muro impassibile, ma sapeva che stava solo cercando di mantenere la calma. Perdere il controllo e disperarsi non sarebbe stato di alcun aiuto.


Dopo quella che gli parve un'eternità, videro uscire da una stanza il medico a cui si erano rivolti al loro arrivo. Nikola scattò in piedi e gli si avvicinò.

<<Dottore, la prego, ci dica qualcosa>> lo stava implorando Alessia.

L'uomo la fissò dispiaciuto.

<<Signorina, le ho già spiegato che posso parlare solo con la famiglia>>

<<Ma la sua famiglia vive a migliaia di chilometri da qui!>> continuò lei, esasperata.

Nikola la prese per un braccio, cercando di farla calmare, poi si rivolse al medico.

<<Dottore, ci scusi se insistiamo, ma siamo davvero preoccupati per il nostro amico. Non può fare un'eccezione?>>

Lui li guardò, combattuto, poi sospirò.

<<E va bene. Seguitemi>>


Lo studio era illuminato solo da una lampada posata sulla scrivania, la cui luce gettava ombre lunghe sulle montagne di libri e cartelle accatastati sulle librerie.

Li fece accomodare e iniziò a spiegare loro la situazione.

<<Allora, per prima cosa voglio dirvi che il vostro amico è vivo e si riprenderà>>

Nikola lasciò andare un lungo sospiro di sollievo e si accorse che anche Alessia aveva fatto lo stesso.

<<Tuttavia>> continuò il medico <<la completa guarigione richiederà almeno un paio di settimane; l'impatto non è stato leggero. Non dovrebbe comunque riportare danni permanenti. E' stato molto fortunato>>

<<E' sveglio adesso?>> si informò Nikola.

<<Si>>

<<Possiamo vederlo?>> chiese subito dopo Alessia.

Il dottore la fissò con pazienza e rassegnazione.

<<Non potreste, ma visto che i familiari non sono qui...>>

<<Grazie dottore!>> esclamò lei alzandosi in fretta.

Lo seguirono lungo il corridoio, a ritroso, fino alla porta di una stanza. Poi l'uomo se ne andò, raccomandando loro di non disturbare troppo il paziente.

Alessia entrò velocemente nella camera e lui la seguì.

Una lampada al neon rischiarava l'ambiente, lasciandone tuttavia la maggior parte in penombra.

Si avvicinò al letto su cui giaceva l'amico col cuore e l'animo alleggeriti: aveva seriamente temuto che gli fosse accaduto qualcosa di grave. In quel caso, non sapeva come avrebbe reagito. Era felice di non doverlo scoprire.

Lo osservò: un collarino gli circondava il collo e aveva lividi e abrasioni su quasi tutto il viso e sulle braccia. Il resto del corpo era coperto da un camice, quindi non poteva sapere in quali condizioni fosse.

Alessia intanto gli si era seduta accanto e gli aveva preso delicatamente la mano.

<<Come ti senti?>> gli stava domandando.

<<Ammaccato>> rispose Goran con fatica, ma con un mezzo sorriso per tranquillizzarli.

Faceva fatica a muoversi e non poteva mettersi completamente seduto per via del collarino e delle flebo attaccate al braccio sinistro.

<<Mi dispiace di avervi fatto preoccupare>>

<<Stupido, non dirlo neanche>> lo sgridò dolcemente la ragazza.

Nikola lo fissò negli occhi e l'altro ricambiò lo sguardo. Poi si sedette e aspettò.

Finish LineNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ