Chi perde la fiducia in sé stesso, perde tutto - E. A. Roosevelt

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Alessia sollevò uno scatolone pieno di vestitini di Matija e si diresse verso quella che sarebbe stata la cameretta del bambino. Sentiva il bisogno di allontanarsi per un po' dalle occhiate non proprio amichevoli di Nataša e, inoltre, avrebbe dato a Nikola l'opportunità di stare un po' con Matija senza il rischio di qualche scenata.

Entrò nella piccola stanza dalle pareti azzurre e si guardò intorno: il lettino, l'armadio, il fasciatoio. Fu facile immaginare Nikola lì, mentre giocava con suo figlio o lo cullava per farlo addormentare. Il giovane avrebbe passato molto tempo tra quelle pareti, senza di lei.

Sospirò.

//Basta pensarci, andrà tutto bene!//

Posò a terra lo scatolone e cominciò a sistemare il suo contenuto nell'armadio e nei cassetti.

Arrivata circa a metà del lavoro, si ricordò dell'oggetto che teneva nella tasca dei jeans. Fino a quel momento se ne era completamente dimenticata.

Estrasse il piccolo talismano e lo osservò in controluce: un acchiappasogni, un cerchio contenente un reticolo che, secondo le leggende dei nativi americani, aveva il potere di imprigionare gli incubi, in modo che non disturbassero il sonno di chi lo possedeva. Dal cerchio pendeva poi una piccola piuma colorata, sovrastata da una pietrina. Era di dimensioni ridotte, ma sarebbe stato benissimo sopra il lettino di Matija.

Cercò quindi un punto in cui poterlo appendere.

<<Cosa fai?>>

La voce adirata di Nataša la fece sobbalzare. Si volse a fronteggiare la riccia, tentando di mantenere la calma.

<<E' un piccolo regalo per Matija. E' un acchiappasogni, serve a...>>

<<Lo so cosa è>> la interruppe, bruscamente, la donna. <<Ma nessuno ti ha chiesto niente>>

Alessia strinse i pugni e pensò a una risposta diplomatica.

<<Volevo solo essere gentile>> disse alla fine.

<<Per essere sicura che Nikola resti con te?>>

Alessia sentì mancarle il respiro. Per un istante il suo cervello smise di funzionare.

<<Non vorrai farmi credere di non averci mai pensato>> continuò la riccia, con la sua cadenza marcata. Le si avvicinò, sfidandola con lo sguardo. <<Perché sai anche tu come finirà. Lui ti lascerà. Noi siamo la sua famiglia, tu non sei niente>>

Alessia non ebbe il tempo di rispondere.

<<Che succede qui?>> domandò Betty dalla soglia della stanza.

La ragazza osservò brevemente l'amica, la quale stava fissando Nataša con aria minacciosa. Non voleva litigare lì, davanti a tutti.

<<Nulla, Betty>> sperò di riuscire a far cadere l'argomento.

<<Ho sentito cosa ti ha detto, Ale. Perché non le rispondi?>>

<<Perché non è il momento giusto>> si rivolse alla bionda, sperando di convincerla a desistere.

<<Se non vuoi farlo tu, lo faccio io>> Betty si avvicinò alla donna, per niente scoraggiata dallo sguardo che questa le rivolse. <<Senti, Nataša dei miei stivali, solo perché Matija è tuo figlio non hai nessun diritto di parlarle in quel modo!>> esclamò con veemenza.

Alessia fece appena in tempo a interporsi tra le due.

<<Betty, basta! Per favore>> la prego, con le mani alzate.

Nel frattempo, il tono della loro conversazione aveva richiamato anche gli altri, che si erano tutti radunati davanti alla porta della cameretta.

<<Betty, smettila>> Juan rimproverò la fidanzata.

Lei sbuffò, contrariata, ma si allontanò di qualche passo, senza però distogliere gli occhi dall'altra donna.

Alessia vide Nikola venire verso di loro ed ebbe il timore che fosse arrabbiato; non avrebbe voluto rovinare quel giorno, che per il giovane significava l'inizio di una nuova avventura con suo figlio. Così appoggiò l'acchiappasogni, che ancora teneva in mano, sullo scatolone e, fissando il pavimento, attese che la raggiungesse.

Ma lui si rivolse, invece, a Nataša in serbo e, nonostante non avesse compreso una parola, la ragazza si rese conto che la rabbia di Nikola non era diretta verso di lei, bensì verso la riccia, la quale rimase zitta.

Negli attimi di silenzio che seguirono, Alessia pensò che fosse meglio mettere fine a quella situazione e fece qualche passo verso il corridoio, intenzionata ad andarsene.

<<Adesso devo andare all'allenamento>> mormorò, superando Nikola e Nataša.

Sotto gli occhi degli amici, il palleggiatore la bloccò prendendole un polso e poi le accarezzò il viso.

<<Cosa ti ha detto?>> le chiese con dolcezza.

Scosse la testa.

<<Niente di importante>>

Non riuscì a sottrarsi allo sguardo indagatore di Nikola, che sembrò prima raggiungere il suo cuore preoccupato e spaventato e poi scaldarlo fino a farlo bruciare.

Lui accostò le labbra al suo orecchio e le sussurrò:

<<Qualunque cosa ti abbia detto... Io amo te>>

Le baciò la guancia e poi le augurò un buon allenamento, lasciandola andare.

Alessia riuscì a sorridere debolmente e si staccò da lui, dalle sue mani e dai suoi occhi.

Mentre usciva dalla stanza, una mano le si posò sulla spalla.

<<Ti accompagno io>>

Lei annuì, ringraziando Goran con un cenno del capo, e si allontanò, indossando la giacca e uscendo sul pianerottolo.

Adesso poteva tornare a respirare.

Finish LineWhere stories live. Discover now