Capitolo 11 - Marijuana e riflessioni

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Ore più tardi, stesa sul letto, Lisa non riusciva a prendere sonno. Non solo aveva il culo dolorante, ma continuava a pensare a quello che era successo.

Mr Berger arrabbiato faceva paura. Non quel tipo di paura che ti faceva venire voglia di fuggire, piuttosto quella che ti faceva sentire piccola e colpevole. E passato lo spavento, a Lisa non piaceva sentirsi in colpa.

Adelaide rispose al suo sms. Era in giro con un tipo, ma potevano passare da lei e sì, avevano da fumare. Le scrisse di sbrigarsi, di aspettarla fuori dal cancello. Sentiva il bisogno di farsi un paio di tiri; l'avrebbero aiutata a rilassarsi.

Scivolò fuori dal letto legandosi i capelli in una coda. Tenne la t-shirt dei Ramones, infilò un paio di morbidi short di maglia, le infradito, ma niente slip. L'elastico contro la pelle indolenzita era una tortura.

Si affacciò alla porta e, come si aspettava, trovò la casa immersa nel buio. Puntuale come sempre Mr Berger era andato a dormire.

Silenziosa scese al piano di sotto. Non lo riguardava cosa lei facesse al di fuori dell'orario lavorativo, ma non voleva essere costretta a dare spiegazioni. Se avesse scoperto cosa stava per fare si sarebbe arrabbiato di nuovo.

Il cellulare si illuminò di nuovo. Adelaide era arrivata.

Uscì dalla porta di servizio del seminterrato. All'esterno l'aria notturna era fresca e rabbrividendo si affrettò verso il cancello. Una macchina di grosse dimensioni e dall'aria costosa era parcheggiata nello spiazzo di fianco all'ingresso. Aprì lo sportello e fu investita dall'aromatico odore della marijuana e dalle morbide note di Jim Morrison.

«Vieni Lisa, entra.»

Adelaide le fece cenno di raggiungerla sul sedile posteriore. «Lui è Maicol, scritto come si dice.»

«Ciao Maicol-scritto-come-si-dice, io sono Lisa.»

«Ciao Lisa.»

Il ragazzo le fece spazio accanto a sé, spostandosi al centro del sedile e le offrì una bottiglia di tequila. Non era troppo carino, ma era molto sveglio. Lisa si accomodò storcendo la bocca per il culo ancora indolenzito.

Mentre dava un lungo sorso gli sentì posare una mano sulle cosce. Lo guardò storto, ma lui non ritrasse la mano e sorridendo affabile le allungò la canna.

«Maicol è venuto fin qui perché gli ho detto che sei una che sa divertirsi.» Adelaide tirò giù la tequila come fosse acqua e poi si protese verso Lisa per ispirare il fumo che esalava.

Maicol guardò le loro bocche dischiuse che quasi si sfioravano. Era un gioco che facevano spesso per scroccare fumo e bevute.

Lasciando che le mani di Maicol indugiassero curiose al confine del lecito, risero per i suoi apprezzamenti volgari e finirono sia la canna che la tequila.

Lisa con premeditata sbadataggine gli premette le tette contro il petto per convincerlo a tirare fuori una seconda canna e poi per aiutare Adelaide ad accenderla. Sentiva la testa piacevolmente leggera e vedeva il contorno delle cose leggermente sfocato. Forse era l'abitacolo pieno di fumo o forse era già fatta.

«Maicol no!» rise Adelaide fermando le mani che tentavano di entrarle sotto i vestiti.

Maicol si chiamava proprio come Mr Berger, ma non scritto come si dice. Non ci aveva pensato. Scacciò la mano che si voleva insinuare sotto la t-shirt mentre Adelaide rideva ancora con la bocca di Maicol sul collo.

«Maicol smettila! Lisa digli di smettere!»

Era assurdo quello che Mr Berger le aveva fatto. Era stato assurdo come lo era stato tutte le altre volte e per di più si era trovata senza la gonna. Era rimasta lì come una cretina col culo all'aria.

Inspirò a fondo il fumo e passò la canna.

Cosa sarebbe successo la prossima volta? Si sarebbe opposta, ne era sicura. Non le andava di essere sculacciata anche se, forse, l'ultima volta se lo meritava. Forse le aveva anche fatto bene, ma questo non cambiava il fatto che era stufa di farsi punire. Nel contempo le tornò alla mente il frammento di un discorso fatto molto tempo prima. Non rammentava né come fossero arrivate a parlarne né il nome della ragazza, ma le parole le ricordava bene nonostante stessero fumando hashish e fossero strafatte.

«Mi piace essere sculacciata.» Se ne era uscita così dal nulla la ragazza, accarezzando lo sgangherato divano di pelle su cui erano abbandonate.

Lei l'aveva guardata in silenzio, in attesa che continuasse.

«Mi piace quando il mio ragazzo mi mette sulle ginocchia e mi fa il culo rosso.»

«Sembra doloroso» era stato il suo unico commento. Per un po' la ragazza aveva "sculacciato" assorta il bracciolo del divano e lei era rimasta a guardarla seduta su quel relitto abbandonato in strada.

«Lo fa perché tiene a me e si preoccupa.»

«A me nessuno l'ha mai fatto.»

«Io mi ficco sempre nei guai e vado nel panico. Lui mi sgrida, mi sculaccia e io mi sento al sicuro.»

«Anche io mi ficco sempre nei guai, ma non gliene frega un cazzo a nessuno.»

«Dovresti provare, è liberatorio. Fa male. Un male dannato, urlo e piango, ma dopo sto bene.»

Non avevano detto altro poi l'argomento era cambiato. Ma com'è che si chiamava quella ragazza? Era certa che il nome iniziasse con la erre, ma non riusciva proprio a ricordare.

A lei Mr Berger aveva fatto male, un gran male e aveva strillato e frignato come una bambinetta, ma in effetti si era sentita meglio dopo. Era quella la sensazione di cui la ragazza con la erre le parlava?

Ora Adelaide si baciava col tipo. Le mani di lui erano scomparse dentro gli abiti di lei. Lisa recuperò la canna che ondeggiava tra le dita dell'amica. Era quasi finita.

«Tutto ok?» domandò con voce impastata.

«Tutto ok» mugolò Adelaide sospirando beata per qualcosa che stava accadendo sotto la stoffa.

Era tutto regolare. Poteva lasciarla sola. Uscì dall'auto, fece l'ultimo tiro e con passo incerto si incamminò verso casa.

Miss BelliniDonde viven las historias. Descúbrelo ahora