Nessuno è troppo grande per un abbraccio - L. Buscaglia

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Erano passate un paio di settimane e Alessia ancora non aveva compreso cosa stesse succedendo a Goran. Lo aveva osservato attentamente, seppur con discrezione, ma non era riuscita a venirne a capo. Aveva anche provato a parlarne con Nikola, ma il ragazzo le aveva detto di non preoccuparsi, che non c'era niente di strano nel comportamento dell'amico.

A quel punto aveva tentato di convincersi di essersi immaginata tutto; eppure qualcosa non le tornava.

Li stava aspettando fuori dal palazzetto, dopo aver passato tutto il pomeriggio al giornale, e non si reggeva in piedi. Era stanchissima e non se ne capacitava: gli allenamenti in quel periodo erano veramente pesanti, le faceva male ogni angolo del corpo.

Finalmente li vide uscire.

Andò loro incontro e abbracciò Nikola, schioccandogli un bacio a stampo sulla bocca. Poi si rivolse a Goran:

<<Impegni questa sera?>>

L'amico rifletté un secondo.

<<Pensavo a una pizza e ad una maratona di qualche serie televisiva assurda>>

<<Posso autoinvitarmi?>> gli chiese.

Goran la fissò perplesso, ma acconsentì, dicendole che l'avrebbe aspettata in macchina.

Alessia guardò Nikola: la stava scrutando pensieroso, come per capire cosa avesse in mente.

<<Ti spiego tutto domani>> lo rassicurò lei.

Il giovane annuì.

Si alzò sulle punte per baciarlo e per un attimo quel bacio le fece venire voglia di rimandare tutto e tornare a casa con lui. Si staccò controvoglia e gli accarezzò la guancia, poi si voltò e raggiunse l'auto di Goran.


Alessia aveva ceduto le ultime due fette di pizza a Goran, che era affamato come al solito. Erano seduti ai capi opposti del divano, con le gambe allungate nel mezzo. Avevano finito per guardare una serie che lei adorava e lui non aveva mai seguito: narrava le avventure tragicomiche di un gruppo di nerd.

Il giovane aveva riso di più quella sera che nelle ultime due settimane. Ad Alessia piaceva vederlo così: quello era il suo migliore amico, e avrebbe fatto il possibile per aiutarlo a risolvere qualunque problema lo stesse affliggendo in quel periodo.

<<Non mi sciupare, eh>> disse ad un tratto il ragazzo.

Immersa nei suoi pensieri, non si era resa conto di essersi soffermata troppo a guardarlo.

<<Scusa, pensavo>> si difese.

<<E hai intenzione di dirmi a cosa pensavi così intensamente o devo indovinare?>>

Alessia rifletté. Adesso che erano soli non sapeva come chiedergli quello che le interessava sapere. Aveva sperato che fosse lui a confidarsi di sua spontanea volontà.

Decise di non essere troppo diretta, non voleva sembrare indiscreta.

<<Sai che ti voglio bene, vero?>>

Goran la fissò attento.

<<Certo>> rispose, appoggiando il cartone della pizza sul vicino tavolino.

<<E che con me puoi parlare di tutto?>>

Il ragazzo si sistemò meglio sul divano.

<<Ale, mi sto preoccupando. C'è qualcosa che mi devi dire?>>

Lei abbassò lo sguardo e anche il tono di voce.

<<Mi stavo solo chiedendo se tu stessi bene>>

Un breve silenzio seguì le sue parole. Rialzò gli occhi sull'amico e lo trovò intento a scrutarla.

<<Sto bene. Non devi preoccuparti>>

Ma Alessia non riusciva a credere a quella risposta; qualcosa le sfuggiva.

<<Davvero? Perché ultimamente sei diverso, più...>>

<<Più cosa?>> volle sapere lui.

<<Più triste>> concluse lei sospirando.

Goran non parlò, limitandosi a guardarla negli occhi.

<<Scusa, io non vorrei intromettermi, ma...>>

<<Mi conosci bene, eh?>> la interruppe.

//Allora avevo ragione!//

Alessia rimase in attesa che lui si confidasse, ma non sembrava intenzionato a farlo.

Dopo alcuni momenti di silenzio, prese l'iniziativa e gli domandò:

<<Problemi con Sara?>>

Era la prima cosa che le era venuta in mente, data anche la loro conversazione notturna in Australia.

Goran però scosse la testa.

<<Lei non c'entra>> espirò e fissò il tavolino. <<Riguarda mio padre>>


Alessia aveva ascoltato il racconto dell'amico sulle condizioni di salute del padre senza mai interromperlo. Lui si era alzato e aveva camminato avanti e indietro per tutto il tempo mentre parlava.

Adesso, nel silenzio che permeava la stanza, lo guardò fermarsi accanto al divano, a pochi centimetri da lei.

Lentamente, la ragazza si alzò in piedi senza scendere dal sofà; in questo modo era leggermente più alta di lui e poteva vedere meglio il suo viso. Per una volta, voleva essere alla sua altezza, letteralmente. Lei non avrebbe mai provato quel dolore e quella preoccupazione nei confronti di un genitore, ma poteva ugualmente provare a consolarlo. In silenzio, lo abbracciò stretto e sentì le sue braccia circondarle la vita.

Rimasero così per un tempo che non seppe quantificare: sperava solo che la sua amicizia e il suo conforto potessero alleviare almeno in parte la sofferenza dell'amico.

<<Nik lo sa, non è vero?>> gli chiese piano alla fine.

Lui annuì contro la sua spalla.

<<Non arrabbiarti con lui se non te l'ha detto>>

<<Stai tranquillo>> lo rassicurò.

Goran sciolse l'abbraccio e l'aiutò a scendere dal divano. Infine le sorrise.

<<Vieni, ti porto a casa>>

Finish LineWhere stories live. Discover now